4/12/2020- Semplificazione e mercato in edilizia nella legislazione emergenziale
Sommario: 1. Premessa. – 2. Autocertificazioni in funzione legittimante e segnalazione certificata di inizio attività. – 3. Il nuovo perimetro degli interventi edilizi liberalizzati. – 4. Segnalazione certificata di inizio attività e fattispecie concessorie. – 5. Profili ricostruttivi.
1. Premessa
Gli interventi legislativi e gli atti amministrativi generali più recenti, preordinati ad arginare e mitigare gli effetti spiegati dalla diffusione del fenomeno pandemico, denominato Covid-19, sulla salute e sulla incolumità delle comunità e dei cittadini, sulle intraprese private, sui livelli occupazionali e sulla competitività del “sistema Paese”1 si sono innestati – ampliandone portata ed effetti, in relazione a taluni settori dell’ordinamento e, con tratti di assoluta evidenza, sul regime dell’ordinato assetto dei suoli e di trasformazione del territorio – su di un processo – del pari torrenziale e non sempre univoco – di riforma dei principi e delle regole che disciplinano il procedimento e, in particolare, quella parte di azione della pubblica Amministrazione preordinata a legittimare l’esercizio di attività private o a conformare, sin dal momento genetico, l’iniziativa economica.
Si tratta di una tendenza, che rimonta all’emanazione della l. n. 241 del 1990 e s.m.i., cui ineriscono esigenze involgenti sia l’individuazione e l’introduzione di metodologie innovative dell’azione della pubblica Amministrazione, sia la connessa attività di realizzare obiettivi di interesse pubblico attraverso forme di decostruzione amministrativa della disciplina delle attività d’impresa, oggi rese assai più impellenti 2.
Invero, la riduzione dei cd. “costi burocratici” a carico del sistema produttivo è, da tempo, obiettivo delle politiche legislative: la maggior parte dei procedimenti oggetto di semplificazione riguarda, infatti, l’intrapresa privata ed il sostegno alla crescita e allo sviluppo economico3, sì da liberare «l’azione amministrativa dai principali impacci in ordine alle fonti, al procedimento, alla eccessiva invadenza sulle attività private»4, nella direzione di una ridefinizione della frontiera pubblico-privato e l’approdo ad un nuovo “statuto” delle libertà economiche - sollecitato dall’affermarsi, sempre più prepotente, di una regolamentazione multilivello5 (ordinamento eurounitario, organismi internazionali e ordinamenti statale, regionali e locali6) delle attività imprenditoriali7 - che prefigura una diversa prospettiva delle relazioni tra Stato e mercato8, anche sul versante del procedimento amministrativo9. In tale solco – si è detto – sembra potersi collocare parte della normazione emergenziale (d.l. 16 luglio 2020, n. 76 e d.l. 19 maggio 2020, n. 34), volta a porre riparo agli effetti di una congiuntura economica già negativa e infortiata dai meccanismi “sospensivi” dei comparti produttivi considerati non essenziali, messi in campo a salvaguardia della salute pubblica e dalla crisi sanitaria, non solo con la previsione di misure economiche compensative e indennizzi ma, anche, attraverso l’ulteriore enfatizzazione di tecniche ed istituti della semplificazione, già sperimentati nel nostro ordinamento.
Nell’ambito di tale fenomenica sono stati ascritti – come è noto – regole e precetti preordinati ad una intensa attività di delegificazione e, parallelamente, all’alleggerimento delle attività istruttorie, al “salto” della funzione consultiva, alla contestualizzazione dell’esame ponderato dei diversi interessi implicati da una scelta amministrativa e finanche alla sostanziale inversione della normale sequela procedimentale, poiché la fase istruttoria di verifica viene collocata nel momento successivo all’inizio dell’attività del privato (segnalazione di inizio attività) o, ancora, all’elisione mera del provvedimento finale attraverso la fictio juris del silenzio al quale la legge, attribuendo rilievo al decorso del tempo, riconnette gli effetti della decisione amministrativa espressa.
In tal modo, quando non obliterati, i moduli procedimentali ordinari vengono semplificati mediante la riduzione delle fasi e delle Amministrazioni intervenienti ovvero la predeterminazione dei termini10, resi certi attraverso la previsione di effetti automatici e sostitutivi, in ipotesi di mancata osservanza degli stessi. L’opponibilità degli interessi pubblici viene, così, limitata alla tutela dei soli interessi legati a valori fondamentali (libertà individuale, salute, ambiente, etc.) o alle ipotesi in cui la normativa europea imponga l’adozione di provvedimenti amministrativi.
La discrezionalità tende, dunque, ad assumere la consistenza della tecnica, attraverso la previsione di requisiti di accesso al mercato standardizzati, nell’ambito di una attività amministrativa sempre più vincolata11.
La complessità delle problematiche innescate dalla logica appena citata, ha suscitato l’interesse della dottrina, di volta in volta impegnata ad identificare gli ambiti applicativi dei corrispondenti istituti giuridici, ad esplorare gli effetti dell’applicazione di metodologie – oramai sperimentate su larga scala – sull’assetto tradizionale dei pubblici poteri ed a risolvere le interferenze, talora solo terminologiche, della semplificazione con altre fattispecie variamente denominate (accelerazione, autoamministrazione, auto-regolazione, liberalizzazione, de-amministrazione), attraverso criteri di natura teleologica e funzionale.
I più significativi orientamenti in materia sono stati ricondotti a categorie concettuali comunemente accolte nell’ambito di un ordine sistematico, sia pur non ancora consolidato.
Sennonché la ricerca di un punto di equilibrio tra vecchi schemi e nuove metodologie di azione amministrativa sembra segnare il passo all’esito dell’ulteriore aggiornamento di taluni ordinamenti sezionali – ed in particolare del regime delle trasformazioni dei suoli – novellato dai decreti “cura Italia” (d.l. 17 marzo 2020, n. 18) e “rilancio” (d.l. 19 maggio 2020, n. 34) che sollecitano rinnovate riflessioni sui nuovi modelli “semplici” e “rapidi” di azione cui deve ora conformarsi la p.A. nell’esercizio del suo potere discrezionale.
La versione aggiornata della normativa emergenziale che ha interessato i titoli abilitativi in edilizia restituisce un esempio paradigmatico dell’opzione del legislatore verso moduli di (ulteriore) accelerazione della decisione finale, in funzione del rilancio – necessitato – della competitività delle imprese ed in ragione di una coincidenza tra interesse pubblico e interesse del richiedente che si affranca da ogni istruttoria, comparazione di interessi e motivazione in relazione alle procedure di controllo sulla conformità alla normativa urbanistica degli interventi edilizi12, che continua a conservare un regime giuridico “sempre vivo”, dovendo «fare i conti in continuazione»13 non solo con la proprietà ma, anche e soprattutto, con l’iniziativa economia privata14.
Ciò, in primo luogo, perchè gli interventi legislativi sembrano avere quale elemento unico comune l’intento di agevolare il dispiegarsi della iniziativa dei privati che rischia di offuscare l’interesse pubblico, insito nella procedimentalizzazione dell’azione amministrativa e nel rapporto tra cittadino e pubblica Amministrazione15 e rende difficile persino l’individuazione delle linee fondamentali lungo le quali si articola l’evoluzione del diritto d’uso dei suoli, come delineato nell’impalcatura concettuale edificata dalla dottrina16. Così, al fine di assicurare «la massima semplificazione, l’accelerazione dei procedimenti amministrativi e la rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese», sia pur sino al 31 dicembre 2020 ed in ogni caso in coincidenza con l’emergenza sanitaria, si prevedono regimi speciali «che derogano a talune regole del procedimento amministrativo»17 in luogo di una differente disciplina – transitoria – degli interventi sul territorio.
Le recenti disposizioni dettate in relazione all’attività edilizia semplificata o liberalizzata – già riformata attraverso la delegazione contenuta nella legge cd. “Madia” 18 – continuano, dunque, ad inverare la tendenza ad una sorta di abbandono di campo della p.A. – sia pur in ragione di una esigenza di rilancio e resilienza delle attività produttive – cui si correla non già un piano di razionalizzazione dell’agire amministrativo – incentrato sull’efficientamento informatizzato delle strutture organizzative, ad esempio – quanto, piuttosto una dequotazione mera dell’interesse pubblico e della procedimentalizzazione dell’azione amministrativa: il ruolo assegnato alle dichiarazione rese, in forza degli articoli 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 che sostituiscono, anche in deroga ai limiti previsti dalla disciplina di settore, ogni certificazione e attestazione non genera certezza, anche in considerazione dell’autoresponsabilizzazione del tecnico incaricato o del cittadino, in un settore in cui le valutazioni discrezionali dell’Amministrazione appaiono più dense che in altre fattispecie di intrapresa privata.
Trattasi di innovazioni normative che – pur fondate sulla straordinarietà degli accadimenti - eccedono l’aspetto meramente terminologico attribuito alla semplificazione procedimentale in funzione della competitività delle imprese19, incidendo ulteriormente, al contrario e sul piano dell’effettività, sul ruolo assegnato ai soggetti pubblici in relazione alle procedure di controllo sulla conformità degli interventi edilizi o di trasformazione del territorio alla normativa urbanistica, talvolta anche in ordine a beni – per tradizione – oggetto di una tutela costituzionalmente orientata (patrimonio culturale, paesaggio, art. 17 bis l. n. 241 del 199020).
Così come congegnati i correttivi all’eventuale inerzia dell’apparato amministrativo – indotta dalla temporanea chiusura degli uffici e dal tempo occorrente alla prefigurazione di un modello di lavoro cd. smart – introdotti dal legislatore si appuntano su di una ulteriore compressione della fase istruttoria di verifica che viene collocata nel momento successivo all’inizio dell’attività del privato, con una contestuale attenuazione dei controlli ed un frettoloso accorpamento di quei procedimenti che si riferiscano alla medesima attività o che si svolgano presso Amministrazioni diverse o presso uffici diversi della stessa p.A., così delineando un quadro di incertezze che si riflette sulle esigenze di garanzia e di stabilità del diritto, in ragione di un livello di agilità giuridica che, per converso, riversa sul cittadino istante il rischio e la responsabilità della verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti abilitanti all’esercizio dell’attività, ora autocertificata.
Le modifiche legislative al d.P.R. n. 380 del 200121 – secondo una tecnica normativa non sempre ispirata a criteri di razionalità – possono così sintetizzarsi, a grandi linee:
- il d.l. “cura Italia” del 17 marzo 2020, n. 18 – poi convertito con successiva l. 24 aprile 2020, n. 27 ha disposto una sospensione dei termini di decadenza dei titoli abilitativi all’esito della dichiarata emergenza22;
- l’art. 264 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 ha introdotto nuove misure di liberalizzazione e semplificazione degli interventi in materia edilizia, ampliando l’ambito di applicazione delle autocertificazioni di cui al d.P.R. n. 445 del 2000;
- la medesima norma ha modificato le previsioni in materia di segnalazione certificata, oggi estesa anche agli immobili privi di agibilità che pur presentino: a) i requisiti definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo e con il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto semplificazioni; b) per le opere edilizie e per la realizzazione o riqualificazione degli edifici esistenti da destinare ad infrastrutture sociali, strutture scolastiche e universitarie, residenze per studenti, strutture e residenze sanitarie o assistenziali, ostelli, strutture sportive di quartiere ed edilizia residenziale sociale, realizzate da pubbliche Amministrazioni, da società controllate o partecipate da pubbliche Amministrazioni o enti pubblici, se avviate entro il 31 dicembre 2022 e mediante interventi di ristrutturazione urbanistica, edilizia ovvero demolizione e ricostruzione, cui accede un incremento volumetrico fino al 20% ed il possibile trasferimento su altre aree dei diritti edificatori eventualmente acquisiti;
- si amplia l'ambito di applicazione della manutenzione straordinaria ed il regime delle attività di edilizia libera, cui potranno essere ricondotte le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee ed anche quelle stagionali. Le opere dovranno essere destinate all'immediata rimozione al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni, il cui computo include i tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all'Amministrazione comunale. Rientrano in tale tipologia anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati, necessarie per mantenere o acquisire l'agibilità dell'edificio ovvero per l'accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell'edificio, purché l'intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. All’alveo del regime della ristrutturazione edilizia sono ascritti gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente disciplinati dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono, inoltre, ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.
