12/10/2020 - Corte dei Conti. Condanna al risarcimento per il dipendente che svolge attività esterne senza autorizzazione
tratto da lasettimanagiuridica.it
Corte dei Conti. Condanna al risarcimento per il dipendente che svolge attività esterne senza autorizzazione
Una dipendente viene sanzionata con la richiesta di risarcimento per un possibile danno erariale arrecato per aver svolto, senza l’autorizzazione prescritta dall’art.53, co.7, d.lgs. n.165 del 2001, attività retribuita presso terzi.
Al riguardo la dipendente aveva già subito due sanzioni disciplinari per tali condotte e, in ottemperanza all’art.53, co.7, d.lgs. n.165, le era stato, senza esito, intimato di versare la somma acquisite prestando le attività non autorizzate. A sua difesa ha provato a sostenere l’incostituzionalità dell’art.53, co.7 e 7-bis, d.lgs. n.165 del 2001 sia per violazione della tutela del lavoro, sia per il suo automatismo senza valutazione alcuna di un reale conflitto di interesse, anche in considerazione della assoluta ininfluenza sul rendimento lavorativo.
I giudici della Corte, nell’esaminare il caso illustrano in modo ampio e approfondito la normativa ribadendo la distinzione tra attività vietate (art.60 segg., richiamato dall’art.53, co.1, d.lgs. n.165 del 2001), attività autorizzabili (art.53, co.2 e 7, d.lgs. n.165 del 2001) e attività liberalizzate (art.53, co.6, d.lgs. n.165 cit.) ed alle conseguenze derivanti dall’espletamento di attività vietate o non autorizzate ex art.53, co.7, d.lgs. n.165: ex pluribus, C.conti, sez.Lombardia 7 maggio 2019 n. 94; id., 25 novembre 2014 n. 216, id., 30 dicembre 2014 n. 233, id., 16 aprile 2015 n.54, id., 12 ottobre 2018 n.199; id., 31 ottobre 2018 n. 216.
Per i giudici, inoltre, le componenti strutturali dell’illecito amministrativo sono evidenti ed incontestati, sia per la condotta (non smentita ed anzi lealmente riconosciuta dalla dipendente) sia per il danno determinato dalla convenuta in conseguenza del mancato riversamento del compenso percepito per le prestazioni extraprofessionali svolte senza autorizzazione nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza. E da ciò consegue la qualificazione di “colpa grave”.