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18/12/2020 - Per ottenere l’esenzione sull’immobile è necessaria sia la residenza anagrafica che la dimora stabile

tratto da leggiditalia.it

La Commissione tributaria provinciale di Chieti che aveva accolto il ricorso proposto da una contribuente contro l’avviso di accertamento relativo ad ICI per l’anno 2010.

il motivo dell’accoglimento si fondava sul fatto che nel periodo d’imposta, la contribuente e il di lei coniuge risiedevano in comuni diversi e che pertanto il nucleo familiare non dimorava nell’abitazione per la quale era richiesta l’esenzione, osservava, in particolare, la CTR che, alla stregua del disposto degli artt. 143 e 144 cod. civ., in difetto di primazia tra i coniugi, non poteva ritenersi che la dimora abituale della famiglia fosse quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche del marito ovvero quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche della moglie. Osservava, inoltre, che incombeva all’Amministrazione finanziaria dimostrare che la contribuente avesse già beneficiato dell’agevolazione prevista per la prima casa con riguardo all’abitazione di residenza del coniuge.

La Corte di Cassazione, investita della questione, ribalta la decisione affermando che, nel caso in cui il soggetto passivo dell’ICI sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo dall’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, atteso che, considerato che l’art. 144 cod. civ. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, ciò che assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia (Cass. n. 18096 del 2019). Si è inoltre precisato che, in tema di ICI, ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo.

Da ultimo, Cass. n. 4166 del 2020 ha affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista per la casa principale dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, conv. dalla I. n. 214/2011, richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente (nella specie, è stata confermata la sentenza impugnata che aveva escluso che l’immobile della ricorrente potesse ritenersi abitazione principale dato che il marito, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro comune).

Orbene, la CTR dell’Abruzzo, affermando che la contribuente potesse fruire dell’agevolazione fiscale pur essendo residente in un comune diverso da quello in cui risiedeva il marito, senza espletare alcun accertamento riguardo alla dimora abituale del nucleo familiare, non si è uniformata ai principi di diritto sopra enunciati, sviluppando argomentazioni non pertinenti rispetto alla valutazione giuridica ad essa demandata.

Sentenza Cassazione n. 28534/2020

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