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Associazione Nazionale Professionale Segretari Comunali e Provinciali
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25/09/2019 - AranSegnalazioni - Newsletter del 24/9/2019

dalla newsletter Aran
AranSegnalazioni - Newsletter del 24/9/2019
 
Attività istituzionale dell'Agenzia

Orientamenti applicativi
Comparto Funzioni Centrali
È possibile riconoscere i permessi retribuiti per la partecipazione a concorsi o esami di cui all’art. 31, comma 1, lett. a), del CCNL Funzioni centrali del 12/2/2018 anche ai dipendenti che ne facciano richiesta per lo svolgimento di prove selettive nell’ambito di procedure di mobilità o propedeutiche all’attivazione di comandi?
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Orientamenti applicativi
Comparto Funzioni Centrali
La malattia del figlio, non accompagnata da ricovero, può sospendere il godimento delle ferie, sia ove queste siano già in essere sia nel caso in cui l’evento si verifichi a ridosso della loro decorrenza? Rileva che la malattia sia di durata superiore a tre giorni?
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Sezione Giuridica
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Sentenza n. 18411 del 9/7/2019
Pubblico impiego – abuso di permesso ex art. 33 comma 3 L. 104/1992 – lavoratore rimasto a casa nelle giornate di permesso - licenziamento per giusta causa

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La Corte respinge il ricorso di un lavoratore che era stato licenziato per avere abusato, in due circostanze, del permesso ex art. 33 comma 3 L. 104/1992. L’agenzia investigativa assunta dalla società datrice di lavoro aveva infatti dimostrato, attraverso l’appostamento di un suo investigatore nei pressi della casa del lavoratore, che quest’ultimo, nelle giornate in cui aveva usufruito del permesso, non era mai uscito di casa, dalla mattina molto presto fino a sera inoltrata. Il ricorrente quindi era rimasto a casa tutto il tempo e non si era recato ad assistere la zia handicappata, a differenza di quello che aveva invece dichiarato. La condotta del lavoratore, aveva quindi incrinato in modo insanabile il rapporto di fiducia con la società datrice di lavoro che aveva pertanto proceduto con il licenziamento per giusta causa. La sentenza riguarda un rapporto di lavoro tra privati, ma è ovviamente applicabile anche al lavoro pubblico.
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza n. 21412 del 14/8/2019
Pubblico impiego – polizia municipale – turnisti – turno nei giorni festivi – turno in giorni festivi infrasettimanali – compenso aggiuntivo – cumulo – CCNL comparto regioni e autonomie locali 14/9/2000 artt. 22 comma 5 e 24 comma 2 – loro applicazione
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il Comune di Rho ricorre contro la sentenza della Corte d’appello territoriale che lo aveva condannato al pagamento del compenso aggiuntivo - previsto dall’art. 24 comma 2 del CCNL comparto regioni e autonomie locali del 14/8/2000 - che alcuni lavoratori rivendicavano per aver prestato la loro attività in giornate festive infrasettimanali. Compenso aggiuntivo cha andava a cumularsi con la maggiorazione già percepita per il lavoro prestato in turno nei giorni festivi ai sensi dell’art. 22 comma 5 del suddetto contratto. Gli Ermellini, accogliendo il ricorso del Comune chiariscono nella sentenza: “questa Corte ha già più volte affermato che, ove la prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale (come in quella domenicale) si applica l'art. 22, comma 5, del CCNL 14.9.2000 comparto Autonomie locali - che compensa il disagio con la maggiorazione del 30% della retribuzione -, mentre il disposto dell'art. 24 - che ha ad oggetto l'attività prestata dai lavoratori dipendenti in giorni festivi infrasettimanali, oltre l'orario contrattuale di lavoro - trova applicazione soltanto quando i predetti lavoratori siano chiamati a svolgere la propria attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo settimanale che competono loro in base ai turni, ovvero in giornate festive infrasettimanali al di là dell'orario di lavoro; …. pertanto, in relazione al lavoro prestato in giorni festivi, il lavoratore turnista ha diritto alla maggiorazione di cui all'art. 24, comma 1 CCNL quando ciò avvenga in coincidenza con il giorno destinato al riposo settimanale (in tal caso, la maggiorazione spetta in aggiunta al riposo compensativo); ha diritto alla corresponsione del compenso di cui all'art. 24, comma 2 (in alternativa al riposo compensativo) quando la prestazione sia resa in giorno festivo oltre il normale orario di lavoro; ha diritto al solo compenso di cui all'art. 22, comma 5, per la prestazione resa in giorno festivo in regime di turnazione ed entro il normale orario di lavoro”.
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Sentenza n. 21416 del 14/8/2019
Pubblico impiego – permesso ex art. 33 comma 3 L. 104/1992 per assistenza a parente disabile non ricoverato stabilmente presso alcuna struttura – assistenza in ambito familiare – ricovero in ambiente ospedaliero o similari – principi di diritto  