- il decreto norma, altresì, la figura juris della cd. “tolleranza edilizia”, assai rilevante in sede di verifica dell'agibilità. Il mancato rispetto delle altezze, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo. Al di fuori dei casi innanzi indicati, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilità dell'immobile.
- vistose innovazioni subisce il regime delle variazioni di destinazioni d'uso, ricondotto nell’ambito dell’attività edilizia libera, purché non accompagnate da mutamenti urbanisticamente rilevanti, implicanti incremento del carico urbanistico.
2. Autocertificazioni in funzione legittimante e segnalazione certificata di inizio attività
L’incessante ricerca di “alchimie” o “formule magiche” per rilanciare l’economia partendo dalle (e fermandosi alle) regole sull’azione amministrativa, in materia urbanistica ed edilizia ha indotto anche il legislatore dell’emergenza a ridisegnare, ancora una volta, l’istituto della autodichiarazione del privato.
Per vero, il regime giuridico della denuncia di inizio attività23 (recte: segnalazione certificata di inizio attività) è stato interessato da numerosi interventi correttivi, volti a ricalibrarne portata ed effetti. Dapprima, si sono esclusi dall’ambito di applicazione della dichiarazione in funzione legittimante gli interventi di trasformazione del territorio, in ragione del rapporto tra disciplina generale e disciplina speciale (l. n. 537 del 1993); con la l. n. 662 del 1996 ed il successivo d.P.R. n. 380 del 2001 si è disposta l’estensione del regime della denuncia di inizio attività a tutti gli interventi edilizi, individuati alla stregua di un criterio tipologico-descrittivo; superata la querelle innescata dal Ministero della semplificazione normativa24, la figura juris in esame è stata infine trasfusa25 nella disciplina speciale di settore26
Nella legge di conversione del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, è stato modificato il regime giuridico del potere di autotutela della p.A.27. I d.lgs. nn. 126 e 220 del 2016 hanno, più di recente, operato un riordino complessivo dell’istituto giuridico in esame.
Sugli interventi normativi appena accennati si sono innestati i contributi dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 15 del 29 luglio 201128 e, successivamente, della Corte costituzionale con la sentenza n. 164 del 26 giugno 201229 e del Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 settembre 2014, con le sentenze nn. 4764 e 478030 in materia di poteri inibitori e di autotutela della p.A.
Il quadro interpretativo si è poi arricchito delle elaborazioni – suscitate dalla complessità delle problematiche rivenienti dall’introduzione nel nostro ordinamento dell’autodichiarazione del privato, che, come si è osservato, avrebbe dovuto costituire (unitamente al silenzio assenso), il «nucleo forte» della semplificazione31 - della dottrina giuspubblicistica: alle modifiche che hanno interessato il regime giuridico della dia/scia si è accompagnata una continua rivisitazione delle opzioni ermeneutiche relative alla natura giuridica ed al trattamento processuale dell’istituto in esame.
Le ricostruzioni teoriche – sia pur assai variegate - proposte in relazione alla disciplina generale, all’evoluzione ordinamentale della denuncia/dichiarazione/segnalazione di inizio attività32, alle modalità di produzione degli effetti giuridici33, alla qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte, alle regole procedimentali, alla tutela processuale dell’interessato e dei terzi34, alla qualificazione ed ai termini di esercizio dell’attività amministrativa successiva all’iniziativa del privato, hanno assolto al ruolo di supplenza di un legislatore, spesso incline a congegnare tecniche semplificatorie frutto di confuse e ambigue ibridazioni35.
Ma pur a fronte delle elaborazioni fondamentali della dottrina e degli sforzi esegetici della giurisprudenza, i profili che contraddistinguono la segnalazione del privato si presentano ancora, in parte, controversi, rendendo difficile l’individuazione di elementi di stabilità di un istituto che continua a generare incertezza36, anche per effetto degli interventi normativi più recenti.
Limitandoci in questa sede a qualche spunto di riflessione non può non evidenziarsi che già l’intento di riordino complessivo dei meccanismi di semplificazione, operato dalla l. n. 124 del 2015 e dalla successiva decretazione delegata (dlgs. n. 222 del 2016) che all’istituto giuridico in esame dedica l’art. 3 (che modifica, altresì, alcuni articoli della legge 241 del 1990 e inserisce gli artt. 18 bis e 19 bis), lascia tuttora insolute – sul piano del diritto positivo – talune delle problematiche, le più rilevanti, suscitate dal rapporto tra l’interesse pubblico e l’interesse delle imprese alla semplificazione dell’assentibilità degli interventi edilizi, in relazione alla loro attitudine ad oltrepassare la soglia di “attenzione” urbanistico-edilizia, in un quadro di lacune e antinomie.
Per un primo profilo – in disparte le disposizioni tendenti ad uniformare, sul territorio nazionale modulistica standardizzata e ad incentivare le comunicazioni telematiche – una delle più significative novità recate dal d.lgs. n. 126 del 2016 in relazione all’introduzione del regime della s.c.i.a. c.d. unica (art. 19 bis, legge n. 241 del 1990), in ragione di una maggiore celerità e speditezza dell’azione amministrativa – nei casi di pluralità di atti di assenso (anche presupposti) di altre Amministrazione - sembrerebbe limitarsi a replicare principi e meccanismi di accelerazione procedimentale già esistenti (sportello unico e conferenza di servizi).
La dichiarazione del privato, nelle ipotesi in cui siano necessarie per lo svolgimento dell’attività, ulteriori segnalazioni, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni o notifiche – secondo il principio di concentrazione dei regimi amministrativi - può essere, infatti, presentata ad una qualsiasi delle Amministrazioni competenti: su quest’ultima graverebbero poi tutti gli incombenti istruttori – nei termini stringenti per l’adozione eventuale dei provvedimenti inibitori, di rimozione o di conformazione – anche attraverso una conferenza di servizi semplificata37.
Il che – in disparte i problemi di coordinamento tra disciplina generale e regimi speciali - non può che destare perplessità in relazione all’introduzione dell’art. 17 bis l. n. 241 del 1990 in tema di silenzio assenso tra pubbliche Amministrazioni38, ed al difetto di raccordo tra i diversi decreti delegati.
Sul versante dei provvedimenti di competenza della p.A. in ordine all’attività segnalata la disciplina dell’istituto è stata nel 2016 parzialmente modificata, in coerenza con i nuovi limiti al potere di autotutela caducatoria, anche in ordine al dies a quo relativo alla decorrenza dei 18 mesi per l’annullamento d’ufficio. Solo in presenza delle condizioni previste dall’art. 21 nonies l’Amministrazione comunale potrà adottare il divieto di prosecuzione dell’attività anche dopo la scadenza del termine di rito (interesse pubblico, termine ragionevole, interessi dei terzi), cristallizzato alla data di ricevimento della c.d. “ricevuta” da parte dell’ufficio competente. Sopravvive, tuttavia, l’art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001 in materia di potere sostitutivo delle Regioni, con le ovvie conseguenze sul piano della individuazione della fonte del diritto applicabile e delle interferenze tra disciplina generale e disciplina speciale.
Le scelte operate con la riforma “Madia” sembrano, dunque, indurre l’Amministrazione a ritrarsi ulteriormente dal suo ruolo tradizionale di garante ex ante della legittimità dell’intervento e della rispondenza dello stesso all’interesse pubblico. Secondo la classificazione elaborata dal Consiglio di Stato nel parere n. 839 del 30 marzo 2016, le modifiche introdotte alla l. n. 241 del 1990 attribuirebbero «un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi) all’Amministrazione destinataria della segnalazione, esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA, dando la preferenza ai poteri conformativi, ‘qualora sia possibile’» (per gli interventi in materia edilizia il termine di intervento è di 30 giorni in forza del comma 6 bis, l. n. 241 del 1990, non modificato dalla recente novella legislativa). Sennonché, la nuova formulazione del comma 3 dell’art. 1939 modifica
parzialmente il regime di esercizio dei poteri di intervento della p.A. competente e specificamente proprio di quello conformativo, riducendone la portata. V’è, infatti, la previsione che l’esercizio del potere conformativo con la relativa comunicazione al segnalante (art. 21 bis, l. n. 241 del 1990), non legittimerebbe l’autorità preposta al controllo a disporre la sospensione dell’attività segnalata – così come previsto dalla previgente disciplina normativa - essendo stato abrogato l’inciso «disponendo la sospensione dell’attività intrapresa», in base al quale la prescrizione della conformazione doveva obbligatoriamente essere accompagnata dall’ordine di sospensione dell’attività (non derivando la sospensione direttamente dalla prescrizione di conformazione); per altro verso il novum legislativo sembrerebbe prevedere la sospensione (solo ed esclusivamente) «in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale».
Il provvedimento conformativo non implicherebbe più, ex se, la sospensione (che, comunque, deve essere espressamente dichiarata e che non deriva automaticamente ex lege dalla mera comunicazione dell’atto conformativo), fatte salve le due fattispecie delle false dichiarazioni e di un eventuale lesione di interessi “sensibili” (tipizzati ed individuati) 40.
Non può, dunque, condividersi la scelta del legislatore del 2016, che si appalesa – ed è di tutta evidenza - anche in violazione del principio di proporzionalità, di modificare «la più precisa e inequivoca dizione della vecchia disposizione»41 in cui l’esercizio del potere di correzione preventivo – sempre implicante la sospensione dell’attività - doveva essere esercitato con priorità, dovendosi ordinare la cessazione dell’intervento solo ove ne risultasse impossibile la conformazione42. Sicché, al di fuori della ricorrenza di interessi sensibili o di autodichiarazione falsa o mendace, confezionata dall’istante, l’interesse pubblico insito nell’ordinato sviluppo dell’abitato e nel regime dei suoli non è più giuridicamente protetto da un provvedimento di sospensione, che viene surrogato dalla richiesta di integrazione documentale, si direbbe una forma di soccorso istruttorio.
Ed effetti non diversi sembrano derivare – sul versante dell’effettività del controllo comunale sull’impatto complessivo dell’intrapresa autodichiarata sull’assetto urbanistico – dalla scelta del legislatore di eliminare dal nuovo comma 4 dell’art. 19 il precedente riferimento esplicito alla possibilità di intervento dell’Amministrazione attraverso l’esercizio del potere di revoca: decorso il termine previsto (60-30 giorni) nessun mutamento della situazione di fatto potrebbe giustificare l’esercizio di nuovi poteri.
La comprensione del nuovo scenario che si profila in ordine al favor per la semplificazione sembra complicarsi ulteriormente per effetto delle previsioni di cui ai decreti “cura” e “rilancio”, preordinate ad una riduzione ulteriore dell’attività amministrativa e della quantità e qualità della sua articolazione procedimentale.
Così, ad esempio, il rinvio dei termini per esercitare i poteri di controllo e inibitori da parte dell’Amministrazione o per l’avvio dei lavori nella segnalazione alternativa al permesso sembra trascurare l’ovvia considerazione: «per quanto efficacemente organizzata, non sempre la pubblica Amministrazione può disporre di mezzi tali da consentirle di controllare tempestivamente l’intreccio delle numerose e varie iniziative private soggette a controllo»43.
Or, la l. n. 241 del 1990 prevede, in ogni caso il potere di adottare provvedimenti inibitori o ripristinatori dopo il decorso del termine di trenta giorni qualora sussistano le condizioni previste dall’art. 21 nonies della legge medesima, ovvero in forza di disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal t.u. edil. e dalla legislazione delle Regioni. Non può, tuttavia sottacersi, che successivamente alla presentazione della segnalazione (ad esclusione delle ipotesi di dichiarazioni false o mendaci, che inibiscono il consolidarsi dell’affidamento in capo al segnalante) la legittimità dell’intervento repressivo o ripristinatorio resterà vincolato alla sussistenza dei presupposti sostanziali e procedimentali previsti dall’art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990. Lo spirare del termine di trenta giorni così come di quello successivo di diciotto mesi esaurisce dunque, il potere; sicché, per prevenire pregiudizi, anche solo eventuali, per l’interesse pubblico rivenienti, ad esempio, dal défaut del apparato organizzativo indotto dalla crisi sanitaria, si sarebbe dovuta inserire la previsione di una sospensione dei termini più ampia di quella che reca l’art. 103, comma 1, d.l. n. 18 del 2020 s.m.i. e parametrata in relazione al prefigurabile ritorno alla vita ordinaria.
L’incertezza dei presupposti abilitanti l’intrapresa privata trova ulteriori addentellati nella semplificazione dei procedimenti volti all’adozione di atti ampliativi che estende l’ambito di applicazione delle dichiarazioni rese ex artt. 46 e 47 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, volte a sostituire qualsivoglia documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi artt. 46 e 47 o dalla normativa di settore.
Il legislatore, ancora una volta sposta sul privato l’onere di autodichiarare la sussistenza di «profili di ordine giuridico e tecnico sempre più complessi, sui quali gli stessi organi pubblici istituzionalmente competenti (amministrazioni e giudici) dimostrano oggettive difficoltà di orientamento»44.
Così congegnata, la tecnica semplificatoria sembra esonerare la p.A. dall’onere-dovere di far luogo «almeno ad una sommaria attività istruttoria per accertare l’insussistenza di ragioni di pubblico interesse, ostative alla produzione degli effetti voluti dal privato»45, riversando sul cittadino istante il rischio e la responsabilità della verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti abilitanti all’esercizio dell’attività a fronte di un quadro normativo e giurisprudenziale tutt’altro che cristallizzato46.
La difficoltà di individuare elementi di stabilità in ordine alla ricorrenza dei presupposti di legge per la legittimazione dell’intervento «a prescindere dalla circostanza che il richiedente abbia reso dichiarazioni mendaci o false attestazioni, rappresenta un serio ostacolo (…) all’effettiva garanzia di agevolazione delle attività economiche»47 - anche sul versante della circolazione del “prodotto” edilizio “assentito” per autocertificazione48 - e si pone in contrasto con i principi di buon andamento49 e di buona amministrazione50.
Le conseguenze per l’istante, anche in buona fede, rivenienti dall’incertezza sulla formazione del provvedimento ampliativo richiesto o degli effetti legali equivalenti appaiono agevolmente prefigurabili: l’evenienza che il segnalante - in contrasto con la ratio della tecnica semplificatoria e con il canone generale del legittimo affidamento - incorra nelle fattispecie sanzionatorie tipiche è assai più probabile rispetto alle situazioni caratterizzate da un provvedimento ampliativo espresso, in ragione dei limiti che circondano il potere di annullamento d’ufficio della p.A. e della tutela giudiziaria accordata al cittadino nell’ipotesi di atto illegittimo.
Ulteriori profili di incertezza derivano dalla previsione di cui all’art. 264 del d.l. “rilancio” che ridetermina i confini del potere di autotutela decisoria. La norma dispone che sino al 31 dicembre 2020 «i provvedimenti adottati in relazione all’emergenza Covid-19 possono essere annullati d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro il termine di tre mesi, in deroga all’art. 21 nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241». V’è poi una ulteriore disposizione che fa salvo l’annullamento d’ufficio dei provvedimenti adottati alla stregua di dichiarazioni false o mendaci, riproponendo la formulazione dell’art. 21 nonies, comma 2 bis della legge sul procedimento. Per un verso si introduce, così, un termine – che si direbbe – “ridotto” per l’esercizio del potere di autotutela e, in deroga all’art. 21 nonies della legge n. 241, si invocano ragioni di interesse pubblico, trascurandosi i cardini essenziali della legge sul procedimento che individua nel contradditorio la sede privilegiata per la comparazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
3. Il nuovo perimetro degli interventi edilizi liberalizzati
Non minori perplessità sembrano derivare dalle disposizioni dettate dai decreti dell’emergenza in ordine alla attività edilizia libera.
Ad una logica che è apparsa subito rispondere - con maggiore coerenza - alle esigenze della semplificazione, della stabilità dei rapporti giuridici e della certezza del diritto si era orientato il d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (c.d. “SCIA 2”), preordinato a risolvere le incertezze derivanti dalla difficoltosa delimitazione del regime giuridico delle diverse attività di trasformazione del territorio o di riuso dell’esistente, nonché dalla determinazione degli ambiti di esclusione e dalle interferenze e sovrapposizioni tra titoli legittimanti l’esercizio dell’intrapresa privata nel settore dell’edilizia.
Il legislatore delegato aveva individuato gli interventi soggetti al regime della segnalazione del privato – abbandonando la tecnica della “sottrazione” - distinguendoli dalle attività assoggettate ad un previo assenso dell’Autorità comunale e dalle ulteriori attività totalmente libere51.
In quest’ultima ipotesi il d.lgs. n. 222 del 2016 nel riprendere l’elenco descrittivo degli interventi edilizi in precedenza indicati, ne ha ampliato portata ed effetti, incrementando il novero delle attività di edilizia tradizionalmente definita “libera”, con l’unica prescrizione che gli interventi medesimi siano conformi alla strumentazione urbanistica vigente ed a quelle norme che disciplinano beni ai quali l’ordinamento accorda una particolare tutela (beni culturali, ambiente, paesaggio), e, per la sola ipotesi di manutenzione straordinaria52, ha reiterato la prescrizione di una comunicazione di inizio lavori asseverata da una relazione tecnica autocertificata, senza che ciò elida la portata semplificante del novum normativo reintroducendo nel settore dell’edilizia una forma di autorizzazione implicita53 per le fattispecie di interventi appena richiamati, implicante l’esercizio di un potere discrezionale della p.A.
La comunicazione ivi prevista - come si è osservato54 - è sembrata avere, piuttosto, natura meramente notiziale, idonea ad informare l’Amministrazione comunale, alla quale l’ordinamento assegna l’ordinaria funzione di vigilanza in materia. Per l’altro profilo, il mancato assolvimento di un tale onere informativo rileverebbe ai fini della comminazione di una sanzione pecuniaria diretta a censurare non già l’attività, quanto piuttosto la condotta omissiva, laddove la legittimazione all’esecuzione dell’intervento deriverebbe dall’autocertificata conformità dell’intrapresa alle prescrizioni urbanistiche ed alle ulteriori normative di settore.
La determinazione dell’ampiezza del perimetro dell’attività edilizia libera è stata affidata alle Regioni a statuto ordinario, abilitate ad individuare ulteriori tipologie di interventi liberalizzati o sottoposti al regime della comunicazione asseverata ed i relativi meccanismi di verifica. Invero, la Corte costituzionale55 aveva escluso che alle Regioni fosse consentito di differenziare il regime giuridico degli interventi di attività edilizia libera, dislocando gli interventi edilizi tra le attività deformalizzate, soggette a c.i.l. e c.i.l.a. Le scelte dettate dalle disposizioni statali in materia erano state ritenute dal giudice delle leggi vincolanti per il legislatore regionale ed insuscettibili di espansione o differenziazione nella normativa di dettaglio. Prospettiva che, tuttavia, può dirsi mutata per effetto delle modifiche apportate dal dlgs. 222 del 2016 all’art. 6 del t.u. edil.
Il quadro normativo si oggi è arricchito con la previsione recata dall’art. 264, comma 1, lett. f) del d.l. “rilancio” che introduce un regime speciale per tutti gli interventi anche edilizi, necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza necessitate per far fronte alla crisi sanitaria, ascritti ora all’attività edilizia libera. La disposizione si riferisce alle opere contingenti e temporanee destinate ad essere rimosse con la fine dello stato d’emergenza e che possono esser realizzate nel rispetto delle sole norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di tutela dal rischio idrogeologico e di tutela dei beni culturali e paesaggistici. Tali opere precarie e temporanee, ove non siano assoggettate al regime dell’attività edilizia libera, possono essere realizzate previa comunicazione di avvio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato e dichiarazione dell’interessato, il quale attesti – secondo il modello già richiamato ed incentrato sull’auto-responsabilità – che si tratta di opere necessarie all’apprestamento di misure di sicurezza prescritte per far fronte all’emergenza sanitaria. V’è, inoltre, la previsione in forza della quale le opere contingenti e temporanee destinate ad essere rimosse con la fine dello stato di emergenza, possono anche non esser rimosse purché sia formulata – entro il termine del 31 dicembre 2020 – idonea istanza all’Amministrazione comunale che dovrà emanare, nei successivi sessanta giorni, un provvedimento che ne accerti la conformità rispetto alla regolamentazione urbanistico-edilizia vigente.
In tale fattispecie gli atti di assenso dovranno essere acquisiti in sede di conferenza di servizi semplificata, nel mentre l’autorizzazione paesaggistica è rilasciata, ai sensi dell’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, previo accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento e pagamento di una sanzione pecuniaria pari al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito. Residua all’Amministrazione comunale l’accertamento della conformità degli interventi alla disciplina edilizia ed urbanistica ed agli ulteriori interessi pubblici che possono venire ad emersione, così da prevenire l’evenienza che, dissolta l’emergenza legata alla pandemia, si possano prefigurare spazi di meccanismi sananti gli edifici realizzati e la cui legittimità sarebbe attinta da meri presupposti “contingenti” autocertificati.
4. Segnalazione certificata di inizio attività e fattispecie concessorie
Ulteriori profili problematici sembrano derivare anche dalle previsioni contenute nei decreti “cura” e rilancio” nella parte in cui reiterano la fattispecie di cui alla legge 27 dicembre 2001, n. 433 (cd. legge-obiettivo) ed al decreto legislativo di attuazione 27 dicembre 2002, n. 301 (richiamo già operato dal decreto cd. SCIA 2). Ciò sul versante della prescritta estensione di procedure semplificate - sub specie di segnalazione - a tipologie di intervento edilizio autocertificato, in precedenza soggette esclusivamente al previo rilascio del permesso di costruire, in tutte le ipotesi in cui la Amministrazione comunale abbia provveduto, nella fase della pianificazione urbanistica attuativa. In ipotesi di inerzia dell’Amministrazione, protrattasi per oltre 30 giorni dall’istanza di ricognizione inoltrata dal soggetto interessato, l’attestazione della ricorrenza di tali presupposti è rimessa ad un’autocertificazione asseverata, allegata al progetto di costruzione.
Nel consentire l’esecuzione delle opere mediante segnalazione, il legislatore ha, dunque, presupposto, sul piano del diritto sostantivo, che, in presenza di uno strumento urbanistico generale e del piano attuativo dettagliato ad esso correlato, l’Amministrazione abbia compiutamente esercitato ed esaurito il proprio potere pianificatorio; delegando, eventualmente, al progettista incaricato dal privato
l’asseverazione della compiutezza dei piani attuativi e delle previsioni di dettaglio56. La de-provvedimentalizzazione investirebbe anche gli interventi di nuova costruzione soggetti ad un analogo regime di autodichiarazione del privato, qualora essi si pongano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche, per il mero fatto dell’esistenza di tali prescrizioni, non essendovi spazio per una diversa e più rigorosa disciplina e senza che possa venire in rilievo la ricognizione pubblica ovvero l’asseverazione sostitutiva57.
Si presuppone, dunque, esaurita ogni attività amministrativa implicante la realizzazione dell’interesse pubblico di natura urbanistica nella pianificazione generale ed attuativa, ritenendosi in tal modo superflua l’adozione di un permesso di costruire che sarebbe, oramai, relegato al ruolo di “atto dovuto”58.
Il che non può che suscitare più di una perplessità. Il controllo – oggi fortemente attenuato - e la garanzia preventivi che i corrispondenti interessi pubblici non siano violati vengono, infatti, demandati, nella probabile inerzia del Comune, all’autocertificazione - tecnica ed assistita - della parte privata59, senza più alcun ruolo espressamente attivo della pubblica Amministrazione; questa, semmai, interverrebbe in via repressiva. L’asseverazione sottoscritta dal tecnico incaricato - nella specie in veste di soggetto esercente un servizio di pubblica utilità - si inserisce, tuttavia, all’interno di un procedimento nel quale è destinata a far fede la salvaguardia di beni/valori pubblici fondamentali, quali l’ordine dello sviluppo urbano, la tutela dell’igiene e della salubrità, il rispetto dell’ambiente e del territorio, che sembrerebbero postulare, per loro stessa natura, il mantenimento dell’esercizio della potestà discrezionale del Comune in ordine al vaglio dell’intervento, preventivo e puntuale, avente ad oggetto la compatibilità degli stessi con gli interessi di natura privata60.
Quanto dianzi esposto non manifesta una preconcetta diffidenza verso strumenti giuridici idonei, in linea tendenzialmente generale, ad un minor aggravio del cittadino interessato all’intervento di trasformazione del territorio, in ragione di una maggiore economicità e speditezza61. Ma se la ritirata dalle precedenti posizioni si inserisce in una prospettiva di valorizzazione della competitività di talune categorie di imprese, la frettolosa considerazione delle “ragioni del risultato” pare giustificare le riserve alle quali si è accennato: la rimessione – quasi incondizionata – ad attestazioni private, spesso calibrate sul “massimo ricavo”, sembra dissolvere ogni spazio per valutazioni comunali sull’impatto complessivo dell’intrapresa autodenunciata sull’assetto urbanistico.
Invero, un miglior “risultato” rispetto a quello che emerge dalla conclusione innanzi attinta sembrerebbe potersi individuare in una nuova disposizione normativa - nazionale e con valenza di normativa di principio - in materia di natura giuridica degli strumenti di pianificazione attuativa ai quali rapportare utilmente gli interventi edilizi in regime semplificato; o, piuttosto, di predeterminazione di parametri o standard minimi dei piani attuativi, da determinarsi in relazione alle esigenze di tutela di interessi pubblici rilevanti, sotto i profili urbanistico ed ambientale, ed idonei a surrogare la funzione di salvaguardia e tutela del cd. «uso dei suoli»62. assolta dalla p.A. nel procedimento di rilascio del permesso di costruire.
5. Spunti ricostruttivi
L’estrema attualità del regime giuridico semplificato dei titoli abilitativi in edilizia che detta la legislazione emergenziale non consente di valutare – con nitidezza - i contorni del preciso impatto sui settori dell’edilizia e dell’urbanistica in termini di “cura” e “rilancio” della competitività del mercato e delle imprese63, cui la normazione in materia è preordinata.
La strada seguita dal legislatore64 - sul fronte della complessità tecnica delle valutazioni o della discrezionalità amministrativa - resta tuttavia quella già percorsa nel passato. La normazione dapprima incentrata sulla surroga dell’autorizzazione formale con la dichiarazione dell’interessato, attraverso meccanismi di deprovvedimentalizzazione e deregulation finalizzati alla più rapida soddisfazione degli interessi pretensivi65, si fonda ora sull’autocertificazione che induce l’Amministrazione a ritrarsi ancor di più dal suo ruolo tradizionale di garante ex ante della legittimità dell’intervento, con l’effetto di ridurre gli spazi di tutela dei controinteressati ed accrescere le responsabilità del segnalante66.
Sembra, dunque, che le innovazioni legislative – per quanto sollecitate da situazioni straordinarie ed ispirate dall’intento di consentire una celere ripartenza delle attività economiche – inverando una sorta di «principio di doverosità dell’arretramento della sfera pubblica e di abbandono della logica del controllo preventivo»67 in funzione della produzione di futuribili effetti meramente economici, prefigurino uno scenario ancora distante da un ambito entro il quale il percorso di liberalizzazione (temperata) nei settori dell’urbanistica e dell’edilizia può trovare il suo spazio più idoneo ed efficace.
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* Professore associato di Diritto amministrativo, Politecnico di Bari.
1 Il tema è centrale negli studi di G. DI GASPARE, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 2017; ID., Teoria e critica della globalizzazione finanziaria, Dinamiche del potere finanziario e crisi sitemiche, Padova, 2012, ove si evidenziano gli effetti delle norme di legge sulla realtà economico-sociale, in una visione d’insieme funzionale ad una comprensione attualizzante del rapporto tra potere politico, società ed economia.
2 Alla diffusione di moduli consensuali di azione della p.A. riconduce V. CAPUTI JAMBRENGHI, Relazione introduttiva, Convegno sul tema “Azione amministrativa e procedimento. De-costruzione e prove di ristrutturazione”, Bari, 13 marzo 2017, in press. Si vedano, altresì, i rilievi critici di A. ANGIULI, De-procedimentalizzazione dell’azione amministrativa e conferenza di servizi, ivi, sulla dequotazione del principio di legalità in ragione dell’obiettivo dell’efficienza in termini di risultato per il cittadino. Cfr., altresì, M. D’ALBERTI, Il diritto amministrativo fra imperativi economici e interessi pubblici, in Dir. amm., 2008, 53, che sottolinea come il diritto amministrativo sia oggi posto, più di qualsiasi altro settore dell’ordinamento giuridico, di fronte a nuovi e pressanti imperativi economici. L’A. evidenzia come in un contesto caratterizzato da un mercato oramai globalizzato e da esigenze di crescita rese improrogabili dalla crisi economica internazionale l’attenzione di talune Istituzioni sovranazionali si rivolge - sempre più spesso - alla disciplina pubblicistica che regolamenta l’accesso al mercato e, in termini più generali, allo svolgimento delle attività economiche. Una disciplina meno pervasiva costituirebbe - in un panorama ideologico non condiviso da M. D’ALBERTI - un fattore idoneo a favorire la crescita e lo sviluppo economico.
3 Tale percezione risulta rafforzata dal perdurare della crisi sanitaria che induce a profondi ripensamenti del diritto pubblico e del diritto amministrativo in particolare. A fronte della esiguità delle risorse economiche e della ridotta accessibilità al credito da parte delle imprese, la capacità di programmare l’impiego dei mezzi finanziari disponibili diviene elemento cardine per l’esito positivo del futuribile investimento. La semplificazione e l’elemento tempo - che ridondando nella decisone della p.A. procedente - assumono il ruolo di variabili essenziali nelle scelte del privato.
4 L’assetto delle regole postulato dall’immanenza del diritto eurounitario ha indotto ad una regolamentazione più duttile dei rapporti a rilevanza economica, nella prospettiva di una disciplina calibrata nella quale assumano rilievo, nelle reciproche interrelazioni, sia i pubblici interessi concretamente rilevanti sia - ma, diremmo, soprattutto - il principio di concorrenza (sul principio di concorrenza, quale sintesi delle garanzie prestate all’imprenditore nell’ordinamento comunitario, cfr. V. CAPUTI JAMBRENGHI, Diritto amministrativo e diritto comunitario: riflessioni sulla tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in AA.VV., Scritti in onore di Giuseppe Guarino, Milano, 1998, I, 486).
5 Di “ambiente” istituzionale multilivello parla G. DELLA CANANEA, Al di là dei compiti statuali. Profili generali del diritto pubblico globale, Bologna, 2009.
6 La globalizzazione coinvolge oggi l'assetto giuridico ed istituzionale, oltre che quello economico, degli Stati, determinando una radicale inversione del rapporto tra pubblici poteri e mercato, tra politica ed economia. Il tema è, già da qualche anno, al centro delle riflessioni giuridiche, come testimoniano i numerosi studi in materia. Tra i contributi più recenti cfr. M. R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna, 2000; S. CASSESE, Lo spazio giuridico globale, Roma, 2003; F. GALGANO, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005; L. RONCHETTI, Il nomos infranto: globalizzazione e Costituzioni. Del limite come principio essenziale degli ordinamenti giuridici, Napoli, 2007. Per un approfondimento sul c.d. global administrative law cfr., tra i contributi più recenti, S. CASSESE, Il diritto amministrativo globale: una introduzione, in Riv. trim dir. pubbl., 2005, 331 ss.; ID., Oltre lo Stato, Roma-Bari, 2006; R. B. STEWART, Il diritto amministrativo globale, in Riv. trim dir. pubbl., 2005, 633 ss.; L. CASINI, Diritto amministrativo globale (voce), in AA.VV., Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Milano, 2006, 1944 ss.; ID., La globalizzazione del diritto pubblico, in Riv. trim dir. pubbl., 2006, 235 ss.; G. DELLA CANANEA, Al di là dei confini statuali. Principi generali di diritto pubblico globale, Bologna, 2009; S. W. SCHILL, International investment law and comparative pubblic law, Oxford, 2012; G. DI GASPARE, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, cit.
7 Secondo la definizione datane dall’OCSE nel 1992, la competitività è «il grado con cui un Paese riesce, in condizioni di mercato libere e eque, a produrre beni e servizi capaci di affrontare la concorrenza internazionale, allo stesso tempo mantenendo e espandendo il reddito reale della propria popolazione nel lungo periodo»; «la capacità di competizione dei Paesi, nel contesto del terzo millennio, caratterizzato da decentramento, globalizzazione, privatizzazioni e instabilità, è misurabile tramite indici più complessi di quelli tradizionali (tipo il Prodotto Interno Lordo) che tengano conto del nuovo scenario, della situazione dei mercati e dei concreti fattori di sviluppo. Tra questi indici a causa della sua diffusione, particolare importanza assume, nella cultura mondiale, l’Indice di Competitività globale, elaborato di recente dal World Economic Forum che si basa sulla media di otto fattori: apertura nei confronti dello sviluppo; capacità di governo; capacità di gestione statale della finanza; disponibilità di infrastrutture avanzate e accessibili; capacità di ricerca di base ed applicata e di gestione della tecnologia; capacità imprenditoriale e commerciale; capacità di indirizzo e di governo del mercato del lavoro; efficienza ed efficacia delle istituzioni». Sullo stretto legame tra semplificazione e competitività cfr. S. AMOROSINO, Achille e la tartaruga. Semplificazione amministrativa e competitività del "sistema Italia ", Milano, 2006; AA.VV., La semplificazione amministrativa e la competitività del Paese, 15 giugno 2005, in www.astrid-online.it; M.A. SANDULLI, Competizione, competitività, braccia legate e certezza del diritto (note a margine della legge di conversione del d.l. 35 del 2005), in www.giustamm.it, 2005, 5.
8 Sui rapporti tra pubblici poteri e mercato cfr. V. SPAGNUOLO VIGORITA, L’iniziativa economica privata nel diritto pubblico, Napoli, 1959, 200 ss.; A. PREDIERI, Pianificazione e Costituzione, Milano, 1963; R. VILLATA, Autorizzazioni amministrative e iniziativa economica privata, Milano, 1974; S. CASSESE, Amministrazione pubblica e interessi in Italia, in Dir. soc., 1992, 224 ss.; C. MARZUOLI, Mercato e valore dell’intervento pubblico, in Le Regioni, 1993, 1593 ss.; F. SALVIA, Il mercato e l’attività amministrativa. (Discrezionalità, automatismi, accordi), in AA.VV., Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, 1996, 1286 ss.; A. CARULLO, Lezioni di diritto pubblico dell’economia, Padova, 2005; M. RAMAJOLI, La regolazione amministrativa dell’economia e la pianificazione economica nell’interpretazione dell’art. 41 della Costituzione, in Dir. amm., 2008, 121 ss.
