23/10/2020 - Smart working, sindacati out - L'organizzazione del telelavoro nella p.a. spetta ai dirigenti
un articolo di Luigi Oliveri tratto da Italia Oggi del 23.10.2020
Il decreto della Funzione pubblica detta regole e principi rivolti ai datori di lavoro
Smart working, sindacati out - L'organizzazione del telelavoro nella p.a. spetta ai dirigenti
di Luigi Oliveri
Relazioni sindacali limitate per la nuova fase dello smart working nella pubblica amministrazione. Le organizzazioni sindacali si sono lamentate della circostanza che il decreto 19/10/2020 del ministro della funzione pubblica sia stato adottato senza una preventiva consultazione con esse. I contenuti, tuttavia, del decreto sono manifestamente caratterizzati da una funzione prevalentemente di organizzazione dei servizi o macro organizzazione. Come tali, quindi, appaiono per lo più estranei al sistema delle relazioni sindacali, visto che il dm detta regole e principi rivolti ai dirigenti quali datori di lavoro, per disciplinare il funzionamento dei servizi. Non per regolare specificamente il singolo rapporto individuale sul piano economico, fine al quale si ricollega in via esclusiva il sistema delle relazioni sindacali. Non si deve dimenticare, infatti, che se la macro organizzazione, disposta attraverso atti di natura generale, è certamente sottratta a relazioni sindacali e in particolare alla contrattazione, lo stesso vale anche per gli atti di micro organizzazione che non incidono sul trattamento economico. L'articolo 5, comma 2, del dlgs 165/2001 sul punto appare molto chiaro: «Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunità, e in particolare la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatte salve la sola informazione ai sindacati ovvero le ulteriori forme di partecipazione, ove previsti nei contratti di cui all'articolo 9». Le regole indicate dal dm 19/3/2020 per l'organizzazione del lavoro agile, per la rotazione, per l'alternanza con le attività in sede, per la prescrizione di possibili progetti specificamente dedicati, per la determinazione di criteri di priorità o preferenza dei dipendenti, per la reportistica e la verifica delle attività svolte non hanno in sostanza nessuna specifica attinenza con le materie che i contratti collettivi nazionali di lavoro assegnano alla contrattazione o al confronto. Tanto più visto che il dm disciplina il lavoro agile ancora sorretto dalle speciali regole che fino al 31/12/2020 non richiedono l'accordo individuale: prevale, quindi, l'aspetto organizzativo generale. Lo smart working in questa fase, se non può più probabilmente essere qualificato come emergenziale, resta in ogni caso inquadrabile quale misura di decongestionamento dei trasporti pubblici e delle sedi, e, in generale, quindi, quale strumento generale che la pubblica amministrazione pone in essere per la salvaguardia del bene generale della salute. Il dm, comunque, all'articolo 7 si preoccupa delle relazioni sindacali, per altro in modo più chiaro di quanto non regolato con la novella all'articolo 14, comma 1, della legge 124/2015, che ha introdotto il Pola (piano organizzativo del lavoro agile). In quella norma, infatti, le p.a. sono invitate a redigere il piano, «udite» le organizzazioni sindacali, senza specificare mediante quale specifica relazione, anche se la si può far coincidere con la «partecipazione», nella forma esplicativa del «confronto».
L'articolo 7 del dm appare più chiaro e parla espressamente di «confronto», sebbene non sia del tutto sicuro che intenda riferirsi esattamente a tale tipologia di relazione. Un equivoco potrebbe discendere dalla possibilità, prevista dal dm, di individuare «fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle adottate, nel rispetto del sistema di relazioni sindacali». Si potrebbe sostenere la necessità della contrattazione, per la materia dei «i criteri per l'individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare». A ben vedere, il criterio è già fissato dal dm: evitare il rischio da congestione dei trasporti e di assembramenti in entrata. Non si tratta, nella sostanza, di estendere la flessibilità oraria del singolo dipendente, ma di organizzare l'orario di lavoro e di ricevimento del pubblico in più ampie fasce, prevedendo ingressi cadenzati in orari diversi e successivi (8,00; 8,30; 9,00), lasciando la flessibilità oraria già esistente. Il richiamo alle relazioni sindacali previsto dal dm, quindi, appare ridondante, anche se pare opportuno un accordo su questo specifico punto, per evitare inopportuni contrasti.