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19.02.2015 - Chiarimenti sui diritti di rogito dei segretari comunali

un articolo di Vincenzo Giannotti tratto da La Gazzetta degli enti locali del 19.02.2015

Chiarimenti sui diritti di rogito dei segretari comunali

di Vincenzo Giannotti

Ancora un intervento dei giudici contabili per chiarire a quale categoria dei segretari comunali siano ancora dovuti i diritti di rogito, a seguito dell’intervento normativo di cui al d.l. 90/2014. In particolare un comune chiede:

1.     se i presupposti fissati dalla legge per i riconoscimento del diritto di rogito al Segretario comunale, in assenza di dipendenti con qualifica dirigenziale nella dotazione organica dell’ente e assenza di qualifica dirigenziale in capo al Segretario comunale, debbano concorrere, ovvero se nel caso di comuni privi di dirigenti detto diritto debba essere riconosciuto a prescindere dalla qualifica dirigenziale o meno in capo al Segretario;

2.     se l’importo percentuale da riconoscere al Segretario vada calcolato su base annua ovvero in quale altro modo.

La risposta ai due quesiti sollevati viene resa dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Lazio, nella deliberazione n. 21 depositata in data 5.2.2015.

 

LE MODIFICHE INSERITE NEL D.L. 90/2014

Rileva, in via preliminare il Collegio contabile, come il d.l. 90/2014 abbia inciso in due direzioni:

1.     la prima riguarda la disapplicazione della disposizione contenuta all’art. 30 della legge 15.11.1973, n. 734  che riconosceva agli enti locali una percentuale del 90% delle entrate rivenienti da diritti di rogito, mentre il restante 10% doveva essere attribuito al Ministero dell’interno per la costituzione di un fondo da destinarsi a corsi di formazione e sussidi per i segretari comunali;

2.     la seconda riguarda il venir meno del disposto dell’art. 41, comma 4, della legge 11.7.1980, n. 312, che riconosceva ai segretari comunali il diritto a percepire una quota delle entrate rivenienti all’ente locale a titolo di diritto di rogito pari al 75% (da conteggiarsi, appunto, non sul totale dell’entrata, ma sul 90% riservato agli enti locali), fino alla concorrenza del terzo dello stipendio in godimento.

La prima disapplicazione della disposizione legislativa ha come conseguenza che la comune spetta l’integrale attribuzione dei diritti di segreteria all’ente locale con abrogazione della quota da destinare al Ministero dell’interno.

La seconda fa venir meno la spettanza ai segretari comunali dei diritto di rogito, prevedendo la legge una eccezione secondo la quale “negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e  comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune … [a titolo di diritti di segreteria, ai sensi di legge… ] è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento”.

 

LA RISPOSTA AL PRIMO QUESITO

Precisate le modifiche apportate dal legislatore, il Collegio contabile evidenzia come dal testo della disposizione tale eccezione faccia riferimento dapprima, ad una caratteristica dell’ente locale – la mancanza di dirigenti – e, immediatamente dopo, ad una caratteristica del profilo professionale del Segretario – che non deve avere qualifica dirigenziale, collegandole con la locuzione “e comunque”.

Secondo le disposizioni contrattuali vigenti per i segretari di fascia A e B il trattamento economico equiparato a quello dei dirigenti spetta in ogni caso, per quanto riguarda i segretari di fascia C - per ciò solo con trattamento economico inferiore - la presenza o meno di dirigenti nella struttura organizzativa del comune di cui sono titolari non è indifferente. Infatti, se sono presenti dirigenti si realizza a favore del segretario un’equiparazione economica al livello di questi. In loro mancanza si realizza comunque un’equiparazione economica alla posizione organizzativa più elevata.

La norma prevede una deroga al principio di non debenza delle spettanze al segretario comunale a titolo di diritti di rogito, e tale deroga trova giustificazione in presenza di segretari comunali che per fascia di appartenenza e per numero di abitanti dell’ente territoriale di titolarità, non godano di trattamento economico equiparato quello dirigenziale. Ora, per il Collegio contabile laziale, detta fascia e detta condizione economica sono quelle individuate dalla norma in esame, e riguardano i segretari comunali titolari di comuni di piccole dimensioni collocati in fascia C, e per ciò solo non equiparati alla dirigenza, i quali non usufruiscano del “galleggiamento”, vuoi per mancanza di dirigenti nell’ente locale, vuoi per altre ragioni ammesse come visto dall’art. 41, comma 5, del C.c.n.l. Ne discende che il diritto di rogito continua a spettare solo a questi, mentre non spetta ai segretari che godono di equiparazione alla dirigenza, sia essa assicurata dall’appartenenza alle fasce A e B, sia essa un effetto del “galleggiamento” in ipotesi di titolarità di “enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale”.

 

LA RISPOSTA AL SECONDO QUESITO

Risolto il problema a chi spetti i diritti di rogito, il Collegio contabile, risponde anche alla seconda domanda riguardante l’erogazione di tali diritti, ossia se quanto dovuto vada calcolato su base annuale o anche infrannuale. Per i giudici contabili la disposizione di legge non si presta ad interpretazioni estensive in quanto dispone espressamente che “una quota del provento annuale spettante al comune… [a titolo di diritti di rogito….] non superiore a un quinto dello stipendio in godimento”.

Infine, in merito all’applicazione del diritto intertemporale della disposizione, ed in particolare se la nuova disciplina operi anche per i contratti già rogati alla data di entrata in vigore del d.l. 90/2014 ma non ancora liquidati. Al riguardo basti osservare che il diritto di rogito matura, e cioè si perfeziona, al momento del ricevimento dell’atto e/o contratto stipulato in forma pubblica innanzi al segretario. A tal momento, dunque, di deve far riferimento per l’applicazione della nuova normativa, a nulla rilevando il fatto che il diritto non sia stato ancora liquidato o pagato.

 

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