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28/10/2020 - Licenziamento: sì al controllo datoriale della prestazione

tratto da altalex.com
Licenziamento: sì al controllo datoriale della prestazione
Per la Cassazione (sentenza n. 21888/2020) è legittimo che per tali controlli l’imprenditore usi sia personale interno sia soggetti esterni, come gli investigatori privati
Di Paolo Marini - Avvocato
Pubblicato il 27/10/2020
 
Sono legittimi i controlli dell'imprenditore che hanno per oggetto il corretto adempimento della prestazione da parte del lavoratore. È legittimo che per ciò il datore impieghi personale interno ovvero ricorra anche a soggetti esterni, come gli investigatori privati. Il licenziamento disciplinare, intimato a seguito di numerose condotte negligenti e conseguenti disservizi, è proporzionato e legittimo.
La sentenza 5 marzo - 9 ottobre 2020, n. 21888 (testo in calce) della Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, ha escluso l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 4 della Legge n. 300/1970, poiché i controlli disposti dal datore nulla hanno a che vedere con i controlli a distanza.
Sommario
1. Antefatti processuali
Il lavoratore, assunto nel 2013 e adibito mansioni di portalettere, aveva eseguito le prestazioni in modo negligente, con consegne ritardate e a macchia di leopardo, causando notevoli disservizi. Così, previa contestazione degli addebiti, veniva licenziato con atto del 21 ottobre 2015 per scarsa diligenza e per una ripetuta inosservanza degli obblighi e dei doveri connessi al servizio affidatogli. Il Tribunale, sia nella fase sommaria del giudizio di impugnazione che a seguito del giudizio di opposizione (il contesto procedimentale è quello del c.d. 'rito-Fornero'), accertava la correttezza della valutazione del datore di lavoro, ritenendo non violati gli articoli 3 e 4 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) e reputando proporzionata la sanzione irrogata in relazione a quanto previsto dal codice disciplinare del CCNL adottato dall'azienda. Anche la Corte di appello di Roma rigettava il reclamo, confermando la pronuncia del giudice di primo grado.  
2. Il ricorso per cassazione
Con il primo motivo il lavoratore-ricorrente ha denunziato la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della suddetta l. 300/1970, per avere errato la Corte territoriale nella misura in cui i controlli e le verifiche erano stati svolti da personale dipendente del datore di lavoro, nonché da personale esterno. Il ricorrente ha così inquadrato le fattispecie: dove si era eseguito il controllo tramite investigatori privati, esso avrebbe dovuto limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili ad un mero inadempimento dell'obbligazione; dove si era trattato di controllo effettuato con personale interno, quello sull'attività lavorativa, il datore avrebbe dovuto rendere noti i nomi dei controllori e avrebbe dovuto astenersi dai controlli a distanza, come invece occorsi nella fattispecie.
Con il secondo motivo il ricorrente ha censurato la violazione e falsa applicazione dell'art. 4 della l. 300, perché il controllo a distanza avrebbe dovuto essere eseguito esclusivamente per le finalità previste dal comma 1, mentre il loro obiettivo era consistito nel verificare il corretto espletamento del servizio di consegna postale. Sulla scorta della asserita inutilizzabilità del materiale probatorio raccolto, il ricorrente ha dedotto il difetto di prova e dunque l'insussistenza delle violazioni contestate, con la pretesa del riconoscimento della tutela ex art. 18, comma 4, l. 300/1970.
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3. Il rigetto del ricorso
Il campo della controversia viene subito sgombrato dalla applicabilità dell'art. 4 della Legge n. 300, che riguarda i controlli a distanza dei lavoratori - quelli eseguiti mediante l'uso di impianti audiovisivi e/o di altre apparecchiature. La fattispecie in esame è regolata piuttosto dal precedente art. 3, per il quale “i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati”.
Questa prima considerazione permette già di comprendere la ragione della declaratoria di inammissibilità del secondo motivo di ricorso. Con il che ci si può dunque concentrare sulla trattazione del primo motivo.
Qui la S.C. condivide le argomentazioni della Corte territoriale secondo cui gli accertamenti eseguiti dal datore di lavoro sono stati conformi ai principi di legittimità. La portata degli articoli 2 (che disciplina il ricorso alle guardie giurate) e 3 (sopra riportato) dello Statuto dei lavoratori - che delimitano la sfera di intervento di persone preposte dal datore a difesa dei propri interessi, per scopo di tutela del patrimonio aziendale e di vigilanza dell'attività lavorativa - non preclude all'imprenditore/datore di lavoro di controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative, direttamente o mediante elementi della sua organizzazione gerarchica (che i lavoratori ben conoscono), e di ricorrere altresì alla collaborazione di soggetti come gli investigatori privati.
Quanto sopra vale, per la S.C., indipendentemente dalle modalità del controllo che può anche essere esercitato in modo occulto, soprattutto quando ciò sia giustificato da precedenti condotte non palesemente inadempienti del lavoratore sospetto.
Insomma, anche il primo motivo non regge. Ma non è inammissibile, è infondato.
Il ricorso è rigettato in toto.
4. Il potere di controllo datoriale: brevi considerazioni a margine della pronuncia
Si può concludere che la sentenza non faccia altro che riaffermare criteri consolidati – basti il riferimento al contenuto delle sentenze n. 829/1992 e 3039/2002, richiamate dalla odierna pronuncia. E con ciò è come ribadito l'ambito di operatività dell'esercizio del potere di controllo da parte del datore di lavoro che, rammentiamolo, compete allo stesso insieme al potere direttivo e a quello sanzionatorio. Un potere che può essere ed è esercitato avendo per oggetto il corretto adempimento della prestazione lavorativa. Quella stessa prestazione che, viceversa, non potrà mai essere oggetto del controllo a distanza, quello eseguito grazie al ricorso a dispositivi o apparecchiature (come, ad es, quelle di videosorveglianza) e disciplinato dall'art. 4 della l. 300.
Per il comma 1 dell'art. 4 il controllo a distanza deve essere esclusivamente ispirato ad una delle tre finalità tipiche (esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro, tutela del patrimonio aziendale) e il fatto che suo tramite divenga possibile anche il rilievo di condotte inadempienti sul piano lavorativo, è ammesso esclusivamente come conseguenza non ricercata, inintenzionale e comunque eventuale ed indiretta (“Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori...”) del controllo stesso.
Oltre a ciò, la possibilità di utilizzo dei dati raccolti “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”  (compresa l'apertura di procedure disciplinari) è condizionata all'adempimento da parte datoriale nei confronti dei lavoratori: 1) degli obblighi informativi sulle “modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”; 2) degli obblighi riferiti alla normativa sulla protezione dei dati, a cominciare dal rilascio delle informative ex art. 13 del Regolamento UE 2016/679.
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