27/03/2020 - Indisponibilità della sanzione sui tributi locali da parte dell’ente locale
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Indisponibilità della sanzione sui tributi locali da parte dell’ente locale
di Cristina Montanari - Responsabile dell'Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
Nella delibera 27 febbraio 2020, n. 4, la Corte dei conti-Basilicata esprime un parere, ex art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, che ha ad oggetto l’esame della valutazione da parte dell’Ente locale in ordine alla possibilità di disporre della sanzione tributaria pecuniaria, ovvero del credito originato dall’irrogazione della stessa al fine di concludere accordi transattivi con il destinatario della sanzione.
Come noto e per costante giurisprudenza, gli enti locali non hanno alcun potere dispositivo in materia tributaria, se non nei limiti previsti dallo stesso legislatore; a tal proposito:
- l’art. 12, comma 1, lett. a), L. 5 maggio 2009, n. 42, nell’ambito dei “Principi e criteri direttivi concernenti il coordinamento e l'autonomia di entrata e di spesa degli enti locali”, prevede che “la legge statale individua i tributi propri dei comuni e delle province, anche in sostituzione o trasformazione di tributi già esistenti e anche attraverso l'attribuzione agli stessi comuni e province di tributi o parti di tributi già erariali; ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili; stabilisce, garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale”;
- l’art. 52, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n 446, prevede che “Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.”
Il giudice dei conti precisa, al riguardo, che come affermato anche in sede giuscontabile, il concetto d’inderogabilità della norma tributaria coinvolge anche il regime sanzionatorio tributario: la sanzione pecuniaria tributaria, infatti, rientra nel novero delle potestà e dei diritti indisponibili, perché è espressione del potere punitivo dell’amministrazione, che è esercitato esclusivamente secondo i criteri e i limiti imposti dalla legge, con l’esclusione della possibilità, da parte dell’Ente, non solo di concludere accordi transattivi col destinatario della sanzione, ma anche di disporre del credito originato dall’irrogazione della sanzione; specularmente, l’indisponibilità non consente la rinuncia degli introiti derivanti dalle obbligazioni tributarie, compresi gli interessi e le connesse sanzioni.
Quanto premesso, l’adita Corte ricorda che:
- lo Statuto dei diritti del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212), consente la valutazione in ordine all’esclusione dall’applicazione della sanzione qualora l’opacità della portata applicativa della norma tributaria, ovvero le contraddittorie indicazioni dell’amministrazione finanziaria, abbiano determinato obiettive situazioni d’incertezza tali da frustrare il rapporto tra il contribuente e le P.A., fondato sui principi della tutela dell’affidamento e della buona fede;
- al riguardo, la Corte di Cassazione ha affermato in diverse occasioni che, in relazione alle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie:
- sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, ex art. 10, L. n. 212/2000 e l'art. 8, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quando è ravvisabile una condizione d’inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa;
- il contribuente deve allegare la ricorrenza degli elementi che giustificano l'esenzione per incertezza normativa oggettiva, ricorrente nell'ipotesi d’incertezza inevitabile sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della disposizione tributaria, anche all'esito del procedimento d’interpretazione della stessa da parte del giudice;
- l'incertezza normativa oggettiva tributaria:
- è caratterizzata dall'impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall'amministrazione), come emerge dall'art. 6, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti;
- può essere desunta dal giudice mediante la rilevazione di una serie di fatti indice, quali ad esempio:
- la difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative;
- la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica;
- la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;
- la mancanza d’informazioni amministrative o la loro contraddittorietà;
- la mancanza di una prassi amministrativa o l'adozione di prassi amministrative contrastanti;
- la mancanza di precedenti giurisprudenziali;
- la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, soprattutto se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale;
- il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;
- il contrasto tra opinioni dottrinali;
- l'adozione di norme d’interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente;
- costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata:
- da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente;
- dalla buona fede del contribuente rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo;
- dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono;
- l’affidamento del contribuente di fronte al mutamento d’indirizzo interpretativo dell'Amministrazione finanziaria dev’essere valutato avendo riguardo all'inderogabilità delle norme tributarie e all'indisponibilità della relativa obbligazione, alla vincolatività della funzione impositiva e all'irrinunciabilità del diritto da parte del Fisco, sicché l'eventuale violazione del principio di buona fede nello svolgimento dell'attività amministrativa non obbliga l'Amministrazione ad emanare un provvedimento contra legem per il solo fatto che, nella fase istruttoria, abbia erroneamente valutato la disciplina applicabile;
- le condizioni di applicazione dell’art. 10, commi 1, 2 e 3 (prima parte), L. n. 212/2000, che non influiscono sulla debenza dell’imposta ma sull’esclusione della sanzione, possono essere così compendiate:
- comportamento dell’Amministrazione finanziaria che ha orientato il contegno del contribuente, purché questi abbia agito secondo i canoni della buona fede;
- incertezza normativa oggettiva ricadente sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari;
- assenza del carattere dell’incertezza per il semplice fatto che sia pendente una questione di legittimità costituzionale della norma tributaria; in quest’ultima ipotesi, l’art. 10, comma 3 (seconda parte), L. n. 212/2000, stabilisce espressamente che “non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria.”.
Evidenziato il perimetro entro il quale il legislatore ha inteso regolare i rapporti tra contribuente e amministrazione, tutelando l’affidamento incolpevole qualora interpretazioni contrastanti della norma tributaria rendano incerte le sue modalità d’attuazione, la Corte dei conti evidenzia che, diversamente, l’assenza d’incertezza sui presupposti impositivi, sui soggetti passivi e sulla misura della prestazione, non giustifica un comportamento contrario, anche quando la norma tributaria sia oggetto di giudizio di legittimità costituzionale; in altri termini: la pendenza del giudizio di legittimità costituzionale non è elemento ex se sintomatico d’incertezza normativa oggettiva che giustificherebbe l’applicazione dell’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la Sezione è dell’avviso che l’inderogabilità della normativa tributaria e la vincolatività della funzione impositiva non consenta agli enti locali di sottrarsi, qualora sussistano i presupposti, dall’irrogazione dell’eventuale sanzione pecuniaria prevista dalla legge in caso di omesso versamento dei tributi; sarà eventualmente compito del Giudice, se adito, accertare la sussistenza o meno delle condizioni prescritte dall’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente.