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12/05/2020 - Risarcimento del pregiudizio all’immagine della P.A. azionabile anche in caso di giudicato penale parziale sulla responsabilità

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Risarcimento del pregiudizio all’immagine della P.A. azionabile anche in caso di giudicato penale parziale sulla responsabilità
di Domenico Irollo - Commercialista/revisore contabile/pubblicista
 
L'annullamento con rinvio per un nuovo giudizio disposto dalla Corte di Cassazione penale limitatamente alla necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio, ferma restando la conferma dell'affermazione di colpevolezza, maturata nei precedenti gradi di merito, nei confronti di un dipendente pubblico in relazione a delitti da costui commessi contro la – o comunque a – danno della P.A., non preclude l'avvio a suo carico dell'azione di responsabilità amministrativa per il ristoro del pregiudizio reputazionale subito dall'Amministrazione di appartenenza. A fornire l'interessante chiarimento è la Corte dei Conti della Sicilia con la sentenza n. 150/2020 in commento.
La fattispecie riguardava il caso di un dirigente e di un funzionario dell'ex Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (oggi Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) ritenuti responsabili, nella sede penale di primo e di secondo grado, di aver messo in piedi un complesso e reiterato meccanismo fraudolento finalizzato alla percezione di denaro ed altre utilità per il compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio. In esito al ricorso in Cassazione degli interessati, le condanne loro inflitte nelle due fasi di merito erano annullate per alcuni capi d'imputazione, essendosi i relativi reati nel frattempo estinti per prescrizione; per i restanti capi attinenti a fatti integranti i delitti di corruzione, falsità in atti e rivelazione di segreto d'ufficio, le condanne "superstiti" venivano invece definitivamente confermate. Le statuizioni della Suprema Corte comportavano tuttavia il rinvio del processo in Corte d'Appello, ai soli fini però della rideterminazione (in senso riduttivo) delle pene, attesa la riferita caducazione di parte delle statuizioni sfavorevoli agli imputati.
Sennonché, prima che la pronuncia della competente Corte Territoriale di rideterminazione del carico sanzionatorio passasse in giudicato, in relazione allo stesso contesto la Procura erariale siciliana promuoveva nei confronti dei due pubblici dipendenti l'azione di responsabilità per danno all'immagine, la cui risarcibilità, anche dopo l'entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile (CGC - D.Lgs. n. 174/2016), si ritiene presupponga la sussistenza di una sentenza irrevocabile di condanna per delitti commessi contro la – ovvero a danno della – P.A..
A questo proposito, la difesa dei convenuti, tra le altre obiezioni, eccepiva che la sentenza con la quale la Corte d'Appello aveva ridefinito la pena inizialmente loro irrogata a seguito del rinvio operato a questo precipuo scopo dalla Cassazione non era ancora passata in giudicato e quindi non era assistita dal connotato dell'irrevocabilità.
Il mezzo di gravame è stato tuttavia reputato infondato: secondo i Giudici contabili isolani la richiamata pronuncia della Corte di legittimità aveva già cristallizzato, con l'efficacia del giudicato, l'accertamento di colpevolezza per i citati reati di corruzione, falso e rivelazione di segreto d'ufficio, lasciando alla successiva decisione della Corte Territoriale la sola (e necessaria) rideterminazione della pena.
La ratio della irrevocabilità della sentenza di condanna quale presupposto per l'esercizio dell'azione per il risarcimento della posta di danno in parola va difatti ricondotta, secondo il Collegio, alla mera esigenza di previa cristallizzazione giudiziaria della sola condotta del convenuto. L'evento dannoso è determinato invero, in via diretta, non dalla predetta condotta ma dalla diffusione dell'informazione a questa connessa sicché esclusivamente la soddisfazione della predetta esigenza (cioè quella della previa cristallizzazione giudiziaria della condotta del convenuto) va ritenuta necessaria e sufficiente affinché possa essere oggettivamente imputato il danno all'immagine al convenuto medesimo, rimanendo per converso irrilevante, a tali fini, la determinazione della pena.
