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15/07/2020 - Incarichi non autorizzati, il procedimento disciplinare non cancella il danno erariale

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Incarichi non autorizzati, il procedimento disciplinare non cancella il danno erariale
di Consuelo Ziggiotto e Davide d'Alfonso
 
In breve
Lo ha stabilito la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Piemonte, che ha condannato per danno erariale il dipendente di un ministero
Il pubblico dipendente che assuma incarichi extra in condizioni di incompatibilità o senza la necessaria autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza risponde del danno erariale a prescindere dal procedimento disciplinare avviato per la stessa fattispecie. Questo, in sintesi, quanto stabilito dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Piemonte, con la sentenza n. 26/2020, con la quale è stato condannato per danno erariale il dipendente di un ministero, disponendo il riversamento per intero delle somme percepite. Lo stesso dipendente, privo di autorizzazione da parte del datore di lavoro, aveva svolto per una decina d'anni attività extra lavorative percependone compensi.
L'articolo 53 del Dlgs 165/2001 regola il regime dell'incompatibilità per i pubblici dipendenti, imponendo al comma 7, con la sola eccezione delle fattispecie elencate al precedente comma 6, la preventiva autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza per gli incarichi assunti a qualsivoglia titolo.
La sentenza assume interesse, in particolare, perché nel ribadire alcuni principi consolidati circa la definizione dei termini prescrizionali o la quantificazione delle somme da riversare alla Pa, evidenzia un tema ulteriore, ovvero la non alternatività del procedimento disciplinare e di quello per il danno erariale.
 
**************
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE PIEMONTE
composta dai seguenti Sigg. Magistrati:
Dott. Cinthia PINOTTI - Presidente
Dott. Walter BERRUTI - Giudice relatore
Dott. Cristiano BALDI - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 201176 instaurato con atto di citazione del Procuratore regionale del 20 settembre 2019, depositato il 25 settembre 2019, nei confronti di
P. F., c.f. omissis, nato a omissis il omissis e residente in omissis, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Pi. Sc. e St. Bo. ed elettivamente domiciliato presso lo studio quest'ultimo in Milano, Via (…), come da procura speciale in calce alla comparsa di costituzione.
Uditi alla pubblica udienza del giorno 20 febbraio 2020, con l'assistenza del Segretario Sig. Renzo Piasco, il Magistrato relatore Cons. Walter Berruti, il rappresentante del Pubblico Ministero Sost. Proc. gen. Emanuela Rotolo e l'Avv. St. Bo. per il convenuto, come da verbale.
Esaminati gli atti.
Rilevato in
FATTO
Il Sig. P. F., dipendente civile del Ministero della Difesa come addetto alla manutenzione di velivoli presso il reparto di omissis, è stato convenuto in giudizio dalla Procura regionale per l'omesso riversamento dei compensi percepiti tra il 2008 e il 2018 a fronte di attività non rientranti nei compiti d'ufficio, svolte in condizioni di incompatibilità assoluta o senza avere richiesto ed ottenuto la preventiva autorizzazione prevista dall'art. 53, comma 7 del D.lgs. n. 165/2001. Si tratta di attività esercitate sia con contratto di lavoro subordinato (disc-jockey), sia con contratto di lavoro autonomo occasionale (presentatore e consulente artistico) in favore di soggetti privati. I fatti sono stati accertati dalla Guardia di Finanza con annotazione del 29 novembre 2018. La Procura regionale vi ha ravvisato la violazione del divieto di esercizio del commercio, dell'industria e di altra professione o impiego alle dipendenze di privati (incompatibilità assoluta), che gli artt. 60 e ss. del D.P.R. n. 3/1957 impongono ai pubblici dipendenti, nonché dell'art. 53 del D.lgs. n. 165/2001, che conferma tale divieto e, per le sole attività occasionali richiede l'autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza (incompatibilità relativa). Ciò posto, la Procura ha azionato la specifica responsabilità contemplata dal comma 7 bis del citato art. 53 per cui le attività svolte in situazione di incompatibilità, sia questa assoluta o relativa, l'omissione di versamento del compenso percepito da parte del dipendente pubblico costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti. La Procura rimarca in particolare come il non aver richiesto l'autorizzazione de qua abbia