9 Sui molteplici profili problematici rivenienti dalla normativa in materia di de-regolamentazione e di semplificazione dell’azione amministrativa cfr., tra i numerosissimi contributi, AA.VV., L’Italia da semplificare, a cura di S. CASSESE, S. GALLI, Bologna, 1988; G. VESPERINI, Attività private e controlli amministrativi nella legge n. 241 del 1990: tra regole di semplificazione e promesse di liberalizzazione, in Reg. governo locale, 1992, 379 ss.; F. BENVENUTI, Il nuovo cittadino, Venezia, 1994, 81 ss.; A. TRAVI, La riforma del procedimento nella l. n. 537/1993, in Le Regioni, 1994, 1296 ss.; ID., La legge n. 127/97 sulla semplificazione amministrativa e procedimenti di controllo: limiti e peculiarità, in Corr. giur., 1997, 741 ss.; ID., La liberalizzazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, 645 ss.; G. FALCON, L’autoamministrazione dei privati, in AA.VV., Procedimenti e accordi nell’amministrazione locale (Atti XLII Convegno di studi di Scienza dell’Amministrazione), Milano, 1997, 139 ss.; ID., La regolazione delle attività private e l’art. 19 della legge 241/90, in Dir. pubbl., 1997, 443 ss.; ID., La normativa sul procedimento amministrativo: semplificazione o aggravamento, in Riv. giur. urb., 2000, 133 ss.; L. FERRARA, Diritti soggettivi ad accertamento amministrativo. Autorizzazione ricognitiva, denuncia sostitutiva e modi di produzione degli effetti, Padova, 1996; A. SANDULLI, La semplificazione amministrativa tra riforma e restaurazione, in Giorn. dir. amm., 1997, 989 ss.; ID., La semplificazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1999, 757 ss.; S. CASSESE, La semplificazione dei procedimenti amministrativi, ivi, 1998, 655 ss.; ID., La semplificazione amministrativa e l’orologio di Taylor, ivi, 1998, 698 ss.; E. CASETTA, La difficoltà di «semplificare», in Dir. amm., 1998, 335 ss.; G. CORSO, Attività economica privata e “deregulation”, in Riv. trim. dir. pubbl.; 1998, 629 ss.; L. TORCHIA, Tendenze recenti della semplificazione amministrativa, in Dir. amm., 1998, 385 ss.; R. TOSI, Semplificazione amministrativa e complicazione normativa?, in Le Regioni, 1998, 1700 ss.; M. OCCHIENA, L’incidenza della semplificazione sul potere e sul procedimento amministrativo: riflessioni anche alla luce della nuova disciplina del commercio, in Dir. soc., 1998, 475 ss.; AA.VV., Semplificazione dell’azione amministrativa e procedimento amministrativo alla luce della l. 15 maggio 1997, n. 127, a cura di V. PARISIO, Milano, 1998; R. FERRARA, Le complicazioni della semplificazione amministrativa: verso un’Amministrazione senza qualità? (Procedimento amministrativo), in Dir. proc. amm., 1999, 323 ss.; ID., Procedimento amministrativo, semplificazione e realizzazione del risultato: dalla «libertà dall’Amministrazione» alla «libertà dell’Amministrazione»?, in Scritti in onore di Umberto Pototsching, Milano, 2002, I, 483 ss.; AA.VV., La semplificazione amministrativa, a cura di L. VANDELLI, G. GARDINI, Rimini, 1999; V. CERULLI IRELLI, F. LUCIANI, La semplificazione dell’azione amministrativa, in Dir. amm., 2000, 617 ss.; F. MANGANARO, Principio di legalità e semplificazione dell’azione amministrativa, Napoli, 2000; AA.VV., Il procedimento amministrativo fra partecipazione e semplificazione. Modelli europei a confronto, a cura di M. A. SANDULLI, Milano, 2000; V. CAPUTI JAMBRENGHI, Semplificazione e confusione nell’organizzazione amministrativa dopo le leggi Bassanini, in Iter legis, 1999, 39 ss.; ID., Procedimento «efficace» e funzione amministrativa giustiziale, in AA.VV., Studi in onore di Gustavo Vignocchi, Modena, 1992, I, 319 ss.; S. BATTINI, La legge di semplificazione 1999, in Giorn. dir. amm., 2001, 451 ss.; F. FRACCHIA, Vizi formali, semplificazione procedimentale, silenzio assenso e irregolarità, in Dir. ec., 2002, 429 ss.; A. NATALINI, La semplificazione, Bologna, 2002; M. SAVINO, Le riforme amministrative, in AA.VV., Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, a cura di S. CASSESE, tomo II, Milano, 2002, II ed., 2265 ss.; AA.VV., Principio di legalità e amministrazione di risultati, a cura di M. IMMORDINO, A. POLICE, Torino, 2004; M.A. SANDULLI, Competizione, competitività, braccia legate e certezze del diritto (note a margine della legge di conversione del d.l. n. 35 del 2005), in www.giustamm.it, 2005, 5; P. LAZZARA, Procedimento e semplificazione. Il riparto dei compiti istruttori tra principio inquisitorio ed autoresponsabilità dei privati, Roma, 2005; G. VESPERINI, Semplificazione amministrativa (voce), in AA.VV., Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Milano, 2006, 5479 ss.; M. P. CHITI, Semplificazione delle regole e semplificazione dei procedimenti: alleati o avversari, in Foro amm. (CdS), 2006, 1057 ss.; AA.VV., La semplificazione nelle leggi e nell’amministrazione: una nuova stagione, a cura di G. SCIULLO, Bologna, 2008; AA.VV., Le riforme della l. 7 agosto 1990, n. 241 tra garanzia della legalità ed amministrazione di risultato, a cura di L. R. PERFETTI, Padova, 2008; T. BONETTI, Semplificazione amministrativa e competitività, in Riv. trim. dir. pubbl., 2008, 173; M. SPASIANO, La semplificazione amministrativa e la garanzia di effettività dell’esercizio del potere pubblico, in Riv. giur. urb., 2012, 33 ss.; F. SATTA, Liberalizzare e semplificare, in Dir. amm., 2012, 177 ss.; F. LIGUORI, Le incertezze degli strumenti di semplificazione. Lo strano caso della d.i.a.-s.c.i.a., Relazione al Convegno annuale dell’Associazione dei professori di diritto amministrativo (Napoli, 3-4 ottobre 2014) sul tema “L’incertezza delle regole”, Napoli 3-4 ottobre 2014, in www.giustamm.it, 2014, 10; M. AINIS, La semplificazione complicante, Intervento al 60° Convegno 10 In ordine a tale profilo le riflessioni di A. POLICE, La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, Napoli, 1997.
11 Lo studio del rapporto tra la semplificazione amministrativa, intesa come strumento attraverso cui i pubblici poteri concorrono allo sviluppo economico, e la competitività delle imprese ha suscitato, già da diverso tempo, l’attenzione della dottrina tedesca. Cfr. i contributi, P. HÄBERLE, Grundrechte im Leistungsstaat, in Veröffentlichungen der Vereinigung der Deutschen Staatsrechtslehrer, WDStRL, Berlino, 1972, 43 ss.; F. MAYER, La legge sul procedimento amministrativo nella Repubblica federale tedesca (trad. it. A MELONCELLI), in Riv. trim. dir. pubbl., 1977, 1115 ss.; H. HESSE, Bestand und Bedeutung der Grundrechte in der Bundesrepublik Deutschland, in EuGRZ, 1978, 427 ss.; F. GOERLICH, Grundrechte als Verfahrensgarantien, Baden-Baden, 1981; H. BETHGE, Grundrechtverwirklichung und Grundrechtssicherung durch Organisation und verfahren, in NJW, 1982, 1 ss.; F. OSSENBÜHL, Grundrechtsschutz im und durch Verfahrensrecht, in Staatsorganisation und Staatsfunktionen im Wandel, Festschrift für Eichenberger, Basilea, 1982, 183 ss.; H.W. LAUBINGER, Grundrechtsschutz durch Gestaltung des Verwaltungsverfahrens, in VerwArch., 73, 1982, 60 ss.; K.P. DOLDE, Grundrechtsschutz durch einfaches Verfahrensrecht, in NVwZ, 1982, 65 ss.; B. STÜER, Die Beschleunigungsnovellen 1996, in DVBI, 1997, 326 ss.; E. SCHMIDT ABMAN, Das allgemeine Verwaltungsrecht als Ordnungsidee, Baden-Baden, 1999, 294 ss.; M. MARTIN, Heilung von Verfahrensfehlern im Verwaltungsverfahren, Berlino, 2004, 15 ss.; U. RAMSAUER, Kommentar Verwaltungsverfahrensgesetz, Monaco, 2007.
12 Nella materia dell’edilizia, modelli giuridici di semplificazione e di “liberalizzazione” amministrativa - silenzio assenso, autorizzazione gratuita, asseverazione da parte di tecnici e progettisti, denuncia di inizio attività - pur connotati da rilevanti elementi di specialità, hanno trovato applicazione ancor prima dell’entrata in vigore della legge sul procedimento amministrativo (7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.). Già l’art. 48 della l. 5 agosto 1978, n. 457 aveva subordinato ad autorizzazione gli interventi c.d. di manutenzione straordinaria su immobili non gravati da vincoli storico-artistici o paesaggistico ambientali, prevedendo, tuttavia, gli effetti giuridici del silenzio assenso qualora non fosse intervenuta la pronuncia del Sindaco entro novanta giorni dalla proposizione della domanda. Successivamente - sia pur a tempo determinato e per ragioni contingenti - con l’art. 7 della l. 25 marzo 1982, n. 94 la disciplina del silenzio assenso era stata estesa al rilascio di concessioni edilizie, disponendosi, inoltre, la soggezione ad un regime di autorizzazione gratuita gli interventi di manutenzione ordinaria, di realizzazione di pertinenze ed impianti tecnologici a servizio di edifici esistenti nonché le occupazioni di suolo pubblico mediante deposito di materiali. Sul silenzio assenso era stata, poi, fondata la conclusione del procedimento relativo al rilascio della concessione in sanatoria (e del condono edilizio), previsto dalla l. 28 febbraio 1985, n. 47: il decorso del termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, in difetto dell’adozione di un provvedimento negativo del Comune, «equivale(va) a titolo edilizio in sanatoria», allorché l’interessato avesse «provveduto al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio» e sempreché l’intervento edilizio abusivo fosse stato realizzato entro la data del 1 ottobre 1983. Al regime provvedimentale (concessorio od autorizzatorio) erano stati radicalmente sottratti, in applicazione di tecniche di liberalizzazione poi estese ed impropriamente ricondotte alla categoria atecnica dello “snellimento delle procedure”, gli interventi edilizi consistenti in “opere interne” alle costruzioni, subordinandoli alla presentazione, prima dell’inizio dei lavori, di una relazione di asseverazione - sottoscritta da un professionista abilitato alla progettazione - circa la conformità delle opere alla normativa urbanistica vigente nel Comune ed il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
13 A. ANGIULI, Il governo comunale del territorio alla ricerca di “sistema”, in AA.VV., Scritti in onore di Paolo Stella Richter, Napoli, 2013, II, 991 ss. Così anche G. CAIA, Governo del territorio e attività economiche, in Dir. amm., 2003, 707.
14 Così G. BERTI, Dinamica giuridico-economica nell’urbanistica, in Amministrare, 1998, 361.
15 F. BENVENUTI, Il nuovo cittadino, Venezia, 1994, fautore, come è noto, di una evoluzione ex apicibus dalla libertà “garantita” alla libertà “attiva”.
