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19/06/2020 - Incarichi, non c'è sempre danno - Consulenze ok se in organico manca personale competente

tratto da Italia Oggi
Incarichi, non c'è sempre danno - Consulenze ok se in organico manca personale competente
di Francesca Petulla'

Nell'ascoltare le «Cassandre» che sovente intervengono sul tema degli affidamenti esterni delle amministrazioni di qualsivoglia natura va in primo luogo evidenziato che nel nostro ordinamento vige il principio giuridico secondo cui l'esternalizzazione delle attività sarebbe consentito solo nel caso di constatata impossibilità o inidoneità della struttura pubblica a svolgere una determinata attività e che il ricorso alle prestazioni intellettuali di soggetti estranei all'amministrazione può essere ritenuto legittimo nei casi in cui si debban -  risolvere problemi specifici aventi carattere contingente e speciale e difettando nell'apparato burocratico strutture organizzative idonee e professionalità adeguate.
In altri termini, vi è un principio fondamentale, in virtù del quale, ogni ente pubblico, dallo Stato all'ente locale, deve provvedere ai propri compiti con la propria organizzazione ed il proprio personale, il cd principio di autosufficienza.
Risponde a principi di economicità e ragionevolezza l'obbligo delle pubbliche amministrazioni di far fronte alle ordinarie competenze istituzionali con il migliore e il più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui esse dispongono, rendendosi ammissibile il ricorso ad incarichi e consulenze professionali esterne soltanto in presenza di specifiche condizioni quali la straordinarietà e l'eccezionalità delle esigenze da soddisfare, la carenza di strutture e/o di personale idoneo, il carattere limitato nel tempo e l'oggetto circoscritto dell'incarico e/o della consulenza.
In realtà, tutte le forme di esternalizzazione dell'attività pubblica quali le consulenze individuali, le forme di collaborazione esterna, i contratti di prestazione d'opera intellettuale, i contratti a tempo determinato, hanno la comune e generale funzione di acquisire professionalità qualitativamente e quantitativamente assenti nella pubblica amministrazione ovvero di cui è carente per diverse motivazioni tutte specificatamente rintracciabili all'interno dell'iter procedimentale che porta al conferimento di un incarico esterno a prescindere dalla normativa applicabile al caso di specie .
 
I comportamenti virtuosi
I giudici contabili in tante occasioni hanno avuto modo di indicare i parametri entro i quali tali rapporti e le correlative spese sono da ritenersi legittime. Tra questi l'individuazione di soggetti dotati di provata capacità professionale e specifica conoscenza tecnica della materia di cui vengono chiamati ad occuparsi, ogni volta che si verifichino: a) la straordinarietà e l'eccezionalità delle esigenze da soddisfare; b) la mancanza di strutture e di apparati preordinati al loro soddisfacimento, ovvero, pur in presenza di detta organizzazione, la carenza, in relazione all'eccezionalità delle finalità, del personale addetto, sia sotto l'aspetto qualitativo che quantitativo.
Tali parametri, se da un lato attestano che nell'ordinamento non sussiste un generale divieto per la pubblica amministrazione di ricorrere ad esternalizzazioni per l'assolvimento di determinati compiti, dall'altro, tuttavia, confermano che l'utilizzazione del modulo negoziale non può concretizzarsi se non nel rispetto delle condizioni e dei limiti sopra specificati (cfr., tra tutte, sezione giurisdizionale Lazio 14 dicembre 2009, n. 1922 e 3 agosto 2010, n. 1598).
Ecco che allora, grazie ai giudici contabili, le amministrazioni hanno compreso bene che, prima dell'affidamento di un incarico o consulenza esterna che dir si voglia, sono obbligate alla preventiva ricognizione delle professionalità interne dandone una specifica certificazione nell'atto di conferimento dell'incarico esterno stesso. Degna di menzione la Terza sezione giurisdizionale centrale di appello, che con deliberazione del 27 agosto 2019 n. 155, ha ritenuto esenti da responsabilità alcuni dirigenti per mancanza della colpa grave, in considerazione delle gravi carenze degli organici e delle professionalità richieste, ma soprattutto per l'immediata attivazione di concorsi pubblici per la provvista delle richieste professionalità.
Secondo il collegio contabile di appello le motivazioni evidenziate dai dirigenti erano fondate, ritenendo che non sussistevano elementi sufficienti per rilevare una gravità della colpa che, come si sa, impone al giudice contabile di dover effettuare una doppia valutazione.
Nella motivazione della sentenza, si precisa che la prima riguarda il fondamento normativo della regola a contenuto cautelare che esprime, in termini di prevedibilità, prevenibilità ed evitabilità, la misura della condotta – diligente, perita e prudente – sulla quale il legislatore ha riposto l'affidamento per prevenire ed evitare il rischio di conseguenze patrimoniali negative per l'erario.
In questo caso il giudice contabile dovrà verificare la conoscenza, o la conoscibilità (prevedibilità) da parte dell'agente e le condizioni di operatività (prevenibilità, evitabilità) nelle quali sono state poste in essere le condotte.
La seconda valutazione, prosegue poi la sentenza, riguarda la corretta individuazione da parte dell'agente della situazione gestionale tipica che richiede l'adempimento degli obblighi di servizio a contenuto cautelare (prudenza, diligenza e perizia), la sussistenza delle condizioni operative per il loro adempimento, l'inesistenza di circostanze anomale dell'agire che ne impediscano l'osservanza o falsino la percezione dell'agente circa il necessario adempimento degli obblighi cautelari.
 