impedito all'Amministrazione di valutare la presenza di eventuali conflitti di interesse, anche potenziali, nello svolgimento degli incarichi, nonché la loro eventuale proficuità sia per il dipendente, derivante dall'arricchimento professionale, che, indirettamente, per la stessa P.A. Altre attività svolte dal convenuto (scrittura di articoli di carattere culturale, partecipazione a tavole rotonde), emerse in sede di indagini, non sono state invece motivo citazione in quanto ritenute esplicazione delle libertà di pensiero e di scienza garantite dagli artt. 21 e 33 Cost. Contestato l'elemento soggettivo del c.d. dolo civile o contrattuale, fatto consistere nella cosciente violazione dei doveri di servizio, il danno è stato quantificato in misura pari ad euro 15.657,06, corrispondente ai compensi percepiti, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Il convenuto si è costituito depositando memoria e documenti in data 31 gennaio 2020. In via preliminare, ha eccepito l'inammissibilità della citazione rilevando che le stesse contestazioni gli sono state mosse in via amministrativa dal proprio datore di lavoro, il Ministero della Difesa, cui è seguita l'adozione della sanzione disciplinare del rimprovero scritto, nonché l'intimazione a restituire le somme percepite, intimazione che ha avuto esecuzione con una trattenuta mensile sulla retribuzione, tuttora in corso. Ha citato, a sostegno della asserita violazione del divieto del ne bis in idem, Cass. S.U. n. 17124/2019 nonché CEDU 4 marzo n. 2014, Grande Stevens c. Italia. Ancora in via preliminare ha eccepito la prescrizione quinquennale. Nel merito sostiene la ricorrenza della propria buona fede e, quindi, l'assenza di colpa grave, richiamando le evidenze del procedimento disciplinare e insistendo sul fatto di non essere stato a conoscenza della normativa specifica in materia di incompatibilità e di avere regolarmente denunciato i compensi ai fini fiscali. In punto quantum rimarca la necessità di detrarre quanto esposto già recuperato mediante la trattenuta stipendiale e pari ad euro 430,00, nonché la parte dei versamenti costituenti rimborso delle spese di trasferta, che non avrebbe natura di corrispettivo ai fini della normativa de qua, nonché gli importi pagati a titolo di imposte e le ritenute fiscali e previdenziali. Conclude quindi per la inammissibilità o il rigetto della domanda e, in via di subordine, per l'esercizio del potere riduttivo in considerazione delle limitate possibilità economiche.
Nella discussione orale il P.M. e i difensori hanno illustrato e confermato le richieste e le conclusioni contenute in atti.
La causa è stata quindi trattenuta a decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. L'eccezione di inammissibilità della citazione per violazione del divieto di ne bis in idem è da respingere.
Come ricorda la Corte di cassazione (cfr. Cass. S.U. n. 17124/2019, citata dalla stessa difesa), tale divieto, assurto a principio generale dell'ordinamento processuale, è diretto ad escludere una duplicità di azioni attivate contestualmente che, seppure con la propria specificità, tendono a conseguire, dinanzi al giudice munito di giurisdizione per ciascuna di esse, lo stesso identico petitum in danno del medesimo soggetto obbligato. Cioè, nella fattispecie di causa, i compensi percepiti dal dipendente pubblico in difetto di autorizzazione allo svolgimento dell'incarico che li ha determinati, i quali una volta soltanto possono essere oggetto di un'azione di recupero al fine di essere destinati al bilancio dell'amministrazione di appartenenza di quel dipendente.
Il principio è ben radicato anche in ambito sovranazionale a seguito della sua ricezione nell'art. 4 del protocollo n. 7 allegato alla CEDU e successivamente nell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
La Corte europea dei diritti dell'uomo, nella nota sentenza del 4 marzo 2014 n. 18640/10, Grande Stevens c. Italia, ha invero affermato (in fattispecie in cui, dopo che la Consob aveva comminato ad una società sanzioni amministrative, era stato avviato per i medesimi fatti un processo penale) che la piena sovrapponibilità del bene giuridico protetto dalle due sanzioni, amministrativa e penale, (nella detta fattispecie, la trasparenza del mercato) e l'identità dell'obiettivo perseguito (la repressione degli abusi del mercato) concretizzano la violazione del divieto di ne bis in idem previsto dall'art. 4 cit., che enuncia una garanzia contro nuove azioni penali (o assimilate) ovvero contro il rischio di tali azioni.
