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08/12/2015 - Cambiano i governi, resta la linea: trovare scuse per la ripresa che non c’è

tratto da http://phastidio.net/

Cambiano i governi, resta la linea: trovare scuse per la ripresa che non c’è

 

dic 7, 2015

 

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

Per anni, dopo l’attentato alle torri gemelle di Manhattan, l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha indicato il terrorismo come elemento di freno alla nostra economia. Al secondo posto nella hit parade del destino cinico e baro, o forse al primo a pari merito, il tributarista di Sondrio metteva la Cina, lasciata inopinatamente entrare nella organizzazione mondiale del commercio (WTO), e che andava contenuta, con le buone o le cattive. In mezzo c’era anche l’imprescindibile necessità della banconota da un euro, forse ricorderete.

 

 

Al fianco di Tremonti la Lega Nord, che tuttavia divenne progressivamente afasica quando scoprì gli affari che le piccole e medie imprese, padane e non, stavano realizzando grazie ai commerci con Pechino. In quegli anni non si era ancora materializzato l’incubo euro, anzi lo spread dei nostri Btp sui Bund tedeschi era confortevolmente intorno ai venti centesimi, e nel 2003 per qualche tempo era stato persino nullo. Eppure il paese appariva come un mulo piantato in mezzo alla strada, tetragono a rifiutare di muoversi lungo la strada della crescita.

La politica italiana pare avere come occupazione principale quella di cercare alibi alle persistentemente deludenti performance della nostra economia. La cosa non stupisce, visto il debordante pensiero magico che domina il dibattito pubblico e che ha trovato nuova linfa vitale col governo Renzi, impegnatissimo a trovare fondamentali correlazioni spurie nel proprio storytelling sul nuovo miracolo italiano che avanza a colpi di zerovirgola.

Dopo i deludenti dati sulla “crescita” del terzo trimestre, peraltro inseriti in un trend calante, già serpeggiano inquietudini sulla minaccia che il terrorismo pone alla stellare fiducia delle famiglie italiane (che stenta a tradursi in consumi tangibili ma, come noto, è il pensiero quello che conta) e quindi alla nostra ripresa. C’è il crescente rischio che Renzi debba rinunciare alla sua sfida di civiltà ed alla sua mancia ai diciottenni, ma non solo quello.

Il trascorrere del tempo mette a nudo l’assoluta continuità tra i governi della Repubblica, fatta di inganni, autoinganni e spesa pubblica di pessima qualità. Invariata anche la narrativa di nemici e minacce esterni. Ieri era il terrorismo e l’eurocongiura contro Berlusconi, oggi “gli ottusi burocrati di Bruxelles” ed ancora il terrorismo. I più audaci, come Yoram Gutgeld, che ha un talento naturale per spararle grosse, avevano già vaticinato lo splendido isolamento (“per i prossimi 12-24 mesi”) della nostra economia da eventuali problemi del resto del mondo, sulle ali di una prodigiosa ripresa autosostenibile figlia di riforme epocali.

Periodicamente riscopriamo che l’isolamento l’Italia lo ha dalla realtà, ma purtroppo questa condizione vale solo per limitati periodi di tempo. Dal 2017 (o forse prima, se qualcosa andasse storto nella congiuntura globale), il parco tematico renziano rischia di rivelarsi per quello che è: un fondale di cartapesta.

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