riforma P.A. - il decreto slitta ancora
Decreto Pa, slitta ancora. Si va verso le spezzatino. Norme anti-corruzione in un binario a parte
Francesco Bisozzi, L'Huffington Post
Pubblicato: 23/06/2014 18:18 CEST Aggiornato: 23/06/2014 21:15 CEST
Scade oggi “l'ultimatum” di Marianna Madia a Giorgio Napolitano. «Credo che il capo dello Stato firmerà il decreto per la riforma della Pa entro al massimo lunedì», aveva detto alla fine della passata settimana il ministro ai microfoni di Radio Anch'io. La firma però non è arrivata e al momento non è attesa prima di mercoledì (nonostante di solito non ci vogliano più di 48 ore). Mercoledì dal Dipartimento della funzione pubblica avevano fatto sapere che il decreto sarebbe stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale prima del Consiglio dei ministri di venerdì scorso, non oltre.
Ma il Colle fa sapere di non aver firmato semplicemente perchè il decreto non è ancora arrivato nelle mani di Napolitano. Non è dunque ancora giunto.
Del decreto si sono perse le tracce da dieci giorni, ovvero da quando è stato approvato dal Consiglio dei ministri del 13 giugno. I sindacati sono all'oscuro di tutto da allora. «Una cosa così non si era mai vista prima», bisbigliano esponenti della maggioranza a Montecitorio non senza imbarazzo. Nel frattempo il decreto è stato smontato e rimontato, lontano dai radar. Contava in principio 37 articoli. Poi ottanta. Poi cento. Centoventi. È diventato un pentolone nel quale strada facendo ha trovato spazio un po' di tutto.
Dall'abrogazione del trattenimento in servizio (che ha suscitato le proteste dei magistrati) ai provvedimenti per il taglio della spesa pubblica (certi tratteggiati in maniera sommaria come quello che impone a ciascuna amministrazione coinvolta di ridurre la spesa sostenuta dell’uno per cento nel prossimo quinquennio ), fino alle misure anti-corruzione che investono Raffaele Cantone di più ampi poteri. Giusto per citare alcuni dei passaggi più discussi (ma questa è solo la punta dell'iceberg).
Colpa anche dei vari ministeri che hanno fatto in modo che venissero inserite nel decreto molte misure economiche ritenute urgenti, le quali altrimenti non avrebbero visto la luce prima di settembre. Ne è venuto fuori un pot-pourri confuso che ora preoccuperebbe la Madia, a cui il decreto sembra essere sfuggito di mano. Per velocizzare i tempi parlamentari, in maniera tale da favorire la conversione in legge del decreto prima della pausa estiva, si è incominciato a riflettere nei giorni precedenti sull'ipotesi spacchettamento, che prevede di dividere in due la riforma. Potrebbe non bastare: ora si pensa a uno spezzatino vero e proprio.
Il Colle, dalla sua, starebbe facendo pressioni affinché il pacchetto anti-corruzione viaggi su un binario riservato. Le misure che riguardano ambiente, agricoltura e sviluppo, riferiscono fonti di governo, potrebbero approdare al Senato in un decreto a parte. La commissione Bilancio della Camera, dove l'arrivo del testo (quando ancora si trattava di un decreto omnibus) era atteso per venerdì sera, esaminerà invece con ogni probabilità i provvedimenti relativi al taglio della spesa oltre a quelli legati alla semplificazione del fisco. La riforma della Pa, in tutto questo, è diventato giusto un pezzetto del decreto dalle molte appendici.
I tecnici del Quirinale hanno capito che qualcosa non andava subito dopo aver dato la prima occhiata al decreto monstre di 120 articoli. Dopodiché ha preso il largo un'opera di vivisezione particolarmente accurata. L'abolizione del trattenimento in servizio lascerebbe scoperte ad esempio 400 posizioni di vertice in seno alla macchina giudiziaria. Ma le perplessità del Colle non si fermano qui e sarebbero svariati gli articoli sotto la lente. Dubbi anche da parte della Ragioneria dello Stato, chiamata a bollinare il provvedimento, per nulla convinta da una serie di norme concernenti il taglio della spesa.
Intanto al ministero della Pubblica amministrazione, in subbuglio fino a nemmeno due settimane fa, pare agosto. Da Corso Vittorio Emanuele fanno sapere che non ci sono aggiornamenti. Ma più le ore, e i giorni, passano, e più i tempi per la conversione in legge del decreto si fanno stretti, nonostante l'inizio della pausa estiva ancora non sia stato fissato. Difficilmente, tuttavia, la politica andrà in ferie prima di ferragosto. La mole di lavoro da portare a termine (e qui non parliamo solo della riforma della Pubblica amministrazione) è spaventosa. Si prevede un luglio di fuoco.