La stessa Corte (sent. 13 maggio 2014 n. 20148/09, Rigolio c. Italia) con specifico riferimento ai procedimenti incardinati dinanzi le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti italiana, ha ritenuto non poter assimilare tali procedimenti ad un procedimento penale.
La giurisprudenza contabile (cfr., per tutte, Sez. II App. n. 17/2020) ha rimarcato come la Corte di Strasburgo abbia aderito ad un'interpretazione sostanzialistica della natura penale delle norme e delle procedure di diritto interno, prescindendo dal nomen juris ed escludendo la violazione della Convenzione nell'ipotesi in cui, a seguito della conclusione di un processo penale o in concomitanza con lo stesso, per gli stessi fatti, venga avviato un giudizio di responsabilità amministrativa innanzi alla Corte dei conti. La pronuncia della Corte dei conti, infatti, non costituisce una sanzione amministrativa di carattere sostanzialmente penale, essendo invece diretta prevalentemente al risarcimento di un pregiudizio di natura finanziaria. Tale impostazione è stata condivisa dalle SS.RR. con la sentenza n. 26/2019/QM, ritenendosi che la condotta omissiva del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore ex art. 53, comma 7 bis D.lgs. n. 165/2001 dia luogo ad un'ipotesi autonoma di responsabilità amministrativa tipizzata, con finalità risarcitoria del danno da mancata entrata per l'amministrazione di appartenenza del compenso indebitamente percepito, che deve essere versato in un apposito fondo vincolato.
Venendo al caso di specie, va osservato che la sanzione disciplinare, irrogata al convenuto con decreto del 6 agosto 2019 e costituita dal rimprovero scritto (cfr. all. doc. 2 prod. difesa), ha formato oggetto di un procedimento di natura amministrativa e diretto alla tutela della disciplina del rapporto di lavoro, bene giuridico distinto dagli interessi finanziario-patrimoniali della P.A. sottesi all'azione della Procura contabile. Come puntualmente evidenziato dal PM in udienza, il recupero del credito è stato avviato in via amministrativa con separata richiesta stragiudiziale del 7 agosto 2019 (cfr. doc. 2 prod. difesa) e in misura parziale (euro 430,00). Dello stesso andrà tuttavia tenuto conto a scomputo del debito finale.
Non sussiste pertanto alcuna duplicazione di azioni aventi lo stesso petitum in danno del medesimo soggetto obbligato.
2. Anche l'eccezione di prescrizione è da respingere integralmente.
Il termine estintivo quinquennale non può farsi decorrere, come vorrebbe la difesa, dalle date di percezione dei compensi, che si collocano tra il 2008 e il 2018, ma, vertendosi in ipotesi di doloso occultamento, dalla sua scoperta, avvenuta con l'annotazione della Guardia di Finanza del 29 novembre 2018 (doc. 1 prod. Proc.), ai sensi dell'art. 1, comma 2 della L. n. 20/1994.
E' invero ravvisabile una situazione di occultamento doloso del danno, avendo la giurisprudenza contabile ritenuto che l'occultamento doloso possa realizzarsi attraverso un comportamento semplicemente omissivo del debitore avente ad oggetto un atto dovuto, cioè un atto cui il debitore sia tenuto per legge, qual è nella specie la richiesta di autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali (cfr. Sez. III App. n. 345/2016).
3. Nel merito l'azione promossa dalla Procura è fondata nei termini che seguono.
La difesa non ha contestato l'elemento oggettivo dell'illecito (salvo che per il quantum), che quindi va confermato nei termini prospettati da parte attrice.
Ha tuttavia eccepito la propria buona fede e, quindi, l'assenza di colpa, che sarebbe anche attestata nel procedimento disciplinare.
L'argomento è da respingere.
Osserva il Collegio che, ferma restando l'autonomia tra il presente giudizio di responsabilità amministrativa e il procedimento disciplinare svolto dall'amministrazione, le condotte per cui è causa, ancorché non sia raggiunta la prova del dolo, appaiono connotate dalla colpa grave, stante la palese violazione delle basilari norme regolanti il rapporto di lavoro di un dipendente pubblico, quali quelle, richiamate in narrativa, che regolano le incompatibilità, assolute e relative, con l'impiego.