16 Il tema è centrale negli studi di V. CAPUTI JAMBRENGHI, Proprietà privata (disciplina amministrativa) (voce), in Dig. disc. pubbl., Torino, 1997, XII, 111 ss.; ID., Urbanistica tra diritto pretorio e nuovi principi, in AA.VV., Scritti in onore di Paolo Stella Richter, Napoli, 2013, II, 1209 ss. Per una “nuova” rappresentazione della proprietà urbana “funzionalizzata” P. STELLA RICHTER, Relazione generale, XIII Convegno annuale A.I.D.U., in Riv. giur. urb., 2012, 11 ss.
17 Così P. OTRANTO, In tema di normazione ad effetto incerto. Dalla “cura” al “rilancio”: la legislazione dell’emergenza e disciplina dell’attività edilizia, in Riv. giur. edil., 2020, in press.
18 Le modifiche legislative al d.P.R. n. 380 del 2001 - che nel testo originario prevedeva tipologie di intervento riconducibili al regime giuridico dell’attività edilizia libera, per la quale non era richiesto alcun titolo abilitativo (art. 6) e due titoli abilitativi: il permesso di costruire (artt. da 10 a 21) e la denuncia di inizio attività (artt. 22 e 23) – ante riforma cd. “Madia” – possono così sintetizzarsi, a grandi linee: con il d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 è stata introdotta la c.d. d.i.a. “pesante”, alternativa al permesso di costruire per alcuni specifici interventi; il d.l. 25 marzo 2010, n. 40, convertito con l. 22 maggio 2010, n. 73, ha ampliato le tipologie di interventi di attività edilizia libera, distinguendo tra attività libera in senso proprio ed attività soggetta a preventiva comunicazione di inizio dei lavori; il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con l. 30 luglio 2010, n. 122, intervenuto sull’art. 19 della legge n. 241 del 1990, ha modificato il regime giuridico della denuncia di inizio attività, sostituita con la segnalazione certificata di inizio attività; il parere del 19 ottobre 2010 del Ministero della semplificazione ha ritenuto applicabile la disciplina dettata dal richiamato art. 19 alle regolamentazioni di settore, in forza del principio di «sostituzione automatica delle norme»; il d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con l. 12 luglio 2011, n. 106 ha introdotto, con l’art. 5, numerose modifiche strutturali alla disciplina delle attività in edilizia: 1) interpretazione dell’art. 22, commi 1 e 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, con l’estensione generalizzata della segnalazione certificata di inizio attività al settore dell’edilizia in sostituzione della denuncia, confermando l’applicazione della d.i.a. in alternativa al permesso di costruire, nelle ipotesi disciplinate dall’art. 22, comma 3, del t.u. edil.; la riduzione del termine, da sessanta a trenta giorni, assegnato al Comune per esercitare il potere conformativo o inibitorio; l’introduzione del silenzio assenso nel procedimento preordinato al rilascio del permesso di costruire, con le relative limitazioni; il d. l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con l. 11 novembre 2014, n. 164, ha modificato il regime giuridico del potere di autotutela della p.A. in relazione alla segnalazione certificata; ha ampliato i termini per l’inizio e la conclusione dei lavori e ridefinito la disciplina in materia di proroga per l’avvio e l’ultimazione degli interventi autocertificati; ha riformulato la definizione della manutenzione straordinaria individuata dall’art. 3, comma 1 lett. b) del t.u. edil.; ha esteso l’ambito di applicazione della s.c.i.a. alle varianti c.d. “ minori” al permesso di costruire, incrementando per il titolo abilitativo espresso il novero delle fattispecie di rilascio in deroga agli strumenti urbanistici, non più limitate agli edifici pubblici, ma includenti anche il recupero di aree industriali dismesse; ha ridefinito il concetto di mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante. Sul tema sia consentito rinviare a G. GUZZARDO, Decostruzione amministrativa nel governo del territorio, in Bari, 2018.
19 Così quella parte della dottrina che evidenzia, significativamente, il rafforzamento - quale conseguenza della semplificazione - delle situazioni giuridiche soggettive c.d. di interesse pretensivo rispetto al potere, sì da determinare uno spostamento del confine che contrappone libertà e autorità: cfr. A. ROMANO, A proposito dei vigenti artt. 19 e 20 della l. 241 del 1990, in Dir. amm., 2006, 513 «la soppressione del regime autorizzatorio disposta dall’art. 19 per le attività cui si riferisce, sulle autonomie dei soggetti che sono coinvolti nella vicenda, comporta conseguenze tanto chiare che rilevanti. Dal punto di vista di quella dell’Amministrazione si tratta di una perdita secca. Essa non ha più il potere autorizzatorio che precedentemente le era attribuito: inteso come quello di prestare un previo consenso all’esercizio da parte del privato di determinate attività, in difetto del quale non le potrebbe neppure iniziare ad esplicare. In compensazione, le vengono attribuiti, o rafforzati, o definiti in ogni caso con maggior rilievo, poteri di altri tipi; i quali, sinteticamente, si diranno ripristinatori, inibitori e sanzionatori». In ciò si manifesterebbe, secondo l’A., la c.d. (parziale) liberalizzazione del settore: sostituzione di un sistema di controllo ex ante in un sistema di controllo ex post, con termini perentori, secondo schemi di configurazione dell’azione amministrativa, da tempo ben noti e diversificati. In altro scritto lo stesso A. (A. ROMANO, La situazione legittimante al processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 541) aveva chiarito il contenuto sostanziale dell’interesse c.d. pretensivo «sono requisiti e presupposti tutti, in tutta evidenza, riconosciuti e regolati dall’ordinamento generale: essi anzi sono proprio quei fattori che danno sostanza e concretezza a quella aspettativa all’acquisizione dell’effetto del provvedimento favorevole che, già si era osservato pertenere all’ordinamento generale».
20 Disciplinante il silenzio assenso tra pubbliche Amministrazioni che estende il modello procedimentale generale alle ipotesi in cui vengano in rilievo interessi “sensibili”, prevedendo in tali casi il termine più lungo di 90 giorni.
21 L’art. 10 d.l. n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con modificazioni nella l. 11 settembre 2020, n. 120, modifica il testo unico dell’edilizia. Le modifiche sono contenute all’interno dell’art. 10 e corrispondono ai seguenti articoli: sostituzione art. 2-bis comma 1-ter; modifiche art. 3 comma 1; sostituzione art. 6,
comma 1, la lett. e-bis); modifiche art. 9-bis; art. 14: permesso di costruire; proroga dei termini previsti all’art. 15; sostituzione all’art. 16, comma 4, lett. d-ter), le parole «in deroga o con cambio di destinazione d’uso» sono sostituite dalle seguenti: «o in deroga»; art. 17; aggiunta all’art. 20, comma 8; all’art. 22, comma 1, lett. a), dopo le parole «parti strutturali dell’edificio», sono inserite le seguenti «o i prospetti»; all’art. 23-ter, il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. La destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis.»; nel capo III del titolo II della parte I, dopo l’art. 23-ter è aggiunto il seguente: «Art. 23-quater (Usi temporanei) …»; all’art. 24, dopo il comma 7 è aggiunto il seguente: «7-bis. La segnalazione certificata può altresì essere presentata, in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità che presentano i requisiti definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo e con il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.»; abrogazione comma 2-ter dell’art. 34; inserimento art. 34-bis, relativo alle tolleranze costruttive; modifiche all’articolo 94-bis (Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche); al comma quater dell’art. 103, comma 2, è aggiunto al termine il seguente periodo: «Ai fini dell’esercizio dell’attività prevista dal presente articolo, sono individuati come prioritari i lavori avviati o effettuati sulla base di autorizzazione rilasciata secondo le modalità di cui all’articolo 94, comma 2-bis»; disciplina delle opere abusive (art. 41).
22 L’art. 103, comma 1, d.l. n. 18 del 2020 prevede che in tutti i procedimenti amministrativi a far data dal 23 febbraio 2020, o iniziati dopo tale data, i termini restino sospesi fino al 15 maggio (termine prorogato) e che siano prorogati o differiti i termini per la formazione del silenzio-assenso. Il primo comma reca norme volte ad evitare che una possibile inerzia dell’Amministrazione incida sull’obbligo di conclusione del procedimento con provvedimento espresso ovvero sulla produzione degli effetti previsti nel caso di silenzio significativo. In ordine a tale profilo M.A. SANDULLI – N. POSTERARO, Procedimento amministrativo e Covid-19. Primissime considerazioni sulla sospensione dei termini procedimentali e sulla conservazione dell’efficacia degli atti amministrativi in scadenza nell’art. 103 d.l. n. 18 del 2020, in Federalismi – Osservatorio emergenza Covid-19, 27 marzo 2020, 3. La disposizione involge tanto atti amministrativi riconducibili ai certificati ed attestati, quanto a provvedimenti ampliativi della sfera giuridica del destinatario ovvero permessi, concessioni, autorizzazioni o atti abilitativi comunque denominati. Agli atti non provvedimentali ed ai provvedimenti si riferiscono i termini di inizio ed ultimazione dei lavori indicati nel permesso di costruire ai sensi dell’art. 15 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Ove il termine ultimo di efficacia degli atti e dei provvedimenti, ovvero il termine di inizio o fine lavori ai sensi art. 15 t.u. edil., ricada nel periodo compreso tra il 31 gennaio ed il 31 luglio 2020, lo stesso è prorogato per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La disposizione trova applicazione anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate.
23 Si suole ricondurre la teorica in materia di dichiarazioni preventive in funzione legittimante a O. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative: Parte I: Concetto e natura delle autorizzazioni e delle concessioni amministrative, cit., 7 ss. (l’enunciazione della figura juris muove dalle c.d. “proibizioni relative”, distinte dalle “proibizioni assolute”, proprie del diritto penale, e dalla relativa necessità per il cittadino di ottenere le prescritte licenze, permessi o altro tipo di atti di autorizzazione per rimuovere i limiti «posti alla libera esplicazione dell’attività di ogni uomo»). L'istituto «disciplinato dall’art. 19 della l. n. 241 del 1990, secondo la sua previsione nello schema del disegno di legge elaborato dalla Commissione Nigro, fu introdotto allo scopo di sostituire i regimi autorizzatori a carattere vincolato con un meccanismo alternativo di controllo pubblico sull’avvio dell’attività privata» come ricorda W. GIULIETTI, Il controverso impatto della legge n. 122 del 2010 sulla dia edilizia, in www.giustamm, 2010, 9. Rileva l’A. che «La tipologia di comunicazione da ultimo considerata si configura, in particolare, per la necessaria e concorrente presenza di tre elementi: a) la previsione di un obbligo di dichiarazione preventiva; b) la connessione di tale comunicazione con lo svolgimento lecito dell’attività di cui costituisce condizione necessaria (ma non sufficiente, essendo necessaria anche la conformità dell'attività dichiarata alle norme); c) il conferimento all’amministrazione di poteri inibitori ed eventualmente ripristinatori diretti a incidere sullo svolgimento dell’attività, connessi alla presentazione della dichiarazione». Cfr. ID., Attività privata e potere amministrativo. Il modello della dichiarazione di inizio attività, Torino, 2008, 107. Inoltre, N. PAOLANTONIO, W. GIULIETTI, Art. 19 - Segnalazione certificata di inizio attività – Scia, in AA. VV., Codice dell’azione amministrativa, cit., 750 ss.
24 Cfr. il parere del Ministero della semplificazione normativa del 19 ottobre 2010, in www.LexItalia.it, 2010, 9, con nota di D. LORI., che già prima della modifica legislativa al d.P.R. n. 380 del 2001 si era espresso nel senso dell’applicazione dell’art. 19 della l. n. 241 del 1990 anche agli interventi edilizi soggetti, secondo la normativa di settore, a denuncia di inizio attività, per effetto di un meccanismo di sostituzione automatica delle norme. Sul tema i contributi critici di W. GIULIETTI, Il controverso impatto della legge n. 122 del 2010 sulla dia edilizia, cit., e F. LISENA, Dalla DIA alla SCIA: storia di una metamorfosi, ivi, 2010,9.