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il ricorrente impugna il licenziamento per giusta causa intimatogli dalla ASL di cui era dipendente, per aver dichiarato che il soggetto disabile per cui beneficiava dei permessi ai sensi dell’art. 33, comma 3, della L: n. 104/ 1992, la madre, non fosse ricoverato stabilmente presso alcuna struttura, mentre la Asl, a seguito di controlli, aveva appurato che da due anni la signora soggiornava presso una residenza sostanzialmente alberghiera. Gli Ermellini, accogliendo il ricorso del dipendente chiariscono il significato del comma 3 dell’art. 33 L. 104 che così stabilisce: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, ...ha diritto a usufruire di tre giorni di permesso mensile retribuito” Dicono i giudici: “la ratio legis dell'istituto in esame consiste nel favorire l'assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare rendendo incompatibile con la fruizione del diritto all'assistenza da parte dell'handicappato solo una situazione nella quale il livello di assistenza sia garantito in un ambiente ospedaliero o del tutto similare. Solo strutture di tal genere, infatti, possono farsi integralmente carico sul piano terapeutico ed assistenziale delle esigenze del disabile, con ciò rendendo non indispensabile l'intervento, a detti fini, dei familiari….. Se, invece, la struttura non sia in grado di assicurare prestazioni sanitarie che possono essere rese esclusivamente al di fuori di essa, si interrompe la condizione del ricovero a tempo pieno in coerenza con la ratio dell'istituto dei permessi … che è quella di consentire l'assistenza della persona invalida che non sia altrimenti garantita o per i periodi in cui questa non lo sia…. Da tanto consegue che il lavoratore può usufruire dei permessi per prestare assistenza al familiare ricoverato presso strutture residenziali di tipo sociale, quali case-famiglia, comunità-alloggio o case di riposo perché queste non forniscono assistenza sanitaria continuativa mentre non può usufruire dei permessi in caso di ricovero del familiare da assistere presso strutture ospedaliere o comunque strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria continuativa.” Il termine “ricovero” di cui all’art. 33 L. 104/1992 è riferibile solo al ricovero in strutture di tipo sanitario.
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Sentenza n. 21528 del 20/8/2019
Pubblico impiego – procedure concorsuali – annullamento per autotutela del concorso svolto – richiesta risarcimento danni – principi di diritto  

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il ricorrente chiede che venga riconosciuta la illegittimità della sua retrocessione alla posizione di provenienza – disposta dal Comune di cui è dipendente – a causa dell’annullamento in autotutela del concorso svolto per la copertura di un posto dirigenziale. Il ricorrente chiede inoltre il risarcimento dei danni subiti sostenendo che l’annullamento d’ufficio del concorso non implica automaticamente la nullità del rapporto di lavoro stipulato sulla base del suddetto concorso. I giudici respingono la richiesta e dettano il seguente principio di diritto: “nell'impiego pubblico contrattualizzato, poiché alla stipula del contratto di lavoro si può pervenire solo a seguito del corretto espletamento delle procedure concorsuali previste dall'art. 35, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001 o, per le qualifiche meno elevate, nel rispetto delle modalità di avviamento di cui al combinato disposto del richiamato art. 35, comma 1, lett. b) e degli artt. 23 e seguenti del d.p.r. n. 487/1994, la mancanza o l'illegittimità delle richiamate procedure si traduce in un vizio genetico del contratto, affetto, pertanto, da nullità, che l'amministrazione, in quanto tenuta a conformare il proprio comportamento al rispetto delle norme inderogabili di legge, può fare unilateralmente valere, perché anche nei rapporti di diritto privato il contraente può rifiutare l'esecuzione del contratto nei casi in cui il vizio renda il negozio assolutamente improduttivo di effetti giuridici. Pertanto il legittimo annullamento in autotutela del concorso interno sulla cui base era stato poi stipulato il contratto di lavoro, consente alla P.A. di considerare caducato il rapporto di lavoro e di non darvi ulteriore esecuzione.” Prosegue poi la Corte: “Da quanto sopra deriva che l'eventuale responsabilità della P.A. per l'accaduto non ha natura contrattuale, … trattandosi semmai di una tipica fattispecie di responsabilità precontrattuale (e dunque extracontrattuale) ex art. 1338 c.c., per avere la P.A., attraverso l'indizione di un concorso illegittimo e la successiva stipula in base ad esso di un contratto di lavoro nullo, leso l'affidamento altrui.” Da ciò consegue che sulla base delle regole proprie della responsabilità extracontrattuale, spetta a chi lamenta di aver subito un danno, dimostrarne l’esistenza e la riconducibilità al comportamento altrui. 