Non rileva in contrario, pertanto, la circostanza che i compensi venissero dichiarati a fini fiscali, non valendo certo l'adempimento degli obblighi tributari, cui è tenuto ogni cittadino, a sostituire, per equipollenza, quello degli obblighi specifici inerenti al rapporto di lavoro.
4. Ritenuti come sopra accertati gli illeciti produttivi di danno erariale, vanno esaminate le questioni sollevate dalla difesa sulla relativa quantificazione.
Ai sensi dell'art. 53, commi 7 e 7 bis del D.lgs. n. 165/2001, l'entità del danno va commisurata, all'ammontare dei compensi percepiti per l'attività non autorizzata.
Secondo la difesa, da tale ammontare andrebbero scorporate, oltre alle somme già recuperato mediante trattenuta stipendiale (per euro 430,00), quelle costituenti rimborso delle spese di trasferta, che non avrebbero natura corrispettiva ai fini della normativa per cui è causa, nonché le imposte e le ritenute fiscali e previdenziali.
4.1. Osserva il Collegio che, per costante orientamento della giurisprudenza contabile (cfr., tra le tante, Sez. II App. n. 339/2016), l'azione di responsabilità per danno erariale è autonoma ovvero non condizionata dal comportamento dell'amministrazione danneggiata o dalla pendenza di procedure di recupero in via amministrativa o giudiziaria.
Nella specie, risulta che il convenuto abbia richiesto di rateizzare la restituzione dell'importo di euro 430,00 con dichiarazione in data 9 agosto 2019, cui sono seguite, nelle more del presente giudizio, avviato con citazione del 20 settembre 2019, le trattenute stipendiali.
Pertanto, in sede di esecuzione della presente sentenza, si terrà conto di quanto risulterà in quel momento già recuperato al predetto titolo.
4.2. Il danno erariale per cui è causa è commisurato ex lege all'ammontare del compenso da corrispondere e percepito dal dipendente pubblico (art. 53, comma 7 bis cit.) e non alla somma di cui questi ha mantenuto la disponibilità a proprio vantaggio o dopo aver adempiuto ai propri obblighi fiscali e contributivi (cfr. Sez. I App. n. 218/2018).
La quantificazione è stata pertanto correttamente effettuata sulla base dei compensi lordi complessivi percepiti dal convenuto a titolo di lavoro subordinato e di lavoro autonomo, così come accertati dalla Guardia di finanza, senza che sia dato distinguere, sul piano documentale, tra somme corrisposte a titolo di compenso ed eventuali rimborsi spese (cfr. docc. 1 e 3 prod. Proc.).
4.3. Per le medesime ragioni è corretto parametrare il danno ai compensi ricevuti al lordo delle imposte e delle ritenute fiscali e previdenziali.
5. Anche in mancanza di altri rilievi difensivi sul punto, il danno totale risarcibile, da liquidarsi in favore del Ministero della Difesa, deve essere quindi confermato nell'ammontare esposto in citazione in applicazione del criterio di calcolo ex lege e così in euro 15.657,06.
6. Tale somma, liquidata a titolo di danno patrimoniale, andrà annualmente rivalutata sino alla data di pubblicazione della presente sentenza.
7. Sulla somma così rivalutata decorreranno gli interessi, nella misura di legge, dalla data di pubblicazione della sentenza al soddisfo.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, definitivamente pronunciando,
CONDANNA
P. F. al pagamento, in favore del Ministero della Difesa, della somma di euro 15.657,06 (quindicimilaseicentocinquantasette/06), oltre rivalutazione monetaria come specificato in motivazione e interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.
Le spese di giustizia, liquidate in euro 382,71 (TRECENTOTTANTADUE/71), seguono la soccombenza e sono poste a carico del convenuto.
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 20 febbraio 2020.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Il Giudice relatore - F.to Walter BERRUTI
Il Presidente - F.to Cinthia PINOTTI
Depositata in Segreteria il 27 maggio 2020
Il Direttore della Segreteria
F.to Antonio CINQUE
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l'applicazione dell'articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il "Codice in materia di protezione dei dati personali"
DISPONE
che a cura della Segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi delle persone fisiche indicate in sentenza.
Il Presidente
F.to Cinthia PINOTTI
Su disposizione del Presidente, ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle persone fisiche indicate in sentenza.
Torino, 27 maggio 2020
Il Direttore della Segreteria
F.to Antonio Cinque
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Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.

Walt Whitman