Corte Costituzionale
Sentenza n. 43 dell’11/3/2020
Pubblico impiego – Regioni Autonome-Personale Agenzie regionali– accesso per pubblico concorso – Assunzione temporanea personale – Esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale - Assenza di adeguati elementi – illegittimità -Deroga a concorso - meccanismo di selezione - Solo se funzionali al buon andamento dell’amministrazione e presenza peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle- Assenza giustificazioni – illegittimità
Pubblico impiego- Progressioni economiche orizzontali - Decorrenza giuridica delle progressioni - Orientamenti consolidati Aran, Dipartimento della Funzione Pubblica e Corte dei Conti - Decorrenza progressioni non anteriore al primo gennaio dell’anno nel quale approvata la graduatoria - questione non fondata
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La regione Sardegna dispone il passaggio di alcuni terreni pubblici alla gestione dell’Agenzia FORESTAS e autorizza l’inquadramento temporaneo nel proprio organico del personale impegnato. La Corte chiamata a pronunciarsi, con la presente sentenza, afferma che i profili concernenti l’assunzione e l’inquadramento del personale pubblico privatizzato, riconducibili alla materia dell’ordinamento civile, comportano l’applicabilità, anche per la Regione autonoma della Sardegna, dell’art. 36, comma 2, del t.u. pubblico impiego, nella parte in cui introduce il limite delle «esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» che devono sussistere per giustificare la stipula di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato (sentenza n. 217 del 2012). La natura eccezionale dell’inquadramento – nel caso della Regione Sardegna non appare confermata dalla finalità che il legislatore regionale individua nell’esigenza di «garantire la continuità gestionale dei terreni e delle strutture», senza che la Regione autonoma offra ragguagli più circostanziati al riguardo. L’assunzione temporanea di personale presso l’Agenzia Forestas, così come previsto dall’art. 7, comma 2, della legge regionale, travalica questo limite. Non vi è certezza circa il carattere temporaneo ed eccezionale delle scelte poste in essere dalla Regione autonoma. Per l’inquadramento dei lavoratori, che si definisce temporaneo, non è invero previsto alcun termine finale certo. Pertanto, la previsione dell’assunzione di lavoratori a tempo determinato, di cui all’impugnato art. 7, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2019, in assenza di adeguati elementi che comprovino la sussistenza di un’effettiva situazione temporanea ed eccezionale, come stabilito dall’art. 36, comma 2, del t.u. pubblico impiego, deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima. L’ingresso nei ruoli della Regione ad una ben precisa categoria di soggetti, mediante loro iscrizione, ex lege, nella speciale «lista ad esaurimento» contrasta con quanto prevede l’art. 97, quarto comma, Cost.; la selezione concorsuale costituisce infatti la forma generale e ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento e imparzialità. La facoltà del legislatore di introdurre deroghe a tale regola, con la previsione di un diverso meccanismo di selezione per il reclutamento del personale pubblico, deve essere delimitata in modo rigoroso alla sola ipotesi in cui esse siano strettamente funzionali al buon andamento dell’amministrazione e sempre che ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis, sentenze nn. 5 e 36 del 2020, n. 40 del 2018 e n. 110 del 2017). Nel caso di specie, prevedendo la norma impugnata l’ingresso nei ruoli regionali di nuovo personale proveniente dall’esterno - senza fare riferimento ad alcuna forma di selezione e senza nemmeno richiamare peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (dell’art. 59 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2019) - la Corte ne dichiara l’illegittimità costituzionale. Nel caso in cui la norma regionale preveda progressioni economiche di tipo orizzontale, all’interno della medesima categoria o area di appartenenza, con decorrenze per gli effetti giuridici delle progressioni antecedenti alla previsione normativa si potrebbe palesare un contrasto con «gli orientamenti consolidati espressi dall’Aran, dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dalla Corte dei Conti», dagli stessi infatti si evincerebbe che la decorrenza giuridica delle progressioni non potrebbe essere fissata ad «una data anteriore a quella dell’approvazione della graduatoria o della presa delle funzioni” L’art. 61 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2019, rubricato «Progressioni professionali», stabilisce che «…al personale del comparto di contrattazione regionale che abbia maturato i requisiti per le progressioni professionali per l’anno 2018 e non sia transitato nel livello economico superiore, sono riconosciuti gli effetti giuridici della progressione con decorrenza dal 1° gennaio 2018. Tale decorrenza ha valore ai fini del calcolo della permanenza effettiva in servizio nel livello retributivo». La retrodatazione, rileva la Corte, non si pone in contrasto con gli «orientamenti consolidati» dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), del Dipartimento della Funzione Pubblica e/o della Corte dei conti, poiché in esse testualmente «la decorrenza delle progressioni non possa essere anteriore al primo gennaio dell’anno nel quale risulta approvata la graduatoria delle stesse» (così, in particolare, la delibera della Corte dei conti, sez. contr. Calabria, 20 marzo 2018, n. 57, che richiama gli indirizzi dell’ARAN). In termini analoghi si è pronunciata la Ragioneria generale dello Stato (parere prot. n. 49781, del 24 marzo 2017) e la stessa ARAN (nota prot. n. 7086, del 13 settembre 2016). Conseguentemente la Corte non rileva, nella norma regionale impugnata, profili di contrasto con il sistema delineato a livello statale, né sussistono diversità tra il trattamento contrattuale applicato in Sardegna e quello di altre Regioni e pertanto ritiene la questione infondata