25 Secondo la formulazione letterale del testo aggiornato dell’art. 19 della l. n. 241 del 1990.
26 In forza del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in l. 12 luglio 2011, n. 10. Il d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in l. 4 aprile 2012, n. 35, ha circoscritto il ricorso alle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, o alle dichiarazioni di conformità da parte delle Agenzie delle imprese, ai casi già nominativamente previsti; infine il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella l. 7 agosto 2012, n. 134, mutuando la disciplina già in vigore per la segnalazione certificata di inizio attività in materia edilizia, ha previsto un generale ricorso alle autocertificazioni, atteso che nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di
verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. Inoltre, l’art. 5, co. 2 della l. 12 luglio 2011, n. 106 alla lett. c), contiene una nota interpretativa, è precisamente: le disposizioni di cui all'art. 19 della l. n. 241 del 1990 si applicano alla materia edilizia e la scia. non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla osta, comunque
denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale.
27 Sul tema cfr. F. LIGUORI, Lo “Sblocca Italia” sbloccherà la S.C.I.A., in www.giustamm.it, 2014, 11; P. PORTALURI, relazione al Convegno AIPDA-AIDU sul tema “Gli effetti del d.l. Sblocca Italia conv. nella l. n. 164/2014 sulla l. n. 241/1990 e sul Testo Unico dell’edilizia”, Roma, 22 gennaio 2015.
28 In Gior. dir. amm., 2012, 153 ss., con nota di commento di E. GIARDINO; in Riv. giur. edil., 2011, 523 ss., con nota di commento di M. A. SANDULLI; in Urb. app., 2011, 1185 ss. Cfr. sul tema F. MERUSI, Creatività giurisprudenziale e finzione. La tutela del terzo nel processo amministrativo nell'ipotesi di attività liberalizzate, in Giur. it., 2012, 435 ss.; G. LONGOBARDI, W. GIULIETTI, Scia: un ventaglio di azioni si apre a tutelare il terzo. Osservazioni alla sentenza n. 15 del 2011 dell’Adunanza Plenaria, in www.giustamm.it, 2011, 8; E. ZAMPETTI, D.I.A. e S.C.I.A. dopo l’adunanza plenaria n. 15/2011: la difficile composizione del modello sostanziale con il modello processuale, in Dir. amm., 2011, 811 ss.
29 In Urb. Appalti, 2013, 10 ss., con nota di commento di C. LAMBERTI. La Corte costituzionale, nel dichiarare la legittimità costituzionale dell’art. 49-bis, co. 4-ter, d.l. 31.5.2010, n. 78, come convertito nella l. n. 122 del 2010, ha statuito che la scia. è espressione del principio di semplificazione ed è diretta alla generalità dei cittadini, costituendo un livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. m), Cost. Il che implica che la relativa disciplina rientra, in via esclusiva, tra la competenza dello Stato. La Corte ha, altresì, chiarito che l’istituto in esame non rientra in una “materia” in senso stretto, ma in una “competenza” del legislatore statale che investe tutte la materia, in relazione alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle.
30 In www.giustizia.amministrativa.it.
31 A. TRAVI, La riforma del procedimento nella l. n. 537/1993, in Le Regioni, 1994, 1296 ss.
32 Le problematiche in ordine alla qualificazione giuridica della dichiarazione di inizio attività sono state suscitate, in uno stadio iniziale, da una tendenza della giurisprudenza ad accomunare tale istituto al silenzio assenso: vi sono, infatti, talune pronunce - invero risalenti - che riconducono il regime della dichiarazione di inizio attività a tale istituto giuridico (cfr., ad esempio, TAR Lombardia, Brescia, 28 dicembre 2000, n. 1078, in Urb. appalti, 2000, 1119 ss.). Anche in dottrina sono emersi, al riguardo, due differenti orientamenti volti ad affermare per un verso un’analogia intercorrente tra la denuncia/dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso, per l’altro a porre in evidenza tratti distintivi assai netti tra gli stessi. La comune rilevanza del silenzio, nelle fattispecie delineate dagli artt. 19 e 20 della l. n. 241 del 1990, è stata posta in rilievo da quella parte della dottrina che ne ha rimarcato la tipicità, anche in relazione all’istituto della denuncia di inizio attività, sul presupposto che all’intrapresa del privato segue il silenzio dell’Amministrazione in difetto di atti amministrativi espressi che rimuovano qualsivoglia limite all’esercizio della situazione giuridica soggettiva dell’interessato e, in ogni caso, poiché la verifica spettante all’Amministrazione ha di regola natura silenziosa. Una seconda ipotesi - contrapposta a quella dianzi cennata ed incentrata sul superamento della «logica autorizzatoria classica, sorretta dall’emanazione di un provvedimento amministrativo - ha sottolineato come nell’istituto giuridico regolamentato dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990 non possa ravvisarsi alcuna inerzia della p. A. antecedentemente all’inizio dell’attività, poiché la dichiarazione sostituirebbe l’atto espresso di consenso. Per converso, l’istituto di cui al citato art. 20, volto ad ovviare all’inerzia dell’Amministrazione, conferirebbe al silenzio amministrativo tutti gli effetti di un atto tacito di accoglimento» (V. PARISIO, I silenzi della pubblica Amministrazione, cit., 206). Ed inoltre, l’intrapresa privata di cui all’art. 19 «potrebbe essere legittimamente esercita sul mero presupposto della presentazione di dichiarazione all’autorità competente, rimanendo, invece, l’iniziativa soggetta alle regole previste dal successivo art. 20, subordinata alla formazione del silenzio accoglimento» (V. PARISIO, op. ult. cit., 206). Della scia quale meccanismo di riduzione di atti amministrativi parla D. VESE, Profili di analisi economica (del diritto amministrativo) in tema di segnalazione certificata di inizio attività. La nuova disciplina della s.c.i.a. e i persistenti problemi di tutela dei terzi, in Dir. e proc. amm., 2016, 1131 ss.
33 Nel senso che la presentazione della denuncia conferisce all’interessato una legittimazione, provvisoria e temporanea, all’esercizio dell’attività G. ACQUARONE, La denuncia di inizio attività. Profili teorici, cit., 190-192.
34 Parte della dottrina ha circoscritto la prospettiva di tutela del terzo controinteressato all’ambito del giudizio ordinario, qualora questi risulti titolare di un diritto soggettivo: lo spirare del potere inibitorio, conseguente al decorso del termine perentorio, determinerebbe l’estinzione della posizione di interesse legittimo del terzo riveniente dalla funzione di vigilanza e controllo di cui è investita l’Amministrazione (Cfr. A. TRAVI, Semplificazione e tutela del cittadino, in Riv. giur. urb., 1998,109 ss.). Tale impostazione, come è stato osservato, riduce tuttavia irreparabilmente gli ambiti della tutela giurisdizionale del terzo controinteressato in ordine alla legittimazione ad agire, risolvendosi in una sostanziale elusione del principio di effettività dell’ordinamento (M. A. SANDULLI, Effettività e semplificazione nel governo del territorio: spunti problematici, in Riv. giur. edil., 2004, 121 ss.). Sulla questione della tutela del terzo dopo la pronuncia dell’Adunanza Plenaria e la legge n. 148 del 2011 cfr. M. A. SANDULLI, Dalla d.i.a. alla s.c.i.a.: una liberalizzazione «a rischio», in Riv. giur. edil., 2010, 646 ss.; A TRAVI, La tutela del terzo nei confronti della d.i.a. (o della s.c.i.a.): il codice del processo e la quadratura del cerchio, in Foro It., 2011, III, 501; V. PARISIO, Direttiva Bolkestein, silenzio assenso, d.i.a., liberalizzazioni temperate, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, A.P., 29 luglio 2011 n. 15, in Foro amm. (TAR), 2978 ss.; W. GIULIETTI, N. LONGOBARDI, SCIA: un ventaglio di azioni si apre a tutelare il terzo. Osservazioni alla sentenza n. 15 del 2011 dell’Adunanza Plenaria, in www.giustamm.it, 2011, 4; B. CIRILLO, L’attività edilizia e la tutela giurisdizionale del terzo, in www.giustizia-amministrativa.it; G. FONDERICO, Libertà economica e controlli amministrativi, in Giorn. dir. amm., 2012, 18 ss.
35 M.A. SANDULLI, Competizione, competitività, braccia legate e certezze del diritto (note a margine della legge di conversione del d.l. n. 35 del 2005), cit., che identifica la segnalazione di inizio attività con la figura mitologica dell’ircocervo.
36 Così S. TUCCILLO, La scia edilizia alla ricerca di un equilibrio tra il ruolo dell’Amministrazione e le ragioni del privato, in Riv. giur. edil., 2016, 141 ss.
37 L’art. 3 del decreto c.d. “SCIA 1”, attraverso i suoi tre commi, prevede al primo comma, uno sportello unico, telematico, per la presentazione della segnalazione, anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni ovvero di articolazioni interne dell’Amministrazione ricevente. L’Amministrazione può istituire più sedi dello sportello, ma al solo scopo di assicurare al cittadino una pluralità di punti di accesso sul territorio. La formulazione della disposizione normativa potrebbe fare pensare che i due sportelli, Suap e SUE, debbano essere unificati. Ma se così fosse, il legislatore avrebbe dovuto disporre espressamente l’accorpamento: sembra, dunque, che i due sportelli, che si fondano su rispettivi e differenti regimi giuridici di settore, mantengono le loro rispettive competenze. Il secondo comma norma una nuova fattispecie. Si tratta del caso in cui per lo svolgimento di un’attività soggetta a segnalazione, siano necessarie altre scia, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni, notifiche, relativi a procedimenti di competenza di altre Amministrazioni. L’interessato, in tal caso, presenta allo sportello unico una segnalazione “unica” che la cui legittimazione si fonderebbe sul principio di “concentrazione di regimi amministrativi” delle diverse segnalazioni. L’Amministrazione che riceve la segnalazione unica, la trasmette immediatamente alle altre Amministrazioni interessate affinché effettuino il controllo della sussistenza dei presupposti e requisiti per lo svolgimento dell’attività. Le Amministrazioni coinvolte nel procedimento devono presentare eventuali proposte motivate di adozione dei provvedimenti inibitori dell’attività e/o di regolarizzazione previsti all’art. 19, comma 3 l. n. 241 del 1990 almeno cinque giorni prima della scadenza del termine di giorni 30 per il controllo della scia edilizia e di giorni 60 per le scia non edilizia.
Il terzo comma disciplina l’ipotesi in cui l’attività o l’intervento soggetto a segnalazione sia condizionata dall’acquisizione di atti di assenso comunque denominati, o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero all’esecuzione di verifiche preventive. L’interessato presenta allo sportello unico la relativa istanza; lo sportello deve indire una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 della stessa l. n. 241 del 1990. I termini per i lavori della conferenza decorrono dalla data di presentazione dell’istanza; l’inizio dell’attività o dei lavori è subordinato al rilascio degli atti di cui lo sportello darà comunicazione.
38 Cfr. altresì la previsione del comma 3 dell’art. 19 bis, per la quale, se la scia presentata è subordinata, quale titolo legittimante, ad assensi di Altre amministrazioni, il segnalante deve presentare allo sportello unico apposita istanza di rilascio dell’assenso. L’ufficio indice una conferenza di servizi entro il termine stabilito dall’art. 14 bis, e dell’esito deve dare comunicazione lo sportello unico.
