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09/01/2020 - Principio di equivalenza - limiti - contenuto - ratio (Art. 68 D. Lgs. n. 50/2016)

tratto da sentenzeappalti.it
Principio di equivalenza - limiti - contenuto - ratio (Art. 68 D. Lgs. n. 50/2016)
08.01.2020 REDAZIONE
 
La giurisprudenza è ormai pacifica (per tutte, da ultimo, Cons. di Stato, sez. III, 18 settembre 2019 n. 6212) nell’affermare che:
– “il principio di equivalenza” permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017n. 6561/2018)”;
– “trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti … e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità (cfr. Cons. Stato, III, n. 6721/2018)”;
– “l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, n. 2013/2018n. 747/2018).”
Questa Sezione ha, peraltro, recentemente in proposito altresì precisato (sentenza n. 13499 25.11.2019), quanto al principio di cui all’art. 68 d.lgs. 50/2016, che:
“tale criterio risponde al più generale principio del favor partecipationis (id est: ampliamento della platea dei concorrenti), costituendo dunque espressione della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti. Ogni deroga a tale finalità di carattere generale deve di conseguenza essere suscettiva di stretta interpretazione: di qui l’esigenza di limitare entro rigorosi limiti applicativi l’area dei requisiti tecnici minimi e di dare spazio – parallelamente ma anche ragionevolmente e proporzionalmente – ai prodotti sostanzialmente analoghi a quelli espressamente richiesti dalla disciplina di gara” …”ne consegue, sul piano più strettamente applicativo, che un siffatto giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte: deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando. Di qui il ricorso ad un criterio di sostanziale ottemperanza, da parte dei prodotti ritenuti equivalenti, rispetto alle ridette specifiche (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013). Specifiche che, in questo modo, “vengono in pratica comunque soddisfatte” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364) … sul piano procedimentale il meccanismo di cui al citato art. 68, comma 7, non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto. Con il nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016) non risulta infatti più esplicitamente richiesta una “separata dichiarazione” da allegare all’offerta, bastando altresì al riguardo una prova da includere nell’offerta stessa con qualsivoglia mezzo appropriato. Prova questa da fornire in funzione della natura e dell’importanza della relativa fornitura (cfr. artt. 68 e 86 codice appalti), dunque anche mediante una specifica descrizione del prodotto”
-il giudizio di equivalenza costituisce pacificamente legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 febbraio 2018, n. 1904). Pertanto, il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso, ossia sulla palese inattendibilità della valutazione espressa dalla stessa commissione di gara.”
Ciò posto, e ritenendo del tutto condivisibili i citati precedenti, rileva il Collegio che nel caso di specie non solo il principio di cui all’art. 68 d.lgs. 50/2016 è richiamato dalla lex specialis di gara e la controinteressata ha fornito specifica attestazione in tal senso (in data 22 gennaio 2018) – pur non essendo ciò necessario – ma, vieppiù, nella valutazione della commissione, che come detto ben può essere effettuata in forma implicita (come avvenuto nel caso di specie, con riguardo alla valutazione contenuta nel verbale n. 9 della seduta della commissione di gara in data 4 ottobre 2018 in cui anche i prodotti offerti dalla aggiudicataria sono stati nella sostanza ritenuti conformi, “analizzando la campionatura e le schede tecniche presentate dalle società concorrenti”, dunque mediante richiamo alla predetta documentazione tecnica di parte, ivi ricompresa la citata dichiarazione di equivalenza), non si ravvisano gli specifici vizi che ne determinano la permeabilità al sindacato giurisdizionale.
La pur diffusamente argomentata distinzione tra metodi di disinfezione e metodi di sterilizzazione, sostenuta dalla società ricorrente anche con il supporto di argomentazioni scientifiche, è stata infatti ritenuta dalla stazione appaltante, tramite l’aggiudicazione alla controinteressata, non significativa ai fini della fornitura dei dispositivi in questione, con implicita valutazione in merito alla equivalenza delle metodiche proposte rispetto a quelle indicate dal capitolato rispetto ai fini per i quali le stesse sono richieste (cioè il riutilizzo della maschera in condizioni di sicurezza per il paziente).
Ne consegue che le relazioni tecniche prodotte da entrambe le parti a sostegno delle rispettive tesi potrebbero, al più, stare ad indicare che tale giudizio di equivalenza può essere opinabile, ma di sicuro non del tutto errato ovvero inattendibile, così che lo stesso non può essere oggetto del sindacato intrinseco (rectius, di merito) che, in sostanza, la ricorrente chiede venga in questa sede esercitato.
In altre parole, il giudizio della commissione sull’equivalenza del metodo di pulizia utilizzato dalla controinteressata, espressione di discrezionalità tecnica, non risultando affetto da quegli aspetti di macroscopica ed evidente illogicità o erroneità che soli possono consentirne, secondo la consolidata interpretazione della giurisprudenza, il sindacato, non può essere sostituito con quello del giudice, con conseguente necessario rigetto delle pur articolate censure mosse in ricorso in ordine allo stesso.
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