Vai al documento
|
Corte di Cassazione - Sezione lavoro
Sentenza n. 7090 del 12/3/2020
Pubblico impiego – Insegnante iscritta alla gestione previdenziale INPDAP - prosecuzione volontaria della contribuzione INPS – domanda pensione anzianità con decorrenza antecedente ad aggiornamento tabella età pensionabile di cui l. 247/2007 – deroga all’innalzamento età pensionabile - no interpretazione restrittiva INPS dell’art. 1 co.8 L. 243/2004 modificato dalla L. 247/2007
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi a seguito del ricorso proposto dall’INPS, riguardo all’applicazione della deroga ai nuovi requisiti per la pensione di anzianità ai sensi dell’art. 1 co 8 L. 243/2004 modificato dalla L.247/2007 nei confronti di una assicurata a cui era stata autorizzata, in data 30/12/1972 la prosecuzione volontaria della contribuzione e che aveva presentato domanda per accesso alla pensione di anzianità. con decorrenza 1/1/2009, avendo compiuto 57 anni nel II trimestre del 2008. Il ricorrente riconosceva la pensione di anzianità ma con decorrenza 1/1/2010 ritenendo dovesse applicarsi nel caso l’innalzamento dell’età pensionabile stabilito dall’aggiornamento della tabella di cui alla legge 247/2007. La norma in esame dispone che “Le disposizioni in materia di pensionamenti di anzianità vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai lavoratori che, antecedentemente alla data del 20/7/2007, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. Il trattamento previdenziale del personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, del personale di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonché dei rispettivi dirigenti continua ad essere disciplinato dalla normativa speciale vigente”. L’INPS deduceva la violazione e falsa applicazione del citato articolo sostenendo che la norma speciale limita i suoi effetti ai procedimenti di contribuzione volontaria in itinere alla data del 20/7/2007 Gli ermellini dichiarano l’interpretazione dell’INPS restrittiva poiché la norma non richiede la sussistenza di ulteriori condizioni se non quella già intervenuta di autorizzazione alla prosecuzione volontaria anteriore al 20/7/2007. Tale autorizzazione è da intendersi finalizzata a tutelare una situazione di debolezza dell’assistito che con sacrifici personali si verrebbe a trovare a causa delle modifiche normative introdotte a non poter accedere al pensionamento per l’inasprimento dei requisiti stessi, pertanto, la ratio della norma alla deroga all’innalzamento dell’età pensionabile è quella di tutelare coloro che hanno conseguito i requisiti pensionistici avvalendosi della prosecuzione volontaria.
Vai al documento
|
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Retribuibilità dei tempi di vestizione dei lavoratori: articolo 1, comma 2, lett. a), del decreto legislativo n. 66/2003 - Interpello
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
Il Ministero del lavoro, in risposta ad istanza di interpello che chiedeva “se possano essere inclusi nell’orario di lavoro i tempi di vestizione della divisa da parte dei dipendenti, inquadrati in vari ruoli professionali, di aziende che applichino un CCNL che non preveda disposizioni specifiche al riguardo.” ritiene che “l’attività di vestizione e di svestizione debba essere inclusa nell’orario di lavoro solo in presenza dei requisiti previsti dalla richiamata giurisprudenza, e cioè nel caso in cui il datore di lavoro abbia imposto al lavoratore di indossare determinati indumenti dallo stesso forniti, con il vincolo di tenerli sul posto di lavoro. Viceversa, non sarebbe riconducibile ad orario di lavoro l’ipotesi in cui i lavoratori non siano obbligati ad indossare la divisa in azienda e non abbiano l’obbligo di dismetterla alla fine dell’orario, lasciandola in sede. In tali ultime ipotesi, infatti, il lavoratore resta libero di scegliere il tempo e il luogo dove indossare la divisa, ben potendo decidere di effettuare tale operazione presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro.”.
Vai al documento
|
Dipartimento della funzione pubblica
Comunicato del 27/3/2020
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
Con il comunicato del 27 marzo 2020 il Dipartimento della funzione pubblica ha fissato la sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi in capo al Dipartimento della funzione pubblica pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data.
Vai al documento
|
ANAC
Emergenza Coronavirus - Anac sospende termini e adempimenti (delibera n. 268 del 19 marzo 2020)
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
Recependo i contenuti dell’art. 103 del decreto legge 18/2020 e tenendo conto dell’emergenza sanitaria in atto, l’Autorità nazionale anticorruzione ha deliberato la sospensione dei termini per i procedimenti in corso e dilazionato i tempi per alcuni adempimenti previsti ex lege (vedi Delibera n. 268 del 19 marzo 2020).
|
|
|
|