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11/09/2020 - I Ministri del Lavoro e della Salute fanno luce sui lavoratori fragili

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
I Ministri del Lavoro e della Salute fanno luce sui lavoratori fragili
di Paola Cosmai - Dirigente Avvocato S.S.N.
 
Facendo seguito al Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, adottato lo scorso 14 marzo come poi integrato il 24 aprile 2020, nonché alla direttiva del 29 aprile 2020 del Dicastero della Salute, i Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute con la circolare 4 settembre 2020, n. 13, intervengono nuovamente sul delicato e controverso tema dei cd. lavoratori fragili, tentando di delinearne i contorni e di fornire un vademecum per il loro trattamento alle figure coinvolte nella tutela della salute dei dipendenti e della collettività in costanza di pandemia e di ripresa delle attività sottratte allo smart working, ossia al datore di lavoro ed al medico competente.
Il Protocollo del 14 marzo-24 aprile 2020. Cenni
Già in pieno lockdown su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute, in attuazione dell'art. 1, comma 1, n. 9), del D.P.C.M. 11 marzo 2020, le parti sociali hanno sottoscritto il Protocollo per agevolare le imprese nell'adozione di misure di sicurezza anti-contagio negli ambienti produttivi in linea con gli indirizzi del Dicastero della Salute.
Dando atto del preferibile ricorso, prioritario, agli ammortizzatori sociali per la riduzione delle attività produttive ed al lavoro agile per abbattere il numero di maestranze in servizio, il documento condiviso mira a fornire indicazioni operative negli ambienti di lavoro non sanitari per la tutela dei dipendenti presenti, in un'ottica di precauzione. In estrema sintesi, tra i principali obblighi del datore di lavoro e dei lavoratori da dover rammentare in questa sede: quello del datore di affiggere in luoghi ben visibili depliants recanti le misure di sicurezza in vigore, tra le quali l'obbligo di rimanere in casa ove la temperatura corporea sia di 37.5 o oltre, comunicandolo alle autorità sanitarie e al datore di lavoro e permanendovi per il periodo di quarantena, nonché di prevedere orari di entrata/uscita scaglionati per evitare/ridurre le occasioni di contatto, contenendo altresì la mobilità interna agli uffici; quello del lavoratore di comunicare la propria provenienza da zone a rischio; quello della misurazione della temperatura basale di ciascun dipendente all'ingresso in azienda (allontanandolo per la vigilanza sanitaria presso il suo domicilio) nel rispetto delle norme sulla privacy e, dunque, con divieto di conservazione dei dati e preventiva informativa agli interessati con acquisizione del relativo consenso (cfr. D.P.C.M. 11 marzo 2020); e, da ultimo, quello della tutela dell'anonimato del dipendente allontanato per ragioni di tutela sanitaria in esame.
Il Protocollo tratteggia anche le modalità di accesso dei fornitori esterni, tra la quali l'implementazione di procedure di ingresso, transito ed uscita ad hoc, in numero comunque limitato e con divieto di ingresso negli uffici, con obbligo di serbare la distanza del canonico metro accedendo nei magazzini e depositi per le incombenze del caso.
Si aggiunge alle predette cautele, anche l'obbligo di pulizia giornaliera e di sanificazione periodica dei locali, secondo quanto previsto dal Ministero della Salute con la circolare 22 febbraio 2020, n. 5443; oltre che di accurata igiene personale e di uso dei dispositivi individuali di sicurezza (come, ad esempio, visiere, occhiali, tute, mascherine e guanti nei casi previsti dalle disposizioni emergenziali) nonché di areazione dei locali con divieto di frequentazione congiunta degli spazi comuni onde evitare assembramenti e il mancato rispetto delle distanze di sicurezza minime); e, da ultimo, di assidua sorveglianza sanitaria del medico competente, privilegiando le visite preventive, le visite a richiesta e le visite da rientro da malattia.
Cinque giorni dopo l'aggiornamento del Protocollo, il Ministero della Salute ha diramato un vademecum per la valutazione e gestione del rischio connesso alla pandemia in atto ed all'imminente avvio della cd. Fase 2 con la progressiva riapertura del Paese, indirizzando i medici preposti alla sorveglianza sanitaria e a coadiuvare sotto il profilo tecnico il datore di lavoro a presidio della salute e della sicurezza dei lavoratori e della collettività.
Molto sommariamente, richiamato l'obbligo di iscrizione dei medici competenti negli elenchi tenuti dal dicastero in questione su base regionale, ex art. 38, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e quello di trasmettere in via telematica all'Inail i dati sanitari aggregati dei dipendenti sottoposti a sorveglianza sanitaria relativi all'anno precedente entro il primo trimestre di quello successivo, l'atto di indirizzo richiama la loro attenzione sul loro fondamentale ruolo nel contesto emergenziale invitandoli a modulare la sorveglianza in base alla specifica realtà produttiva, in riferimento alla tipologia di mansioni ed al grado di rischio di ciascun lavoratore, che all'uopo racchiude in apposite Tabelle esplicative.
Allo scopo di contenere il contagio e prevenirne il rischio di diffusione, il Dicastero invita i medici competenti ad una stretta collaborazione col datore di lavoro e le rappresentanze sindacali allo scopo di informare e formare i lavoratori su detti aspetti e sui presidi di tutela di cui al Protocollo condiviso poco sopra sintetizzato; nonché all'aggiornamento ed all'integrazione del Documento Unico di Valutazione del Rischio (DVR) ed all'adozione delle nuove misure organizzative oltre che alla revisione nell'attuale contesto virale del giudizio di idoneità dei cd. lavoratori fragili evitando che il contesto casalingo dello smart working cui sono indirizzati mini il loro benessere psico-fisico.