39 Il comma 3 ridefinisce le modalità di controllo della segnalazione e i poteri di intervento dell’Amministrazione entro il termine perentorio di giorni 30 dal ricevimento. L’esito del controllo può avere le seguenti conseguenze: 1) in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per effettuare l’intervento, l’Amministrazione adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi; 2) nel caso di cui al precedente punto, qualora l’attività sia regolarizzabile, l’Amministrazione con atto motivato invita il privato (senza sospendere l’attività) a conformare l’intervento, prescrivendo le misure necessarie e fissando un termine non inferiore a 30 giorni per l’adozione delle stesse (decorso inutilmente il termine fissato l’attività si intende vietata); 3) nel caso in cui l’attività sia regolarizzabile ma l’Amministrazione riscontri attestazioni non veritiere o di lesive dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, con l’atto motivato in cui prescrive le misure necessarie a conformare e fissa il termine, dispone la sospensione dell’attività. L’atto motivato interrompe il termine di giorni 30 per il controllo che ricomincia a decorrere, per intero, dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle misure prescritte. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione adottata. Il potere di intervento dopo il termine di giorni 30 dal deposito non è stato modificato e dunque resta disciplinato dall’art. 19, comma 4, novellato dalla l. n. 124 del 2015.
40 Cfr. per una diversa interpretazione T.A.R. Veneto, 21 dicembre 2015, n. 124, in www.giustizia-amministrativa.it, nel senso che il divieto di prosecuzione dell’attività o l’inibitoria della stessa deve potersi svolgere in modo pieno e senza i limiti propri dell’autotutela avviata d’ufficio, allorché tale attività sia intrapresa dal privato ai sensi del comma 6 ter dell’art. 19 della l. n. 241 del 1990.
41 Cfr. M. LIPARI, La SCIA e l’autotutela nella legge n. 124/2015: primi dubbi interpretativi, cit.
42 Cfr. M. LIPARI, La SCIA e l’autotutela nella legge n. 124/2015: primi dubbi interpretativi, cit.
43 Corte Cost., 16 luglio 2012, n. 188.
44 M. A. SANDULLI, La “trappola” dell’art. 264 del dl 34/2020 (“decreto Rilancio”) per le autodichiarazioni. Le sanzioni nascoste, in www.Giustiziainsieme.it, 2 giugno 2020.
45 Così già G. BERGONZINI, L’attività del privato nel procedimento amministrativo, Padova, 1975, 118.
46 Il riferimento è all’istituto giuridico del silenzio. Cfr. M. A. SANDULLI, Riflessioni sulla tutela del cittadino contro il silenzio della p.A., in Giust. civ., 1994, 485 ss.; ID., L’istituto del silenzio assenso tra semplificazione ed incertezze, in Scritti in onore di Paolo Stella Richter, cit., I, 536 ss.; ID., Introduzione al tema del Convegno AIPDA su “Incertezza delle regole” (Napoli 3-4 ottobre 2014), in corso di pubblicazione in Atti. Cfr., altresì M. P. CHITI, I signori del diritto comunitario: la Corte di Giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1991, 815 ss., che, richiamando alcune pronunce del giudice comunitario in materia di silenzio significativo, osserva come «l’utilizzazione del silenzio decisorio (come ora può essere più correttamente chiamato il silenzio-assenso) sarà solo possibile alla condizione che sia preceduto da un procedimento che consenta tutte le indagini e i controlli necessari e che ponga in grado anche i terzi controinteressati di poter manifestare il loro punto di vista. In una siffatta prospettiva il silenzio decisorio non rappresenta non rappresenta l’esito di un procedimento semplificato a danno di una corretta valutazione degli interessi pubblici e privati, bensì la conclusione normale di procedimenti, compiutamente svolti, che afferiscono ad attività private soggette a regime autorizzatorio».
47 M.A. SANDULLI, op ult. cit., 543.
48 M. OCCHIENA, F. SAITTA, Il silenzio significativo come misura di semplificazione dell’attività edilizia: dubbi e prospettive, cit., 197 «è pensabile che un imprenditore destinato a restare sotto la spada di Damocle dell’intervento in autotutela - che, nei casi di silenzio tacito, è evidentemente più frequente che nei casi di assenso esplicito - si presenti in banca per ottenere il prestito necessario per avviare l’attività?», che richiamano AA.VV., La semplificazione amministrativa e la competitività del Paese (paper Astrid), Roma, 2005, 7.
49 Sul principio di buon andamento si vedano le riflessioni di V. CAPUTI JAMBRENGHI, Uffici e impiegati pubblici dallo Statuto albertino alla Costituzione nei centocinquant’anni di Unità d’Italia (veduta di scorcio), in www.giustamm.it, 2011, 12.
50 M. A. SANDULLI, op. ult. cit., 536-537.
51 La disciplina risulta così articolata: 1) interventi sottoposti a permesso di costruire: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti; gli interventi effettuati nei centri storici che implicano una modifica della destinazione d’uso; gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli; 2) attività soggette a segnalazione certificata di inizio attività: interventi di manutenzione straordinaria sulle parti strutturali dell’edificio; interventi di restauro e di risanamento conservativo riguardanti le parti strutturali dell’edificio; interventi di ristrutturazione edilizia; varianti a permessi di costruire che non modificano parametri urbanistici e volumetrie, destinazione d’uso, categoria edilizia e che non alterano la sagoma degli edifici vincolati; varianti a permessi di costruire che non portano a una variazione essenziale, ma solo se sono conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso richiesta dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e prescritti dalle altre normative di settore; 3) attività in regime alternativo segnalazione certificata/permesso di costruire: ristrutturazione edilizia che porti a un organismo edilizio del tutto o solo in parte diverso dal precedente e che comporti modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti; ristrutturazione edilizia che, solo per gli immobili nei centri storici, comporti un cambio della destinazione d’uso; interventi che comportino modifiche della sagoma di immobili sottoposti a vincoli; interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica se sono disciplinati da piani attuativi, o accordi negoziali (con valore di piano attuativo), che contengono precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive; interventi di nuova costruzione effettuati in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali che contengono precise disposizioni plano-volumetriche; 4) interventi soggetti a CILA: interventi non rientranti tra le attività di edilizia libera, né tra quelli soggetti a permesso di costruire e scia; 5) attività edilizia libera: nell’ambito degli interventi liberi vengono incluse: la realizzazione di rampe per la rimozione barriere architettoniche (lavoro per cui oggi è richiesta l’autorizzazione come per l’installazione di ascensori); opere dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee, da rimuovere al massimo entro 90 giorni; opere di pavimentazione e finitura degli spazi esterni contenute entro l’indice di permeabilità; installazione di pannelli solari e fotovoltaici al servizio degli edifici al di fuori dei centri storici; aree ludiche senza fini di lucro ed elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
52 Gli “interventi di manutenzione straordinaria” sono le le opere e le modifiche necessarie per: rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici; nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico; sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi: gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
53 C. LAMBERTI, E’ definitivo il nuovo articolo 6 del Testo unico edilizia, in Urb. appalti, 2010, 904.
54 La definizione è di W. GIULIETTI, Il controverso impatto della legge n. 122 del 2010 sulla dia edilizia, cit.
55 Corte cost., 13 giugno, 2013, n. 139, in www.cortecostituzionale.org.
56 A. TRAVI, Nuove modifiche al Testo unico in materia edilizia, in Urb. appalti, 2003, 145.
57 P. FALCONE, Gli interventi assoggettabili a denuncia di inizio attività, in Giorn. dir. amm., 2002, 482 ss.
58 C. CUDIA, Scia e Dia in edilizia (pensavo fosse liberalizzazione e invece era un calesse), cit.
59 Fortemente critica la posizione di A. TRAVI, La denuncia di inizio attività fra modelli generali e problemi pratici, cit., 382, che evidenzia come sull’asseverazione del professionista «rischiano di scaricarsi, oltre magari a comportamenti disinvolti e poco corretti (…), anche alibi ed ambiguità più profonde».
60 Come si è già evidenziato in altro scritto allorché lo strumento attuativo assuma, ad esempio, la forma del piano di lottizzazione di iniziativa privata, ovvero dell’accordo negoziale, il soggetto interessato alla realizzazione dell’intervento edilizio risulterebbe libero di calibrare, ex ante, soluzioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive alla stregua delle esigenze da realizzare attraverso il progetto. Ed anche se tali strumenti di pianificazione attuativa siano stati recepiti dal Comune sulla base di una valutazione di conformità all’interesse pubblico della sistemazione urbanistica ivi prefigurata, non può restare senza rilievo la circostanza che una valutazione siffatta si sia innestata su di un disegno pianificatorio proposto da privati, dunque rispondente anzitutto ai loro interessi. Ciò implica che il rischio di mal governo dell’istituto della “super-scia” si appalesa più immediato allorché ricorrano tali fattispecie.
61 Così A. ANGIULI, Il governo del territorio alla ricerca di “sistema”, cit., 38, che - con riferimento alla pianificazione urbanistica - sottolinea come «la liberalizzazione diffusa, intesa quale tecnica di eliminazione di controlli preventivi su attività private rilevanti dal punto di vista economico non è ex se incompatibile con la pianificazione: ancorché eventuale, presuppone, infatti, l’esistenza di parametri sufficientemente dettagliati per non esporre il territorio a rischi di trasformazione indiscriminata».
62 L’espressione è di P. STELLA RICHTER, Profili funzionali dell’urbanistica, Milano, 1984 (II ed. 2016), 141 ss.
63 Sulla scarsa attitudine semplificatoria degli istituti in esame B. MATTARELLA, La SCIA, ovvero dell’ostinazione del legislatore pigro, in Giorn. dir. amm., 2010, 1328 ss. Nel senso che la d.i.a./s.c.i.a. sarebbe «una seconda scelta» rispetto alla costruzione di un «moderno regime di intervento pubblico (…) anzicché dotare le Amministrazioni di mezzi adeguati viene approntato un rimedio procedurale» F.F. TUCCARI, La trasposizione della direttiva «servizi» in Italia alla luce del primo decreto correttivo e le recenti riforme anticrisi: verso un mutamento paradigmatico nel regime di intervento sulle attività?, in www.giustamm.it, 2012, 11.
64 F. SALVIA, La semplificazione amministrativa: tra scorciatoie procedimentali e semplicismi mediatici, in Nuove autonomie, 2008, 447 ss.
65 Neppure può condividersi quell’orientamento giurisprudenziale che, chiamato a sindacare la legittimità degli atti di pianificazione urbanistica che dispongono limiti o restrizioni all’insediamento di nuove attività economiche in determinati ambiti territoriali, assuma su di sé l’obbligo di effettuare un riscontro assai più penetrante «di quello che si riteneva essere consentito in passato»: ciò al fine di verificare, attraverso un’analisi degli atti preparatori e delle concrete circostanze di fatto che a tali atti fanno da sfondo, se effettivamente i divieti imposti possano ritenersi correlati e proporzionati «a effettive esigenze di tutela dell’ambiente urbano o afferenti all’ordinato assetto del territorio», sul versante della necessaria dotazione di standard, dovendo in caso contrario «ritenersi che le limitazioni in parola non siano riconducibili a motivi imperativi di interesse generale e siano, perciò, illegittime». TAR Lombardia, Milano, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2271, in www.LexItalia.it, 2013, 10. Cfr., altresì, Corte cost. 15 marzo 2013, n. 38, ivi, 2013, 3, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 31 del d.l. 201 del 2011, dell’art. 5, commi 1, 2, 3, 4 e 7 e dell’art. 6 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7, disposizioni preordinate a precludere l’esercizio del commercio al dettaglio in aree a destinazione artigianale e industriale, in assenza di plausibili esigenze di tutela ambientale che potessero giustificare il divieto.
66 P. LAZZARA, Principio di semplificazione e situazioni giuridiche soggettive, in Dir. amm., 2011, 679.
67 Così M. RENNA, A. GIANNELLI, La segnalazione certificata di inizio attività (art. 22 TUED), cit. 754.
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