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13/01/2020 - Preavviso di diniego e termini per controdedurre: gli obblighi dell’amministrazione in caso di osservazioni tardive

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Preavviso di diniego e termini per controdedurre: gli obblighi dell’amministrazione in caso di osservazioni tardive
di Michele Deodati - Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
Avvio del procedimento per annullamento in autotutela e preavviso di diniego: l’impugnazione
Un privato ha impugnato un provvedimento comunale con il quale l’amministrazione ha annullato in autotutela un premesso di costruire precedentemente rilasciato, unitamente alla conseguenziale ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi. In sostanza, il ricorrente ha lamentato la violazione dei principi del giusto procedimento, per difetto di motivazione ed istruttoria, oltre che per erronea applicazione del preavviso di diniego di cui all’art. 10-bis della L. n. 241/1990. Con la sentenza n. 5788 del 9 dicembre 2019, il T.A.R. Campania ha accolto il ricorso.
Quanto ai fatti, il Comune, dopo aver inviato la comunicazione di avvio del procedimento in autotutela finalizzato all'annullamento del permesso di costruire - nella quale erano espresse le ragioni per cui il permesso di costruire risultava illegittimo - avrebbe illegittimamente concluso il procedimento senza prendere in esame le osservazioni presentate dal privato, integrando un vizio di difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto gravato. Nell’atto finale, si legge anche che le osservazioni sarebbero state presentate tardivamente, in quanto successive allo spirare del termine di dieci giorni che la legge stabilisce come termine minimo per la presentazione di osservazioni, eventualmente corredate da documenti, dopo che l’amministrazione ha recapitato il preavviso di diniego.
Notiamo come, nel caso di specie, la comunicazione di avvio del procedimento in autotutela recasse contestualmente il preavviso di rigetto, con fissazione del termine di dieci giorni per controdedurre, per quanto il procedimento in autotutela non sia avviato su istanza di parte ma d’ufficio. In realtà, l’amministrazione avrebbe potuto scegliere di avviare il procedimento di annullamento senza dare luogo all’attivazione dell’art. 10-bis, ma ritenendo sufficiente, in ossequio al principio del contraddittorio, la semplice fissazione di un termine per presentare controdeduzioni.
Termine per controdedurre nell’art. 10-bis della L. n. 241/90: perentorio o ordinatorio?
Il ricorrente si è però opposto alla ricostruzione offerta dal Comune resistente circa la tardività delle osservazioni, affermando che il termine di dieci giorni indicato nella comunicazione di avvio del procedimento non doveva intendersi come perentorio, in quanto al momento del deposito delle osservazioni il procedimento non era ancora concluso.
Nel merito, l’avvio del procedimento di annullamento è stato emesso sulla base di carenze documentali e professionali (titolo di IAP) che dovevano essere colmate ai fini di ottenere legittimamente il permesso di costruire. Oltre ad aver rilevato che l’invio delle integrazioni è avvenuto pienamente nei termini fissati, il Collegio ha evidenziato che anche qualora la presentazione delle osservazioni fosse risultata tardiva, il provvedimento risulterebbe ugualmente illegittimo, stante la non perentorietà assoluta del termine previsto per la presentazione delle osservazioni. Infatti - ha aggiunto la Sentenza n. 5788 del 9 dicembre 2019 - se è vero che l’Amministrazione, decorso inutilmente detto termine, può legittimamente pronunciarsi in assenza di osservazioni, la medesima Amministrazione ha l’obbligo di esaminare le osservazioni che siano rese tardivamente ma prima della chiusura del procedimento con la determinazione finale, in conformità a principi di buona amministrazione e di obbligo di correttezza e buona fede di comportamento nella relazione con i privati.
Va inoltre ricordato che l’Amministrazione comunale, dopo aver indicato che le osservazioni sono state presentate tardivamente, non ne ha fatto derivare in modo automatico la non considerabilità ai fini di definire il procedimento, ma al contrario ha rilevato espressamente che tali osservazioni non superano i motivi ostativi di cui ad una precedente nota comunale, dando così atto, per implicito, di averle comunque prese in considerazione, anche se non le ha confutate esplicitamente in sede motivazionale. Se da un lato l’amministrazione non è gravata da alcun obbligo di specifica disamina e confutazione delle singole osservazioni e controdeduzioni formulate dalla parte nell'ambito della partecipazione procedimentale, in quanto è sufficiente che sia dimostrata mediante la motivazione l'intervenuta acquisizione, cognizione e valutazione dei contributi partecipativi, va tuttavia riconosciuto in ogni caso, a fronte di specifiche osservazioni e produzioni documentali ritenute in precedenza mancanti, l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi, aggiornando le motivazioni del provvedimento negativo prospettate nell’atto che invita il privato a partecipare al procedimento, dal momento che gli apporti del privato siano tali da far ritenere superati i motivi di diniego precedentemente espressi.
Nemmeno l’art. 21-octies L. n. 241/1990 può essere invocato per giustificare l’atteggiamento del Comune, sia perché l’autotutela è esercizio di un potere discrezionale, sia perché il contenuto dispositivo dell’atto poteva essere diverso, se solo l’ente avesse valutato il materiale oggetto di integrazione. Ricordiamo che l’articolo da ultimo richiamato stabilisce la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
A fronte dell’annullamento del provvedimento di autotutela, l’amministrazione mantiene comunque la possibilità di riesercitare il potere di annullamento in autotutela, e potrà farlo valutando le osservazioni presentate dalla parte privata.
Potere di annullamento, termine ragionevole e termine di diciotto mesi
Per quanto non applicabile al caso concreto, è appena il caso di ricordare che l’esercizio del potere di annullamento in autotutela può essere esercitato oltre il termine di diciotto mesi, mentre il testo previgente parlava di “termine ragionevole”.
Cosa accade se il potere di autotutela viene esercitato ben oltre i diciotto mesi? Per consolidato orientamento giurisprudenziale (ribadito da Consiglio di Stato, Sentenza n. 7476/2019), lo stesso termine risulta applicabile nella sua rigida previsione solo in relazione ai provvedimenti di annullamento in autotutela che abbiano ad oggetto provvedimenti che siano, anch'essi, successivi all'entrata in vigore della nuova disposizione. Quando invece ci troviamo di fronte a provvedimenti già adottati, il termine suddetto integra un parametro di riferimento per valutare la "ragionevolezza del termine" dell'intervento di riesame. Il nuovo termine legislativamente predeterminato non sostituisce "in toto" il "termine ragionevole" (e indeterminato) il quale, presente fin dall'originaria formulazione della disposizione delineata dalla L. n. 15/2005, continua a costituire il parametro normativo di riferimento laddove non possa trovare applicazione, "ratione temporis", il termine dei 18 mesi. Il termine "ragionevole" decorre soltanto dal momento della scoperta, da parte dell'Amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell'atto di ritiro, come insegna Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8.
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