Posta la necessità di continuare le visite di sorveglianza sanitaria, il Ministero sottolinea la necessità che avvengano in sicurezza e nel rispetto delle vigenti prescrizioni, semmai presso un'infermeria aziendale o in altro ambiente idoneo di congrua metratura, con adeguato ricambio d'aria, che consenta il rispetto dei limiti del distanziamento sociale e un'adeguata igiene delle mani, oltre che l'uso dei dispositivi individuali di sicurezza già sopra menzionati.
Le tipologie di sorveglianza, peraltro, sono quelle consuete previste dall'art. 41, comma 2, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, vale a dire: a) la visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; b) la visita medica periodica - di norma una volta all'anno salvo diverse disposizioni di legge o valutazioni del medico competente - per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; c) la visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; d) la visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica; e) la visita medica alla instaurazione/ripresa/cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente.
Come noto, il medico competente, poi, sulla base delle risultanze delle visite mediche - da effettuare comunque in presenza anche in tempo di pandemia - potrà esprimere o il giudizio di idoneità, ovvero quello di inidoneità a sua volta di tre tipi: parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; solo temporanea oppure permanente tout court.
In contesto emergenziale, tuttavia, la circolare raccomanda di differire le visite non urgenti e di evitare gli esami diagnostici/clinici non necessari per ridurre le occasioni di rischio virale, fermo restando il controllo sanitario al rientro in servizio del dipendente ed alla particolare sorveglianza dei cd. lavoratori fragili che la circolare non definisce, limitandosi a rinviare al documento tecnico che a sua volta include i soggetti di età dai 55 anni in su o affetti da altre morbilità,
Alla lacuna riscontrata nella precedente direttiva ha posto rimedio lo scorso venerdì 4 settembre la circolare n. 13 firmata a quattro mani dai vertici ministeriali del Lavoro e della Salute, anche sull'onda delle polemiche generate dall'imminente riapertura delle scuole e del paventato rischio di defezione di una buona parte di docenti in considerazione dell'elevata media anagrafica, superiore a quella dei 55 anni fissata dall'atto di indirizzo di cui innanzi.
Il Documento, richiamata la normativa vigente e le prescrizioni impartite dagli atti di indirizzo menzionati, si sofferma sul concetto di "fragilità" sottolineando come esso non sia correlato esclusivamente all'età anagrafica del lavoratore, non essendo sufficiente a tal fine che questi abbia dai 55 anni in su, altrimenti rendendosi superflua anche la visita medica basandosi su un dato obiettivo non confutabile, ma dovendo piuttosto tale status essere apprezzato dal medico competente sulla scorta di parametri clinici ed anamnesi di patologie pregresse che, ove esistenti possono anche essere assorbenti tanto da prescindere dall'anzianità.
La Circolare approda a siffatte conclusioni muovendo dai dati empirici sin qui registrati e che mostrano come il rischio di infezione da Covid-19 non vari in modo significativo con l'età, essendo i casi più gravi fino al decesso correlati alla presenza di altre patologie, soprattutto di carattere cardiovascolare e respiratorie, immunitarie ed oncologiche.
Il concetto di fragilità, in buona sostanza, deve essere «individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico».
Tenuto conto di ciò, dunque, ai lavoratori deve sempre essere data la possibilità a tal fine di chiedere la visita di sorveglianza sanitaria, fornendo idonea documentazione e, qualora il Comparto di interesse non preveda l'obbligo di nomina del medico competente, come nel caso della scuola, la Circolare n. 13/2020 dispone che il datore di lavoro dovrà avviare il dipendente a visita o nominando all'uopo il medico competente, ovvero indirizzando il lavoratore presso l'Inail (che ha già introdotto apposite procedure per simili ipotesi), presso l'A.s.l. competente per territorio o presso i Dipartimenti di medicina legale e del lavoro delle Università.
Il datore di lavoro dovrà corredare la richiesta con idonea relazione in ordine alle mansioni cui il dipendente è addetto ed al luogo di svolgimento, oltre che alle misure di prevenzione specifiche adottate nell'aggiornamento del DVR previsto dal Protocollo condiviso analizzato poc'anzi.
All'esito della visita il medico competente provvederà ad emettere il relativo giudizio di idoneità/inidoneità secondo le varianti sopra articolate, impartendo se del caso prescrizioni specifiche a tutela della salute del lavoratore che, naturalmente, sarà sottoposto a revisione periodica.
Da ultimo la Circolare richiama l'attenzione sull'intervenuta abrogazione dell'art. 83, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni con L. 17 luglio 2020, n. 77, laddove introduceva la cd. sorveglianza sanitaria eccezionale assicurata fino al 31 luglio 2020 dai datori di lavoro pubblici e privati per i «lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19 o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da morbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità» anche mediante avvalimento dell'Inail qualora non obbligati alla nomina del medico competente interno. Abrogazione derivante dalla mancata proroga del termine anzidetto a cura del D.L. 30 luglio 2020, n. 83.
Pertanto, conclude la direttiva, saranno espletate solo le visite di sorveglianza sanitaria già richieste all'Istituto entro la data del 31 luglio 2020 ai sensi del menzionato art. 83.
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