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03/07/2020 - Spese legali, rimborsi senza automatismi

tratto da Italia Oggi
Spese legali, rimborsi senza automatismi
di Vincenzo Giannotti

Nessuna automaticità del rimborso delle spese legali al dipendente assolto in un giudizio penale «perché il fatto non sussiste». Anzi, per la Cassazione (sentenza n. 11014/2020), ben può l'ente pubblico negare la richiesta del rimborso se, i reati contestati, non siano in alcun modo riconducibili ad una finalità connessa, sia pure in senso lato, al soddisfacimento di un interesse della pubblica amministrazione, a nulla rilevando eventuali rimborsi disposti per altri dipendenti in situazioni similari.
 
Il fatto
Un dipendente pubblico assolto, in un giudizio penale con la formula «perché il fatto non sussiste», per i reati di abuso d'ufficio e falsità ideologica in atti pubblici, si è visto negare il rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa. Il dipendente, non avendo avuto soddisfazione nelle sentenze di primo grado e di appello, ha proposto ricorso in Cassazione. A supporto della rivendicazioni delle spese legali corrisposte per la propria difesa, il ricorrente ha sostenuto sia, che nella sentenza di assoluzione non emergessero elementi a sostegno di un suo interesse personale, trattandosi dello svolgimento di un servizio istituzionale, sia che esistessero precedenti del giudice di appello, nei confronti di persona imputata nel medesimo procedimento penale, a cui era stato riconosciuto il diritto al rimborso delle spese legali in seguito alla pronuncia assolutoria in sede penale.
 
La conferma della Cassazione
I giudici di Piazza Cavour hanno considerato manifestamente infondato il ricorso per costante ed univoco orientamento sia del giudice di legittimità sia di quello amministrativo. È stato, infatti, precisato come, per poter ambire il dipendente pubblico al ristoro delle spese legali sostenute, vi debba obbligatoriamente essere un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell'atto. Nel caso di specie, la condotta oggetto di imputazione, vale a dire la falsa attestazione di idoneità di alcuni candidati alla prova di esame per il conseguimento della patente di guida, non corrisponde sicuramente ad un interesse dell'Amministrazione.
La condotta del dipendente, infatti, pur risultando posta in essere in occasione dello svolgimento della pubblica funzione si è realizzata attraverso un abuso dei poteri inerenti alla stessa e per finalità del tutto contrarie all'interesse proprio dell'amministrazione datrice di lavoro. Il rimborso deve essere, pertanto, negato in difetto della comunione degli interessi perseguiti dal dipendente attraverso il reato ipotizzato e dall'ente pubblico datore di lavoro. In altri termini, nel caso di specie si è in presenza di una situazione di conflitto di interessi tra le due parti e la volontà dell'amministrazione a che fosse sanzionata la condotta contraria alle finalità proprie della pubblica funzione.
Infine, avuto riguardo al rimborso delle spese legali nei confronti di altri dipendenti per fatti similari, secondo la Cassazione il fatto non può avere alcuna incidenza rispetto al giudizio di non attribuibilità all'Amministrazione dell'attività contestata e di non riconducibilità della stessa ai fini istituzionali.
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