In buona sostanza, si deve ritenere che – avendo il Legislatore fatto espresso riferimento alla "sentenza irrevocabile di condanna" solo in ragione del fatto che, ordinariamente, la dichiarazione di colpevolezza e la consequenziale inflizione della pena sono recate dalla stessa sentenza penale – allorquando, come nel caso di specie, le due pronunce, per un incidente processuale, intervengano in momenti diversi, ai fini dell'accertamento della sussistenza del presupposto per l'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno all'immagine è sufficiente che sia passato in giudicato l'accertamento della colpevolezza.
Si tratta di un orientamento sostanzialmente condivisibile, alla luce del disposto concernente i casi di "annullamento parziale" a seguito di ricorso per Cassazione di cui all'art. 624 c.p.p. – e degli indirizzi applicativi maturati da autorevole giurisprudenza – a mente del quale "se l'annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata"; sicché effettivamente, ove si sia formato un giudicato (parziale) sulla responsabilità dell'imputato, ciò è di per sé circostanza idonea per considerare l'individuo processato alla stregua di "condannato", sebbene sia ancora sub iudice l'entità della sanzione.
A margine, è altresì il caso di osservare che, ancorché in maniera incidentale, la Corte dei Conti siciliana mostra di aderire alla tesi in base alla quale l'introduzione del CGC – ed in particolare la previsione dell'art. 51, comma 7 – avrebbe reso proponibile la domanda di risarcimento per danno erariale all'immagine in relazione a qualsiasi delitto commesso "a danno" della stessa P.A. che sia accertato con sentenza penale definitiva, avendo eliminato la limitazione tipologica ai reati "contro la Pubblica Amministrazione" inseriti nel capo I, titolo II del libro II del codice penale (artt. 314-335-bis c.p.), contemplata dall'art. 7L. n. 97/2001, abrogato dal CGC.
A sostegno delle proprie argomentazioni – ininfluenti ai fini delle proprie decisioni visto che nel caso di specie la condanna dei due dipendenti dell'ex A.A.M.S. riguardava (anche) reati propri dei pubblici ufficiali – la CdC siciliana ha citato un precedente dei colleghi liguri (la pronuncia n. 16/2018, su cui, per approfondimenti si rinvia al contributo dello scrivente: Contrasti giurisprudenziali sul perimetro e sulle ricadute sul piano intertemporale della riforma dei presupposti di risarcibilità del danno all'immagine della P.A.) che è stata tuttavia recentemente ribaltata dalla Terza Sezione Centrale d'Appello della Corte dei Conti con la sentenza n. 66/2020.
Nel solco degli spunti tracciati dalla Consulta con la pure recente pronuncia d'inammissibilità n. 191/2019 emessa a seguito di questione di legittimità costituzionale sollevata proprio dalla Corte dei Conti della Liguria, il Collegio d'appello ha diversamente opinato nel senso che il CGC ha in realtà comunque lasciato invariato l'art. 17, comma 30-ter, D.L. n. 78/2009, nella parte in cui circoscrive espressamente l'azione per il risarcimento del danno all'immagine ai "soli casi e modi previsti dall'art. 7L. 27 marzo 2001, n. 97". Il fatto che la norma in questione continui a fare rinvio ad una previsione che lo stesso Codice ha soppresso sarebbe irrilevante: si tratterebbe infatti di un rinvio materiale/statico (e non formale/mobile), che ha determinato l'incorporazione o l'integrazione nella norma rinviante (l'art. 17, comma 30-ter, D.L. n. 78/2009) della norma rinviata (art. 7L. n. 97/2001), per cui le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso.
Ne discende pertanto l'assunto per cui la risarcibilità del danno all'immagine rimane ancora condizionata alla sussistenza di una sentenza irrevocabile di condanna per uno dei reati di cui agli artt. 314-335-bis c.p., come confermato anche dalla circostanza che nell'art. 20 della L. n. 124/2015 con cui il Governo è stato incaricato di emanare il CGC è totalmente assente, tra i principi e i criteri direttivi di delega, qualsiasi riferimento ad una eventuale estensione della risarcibilità del danno d'immagine.
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