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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza n. 21569 del 21/8/2019
Pubblico impiego – personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie – indennità di perequazione ex art. 1 L. 200/1974 – inclusione o meno della retribuzione di posizione - principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Decidendo sulla richiesta di due ricorrenti riguardante l’indennità di perequazione stabilita dall’art. 1 L. 200/1974 la Corte ricorda il principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 9279/2016: “l'indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie, riconosciuta dall'art. 1 della I. n. 200 del 1974 per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata - in caso di equiparazione tra l'originario VIII livello di cui alla I. n. 312 del 1980 (relativo ai dipendenti dell'Università) e il IX livello, poi divenuto 10 livello dirigenziale (relativo ai dipendenti ospedalieri) - senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all'effettivo conferimento di un incarico direttivo". A tale principio intende quindi riportarsi la Corte in merito alla presente decisione. Inoltre, proseguono i giudici: “Le Sezioni Unite nella richiamata sentenza n. 9279 del 2016 hanno ricostruito il quadro normativo di fonte legale e contrattuale e hanno rilevato che il CCNL dell'area della dirigenza per il personale dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del S.S.N. del 5.12.1996 per il quadriennio normativo 1994-1997, al pari del CCNL 8 giugno 2000 (area della dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del servizio sanitario nazionale per il quadriennio 1998 - 2001), con I 'art. 53 del CCNL 5 dicembre 1996 e l'art. 40 del CCNL 8 giugno 2000), hanno correlato la retribuzione di posizione dei dirigenti all'incarico agli stessi conferito dall'azienda o ente”.

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Corte dei conti
Sezione regionale controllo Marche Deliberazione n. 41/2019
Pubblico Impiego – modalità utilizzo graduatorie concorsuali – Applicazione L.145/2018 (legge di bilancio 2019)

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
I magistrati intervengono in materia di utilizzo di graduatorie concorsuali precisando che: “la legge n. 145 del 2018 stabilisce, dunque, un obbligo in capo alle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, sulle modalità di utilizzo delle graduatorie di concorso per il reclutamento del proprio personale: attraverso la previsione dell'utilizzabilità delle graduatorie “esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso”, infatti, viene sostanzialmente eliminata tanto la possibilità di operare uno scorrimento delle graduatorie - nel periodo di vigenza delle stesse - per far fronte alla copertura di posti che si rendessero vacanti successivamente all'indizione del concorso, quanto la possibilità di utilizzo delle graduatorie - nel periodo di vigenza delle stesse - per la copertura di posti necessari ad altro Ente.” Il Collegio ritiene, tuttavia, che tale principio non possa trovare applicazione per le assunzioni a tempo determinato, in quanto la disposizione contenuta nell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall’art. 4, comma 1, decreto-legge n. 101 del 2013, non è stata abrogata dalla citata 145/2018, e rinvia all’orientamento della giurisprudenza contabile secondo il quale: “tale disposizione si colloca nell’ambito di una serie di disposizioni volte a limitare la possibilità per gli enti locali di utilizzare contratti di lavoro flessibile, in particolare, il tempo determinato, ribadendo che la regola generale per assumere è il contratto a tempo indeterminato, quale strumento ordinario per far fronte al fabbisogno di personale, mentre le assunzioni a tempo determinato possono avvenire soltanto per esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale” (da ultimo sez. reg. controllo Campania n. 31/2017).

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INPS
Articolo 19 D.L. 28/1/2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28/3/2019, n. 26. Termine di prescrizione dei contributi dovuti dalle amministrazioni pubbliche – Circolare n. 122 del 6/9/2019
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
L’INPS, con la circolare n. 122/2019 fornisce alle amministrazioni pubbliche iscritte alle casse pensionistiche della Gestione pubblica le indicazioni relative alla prescrizione dei contributi dovuti, a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 19 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26. Detto articolo rinvia al 31 dicembre 2021 l’applicazione dei termini di prescrizione, di cui ai commi 9 e 10 dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, delle contribuzioni obbligatorie afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014.

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Una frase per noi

Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.

Walt Whitman