La descrizione dell'iter motivazionale nelle norme.
Sol per voler menzionare qualche disposizione, si rammenti l'art. 7, comma 6 del dlgs 165/2001 nel quale si precisa che «per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio», e dopo aver «preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno», l'ente può rivolgersi all'esterno conferendo un incarico assolutamente temporaneo e altamente qualificato a soggetto con maturata esperienza nel settore.
Lo stesso dicasi per gli affidamenti diretti di cui all'art. 36 del codice dei contratti per i quali, all'art. 32, comma 1 si richiede l'allegazione delle ragioni della scelta e non meno gli affidamenti di cui all'art. 63 comma 2 lett b) quelli cd a contraente determinato per i quali addirittura si deve dimostrare di non aver alternative possibili neppure nel mercato. In altri termini, ogni qualvolta il legislatore contempla casi di affidamento all'esterno di incarichi anche quando applica la normativa della contrattualistica media addirittura il sacrificio che subisce la concorrenza con le peculiarità e specificità del soggetto a cui si affida, ma pur sempre passando per una motivazione rigorosa la cui illogicità potrà esser misurata solo dal giudice amministrativo.
 
La sintesi dell'iter deliberativo
Dalle disposizioni innanzi citate, dall'insieme delle norme che regolano l'esternalizzazione e dalla giurisprudenza che si è andata via via formando sia in sede di controllo che in sede giurisdizionale, è possibile riassumere i seguenti criteri per valutare la legittimità degli incarichi esterni:
a) rispondenza dell'incarico agli obiettivi dell'amministrazione;
b) inesistenza, all'interno della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento dell'incarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
c) indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell'incarico;
d) indicazione della durata dell'incarico.
Ma soprattutto è dato cogliere un principio normativo di fondo che disciplina tutta la materia: il conferimento di incarichi all'esterno, in qualunque delle ipotesi sopra riportate, è consentito solo allorquando nell'ambito della dotazione organica non sia possibile reperire personale competente ad affrontare problematiche di particolare complessità o urgenza. Ma va da sé che come fatto osservare in tutti i consessi da brillanti consiglieri della Corte dei conti, gli esterni sono sempre e comunque responsabili a loro volta del danno erariale eventualmente cagionato all'amministrazione con la loro attività (recente, Sezione della Lombardia deliberazione n. 68/2020, intervenuta su una relazione al rendiconto del revisore incompleta, lacunosa, da non potere desumere il giudizio formulato, nella quale, la Corte ha ordinato la trasmissione della pronuncia all'ordine professionale di appartenenza e alla Prefettura).
Sostanzialmente, la pubblica amministrazione deve uniformare i propri comportamenti a criteri di legalità, economicità, efficienza e imparzialità, dei quali è corollario, per ius receptum, il principio di autosufficienza ricordato per cui essa, nell'assolvimento dei compiti istituzionali, deve avvalersi delle proprie strutture e del personale, fermo restando che il ricorso all'esterno a professionisti qualificati non può esser demonizzato e non costituisce ex sé danno erariale.
*avvocato
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