07/05/2020 - Sulla natura giuridica della valutazione di impatto ambientale
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Sulla natura giuridica della valutazione di impatto ambientale
Giuseppe Cassano - Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella sentenza in esame oggetto dell'intervento del Consiglio di Stato è la tutela ambientale avuto particolare riguardo ad una vicenda in cui la competente P.A. aveva espresso il suo diniego di rilascio di autorizzazione ambientale per un impianto termovalorizzazione di car fluff.
Si consideri, in primis, che la valutazione ambientale di piani e programmi (VAS), così come la valutazione di impatto ambientale (VIA) per quanto riguarda i singoli progetti, ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, garantendo un elevato livello di protezione dell'ambiente, contribuendo all'integrazione delle relative previsioni, con considerazioni specificamente ambientali, che siano tali da guidare l'amministrazione nell'effettuazione nelle scelte discrezionali, tipiche, per l'appunto, dei piani e dei programmi (art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 152 del 2006).
Va anche considerato che la VAS (così come la procedura di screening) prende in esame l'incidenza che i piani e i programmi urbanistici possono avere su un'area vasta ragion per cui, in tale procedura, si analizzano le possibili interrelazioni di simili decisioni con la salute umana, con il paesaggio, con l'ambiente in genere, con il traffico, con l'economia, con tutto il territorio coinvolto dal piano.
L'analisi è, dunque, necessariamente condotta a un livello più astratto di quanto avviene per la VIA (relativa invece a singoli progetti), perché non è sicuro se il piano sarà effettivamente attuato nella sua integralità, se tale attuazione avverrà in un arco temporale circoscritto e se sarà del tutto conforme a quanto ipotizzato.
In tale contesto, la procedura disciplinata dall'art. 12 (Verifica di assoggettabilità) D.Lgs. n. 152 del 2006 mira a verificare se il piano o programma possa avere impatti significativi sull'ambiente, così da escluderlo o meno dalla VAS.
Al fine di svolgere la verifica predetta, è necessario e sufficiente che il rapporto preliminare previsto dall'art. 12 soddisfi in linea generale i contenuti indicati nell'allegato I al cit. decreto, non essendo ipotizzabile che lo stesso si occupi, nel dettaglio, di ogni singolo intervento relativo a tutte le aree del piano (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 30 marzo 2020, n. 574).
Ancora la giurisprudenza ha osservato: «in sede di approvazione del progetto preliminare, l'Amministrazione regionale si limita a verificare l'esigenza o meno di assoggettare l'opera a valutazione di impatto ambientale, valutazione che poi viene effettivamente e concretamente compiuta soltanto nella successiva conferenza di servizi volta ad approvare il progetto definitivo» (Cons. Stato, sez. IV, 20 febbraio 2020, n. 1266).
Costituisce poi ius receptum presso la giurisprudenza del Consiglio di Stato che nell'ambito della valutazione di progetti aventi impatti sull'ambiente gli enti e gli organi competenti siano titolati ad esprimere il loro giudizio anche (come anticipato) su profili di carattere paesaggistico (Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 2016, n. 1225; Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2569).
Ciò corrisponde a ragioni logiche prima ancora che giuridiche, se solo si ha riguardo alla funzione tipica della procedura di valutazione di impatto ambientale, di esame complessivo di opere incidenti negativamente sul territorio e le collettività in esso localizzate.
Pertanto, l'apprezzamento in ordine alla loro compatibilità ambientale non può che coinvolgere anche profili di carattere paesaggistico, ed in particolare estendersi a tutte le possibili incisioni, dirette o indirette, del bene costituzionalmente tutelato del paesaggio, con una valutazione di tipo sostanzialistico, estesa ad ogni ambito territoriale significativo potenzialmente pregiudicato sul piano naturalistico, anche se posto a distanza dall'area di localizzazione dell'intervento.
La valutazione di impatto ambientale non si sostanzia dunque in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale di un'opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio - economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione - zero (T.A.R. Marche, Ancona, sez. I, 4 marzo 2019, n. 139).
Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, dunque, l'amministrazione esercita una lata discrezionalità che - come detto - non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo.
Di conseguenza, le posizioni soggettive delle persone e degli enti coinvolti nella procedura sono qualificabili in termini di interesse legittimo ed è altrettanto assodato che le relative controversie non rientrano nel novero delle tassative ed eccezionali ipotesi di giurisdizione di merito sancite dall'art. 134 D.Lgs. n. 104/2010.
In particolare, circa l'autonoma impugnabilità del giudizio negativo sulla VIA, la giurisprudenza ha statuito che «gli atti conclusivi delle procedure di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), pur inserendosi all'interno di un più ampio procedimento di realizzazione di un'opera o di un intervento, sono immediatamente impugnabili» (Cons. Stato, sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1213; Cons. Stato, sez. IV, 13 settembre 2017, n. 4327), correlando tale prerogativa al possibile arresto procedimentale (Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3043; da ultimo TAR Puglia, Bari, sez. I, 24 febbraio 2020, n. 303).
Vuol dirsi, cioè, che il giudizio di compatibilità ambientale quand'anche reso sulla base di criteri oggettivi di misurazione, pienamente esposti al sindacato del Giudice Amministrativo, è attraversato, come anticipato, da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera, con la conseguenza che le scelte effettuate dall'Amministrazione si sottraggono al sindacato del G.A. ogniqualvolta le medesime non si appalesino come manifestamente illogiche o incongrue (Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392).
Ne consegue (v.: Cass. civ., Sez. un., 17 febbraio 2012, n. 2312 e Cass. civ., Sez. un., 17 febbraio 2012, n. 2313; Corte Cost., 3 marzo 2011, n. 175; Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871) che:
a) la sostituzione, da parte del G.A., della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell'amministrazione costituisce un'ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A., quand'anche l'eccesso in questione sia compiuto da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell'area dell'annullamento dell'atto;
b) in base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, solo l'amministrazione è in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l'interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure;
c) conseguentemente, il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali:
1) deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti;
2) non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa;
3) può disporre c.t.u. o verificazione al fine di esercitare più penetranti controlli, con particolare riguardo ai profili accertativi.
Orbene, nell'affrontare le diverse questioni poste dalla società appellante avverso l'impugnata sentenza del G.A. di prime cure l'adito Collegio di Palazzo Spada osserva, nel solco dell'insegnamento innanzi richiamato, come l'autorizzazione integrata ambientale:
- sia titolo abilitativo conseguente ad una verifica di carattere generale sull'impianto (specie in riferimento alle emissioni nell'ambiente);
- sia frutto dell'esercizio di discrezionalità tecnica e, quanto al rapporto sacrificio ambientale e utilità economica dell'impianto, di scelte amministrative di carattere discrezionale;
- sia sottoponibile al sindacato del G.A. ove ricorrano i profili di illogicità, irragionevolezza o errore di fatto.