24/09/2019 - Abusi edilizi e inammissibilità dell'istituto della sanatoria giurisprudenziale
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Abusi edilizi e inammissibilità dell'istituto della sanatoria giurisprudenziale
di Giuseppe Cassano - Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella decisione in esame il Consiglio di Stato - adito per la riforma della sentenza del T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, n. 1696/2017 - interviene in tema di diniego di condono edilizio e conseguente ordinanza di demolizione.
I Giudici di Palazzo Spada - che si riportano (tra l'altro) al dictum facente capo alla sentenza n. 9 del 2017 dell'Adunanza Plenaria secondo cui, come noto, «il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino» - hanno modo di soffermarsi, in particolare, sull'istituto della sanatoria giurisprudenziale.
L'opzione interpretativa fatta propria dall'adito Collegio giudicante è in linea con quella già consolidata in giurisprudenza per cui l'istituto in esame deve ritenersi «normativamente superato» (v. ex multis: Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2018, n. 5319; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 5 giugno 2019, n. 546; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 5 giugno 2019, n. 940; T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 9 febbraio 2019, n. 105).
In termini generali, invero, la sanatoria di un immobile abusivo attraverso l'accertamento di conformità, istituto ordinario contrapposto a quello straordinario dei condoni previsti dalle leggi speciali, è disciplinata dall'art. 36, comma 1, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, secondo cui: «In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».
Tale norma, nell'ultima parte, prevede il requisito della doppia conformità: e cioè a dire, la sanabilità di un'opera abusiva deve essere valutata sia con riferimento alla normativa urbanistica ed edilizia del momento in cui essa fu realizzata, sia con riferimento a quella in vigore al momento della presentazione della domanda di sanatoria non essendo sufficiente il rispetto di quest'ultima (Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2018, n. 1389).
Precisa la giurisprudenza sul punto: «è poi ovvio che la normativa urbanistica che viene in considerazione potrebbe essere stata anche illegittimamente adottata, ciò però secondo i principi non assume autonomo rilievo. Gli atti che prevedono il regime urbanistico di un'area sono atti amministrativi al pari degli altri, e quindi rimangono validi ed efficaci, anche se illegittimi, se l'interessato non si attiva nei termini di decadenza per ottenerne dal Giudice l'annullamento.» (Cons. Stato, sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2714).
Si ribadisce, così, da parte dell'adito Collegio giudicante, come il permesso in sanatoria si possa ottenere solo in presenza dei presupposti espressamente delineati dall'art. 36 cit. venendo, poi, la sanatoria giurisprudenziale in rilievo quale atto atipico con effetti provvedimentali praeter legem, i quali si andrebbero a collocare -ove se ne affermasse l'operatività- al di fuori di ogni previsione normativa.
L'istituto in esame non trova, dunque, alcun fondamento nell'ordinamento giuridico, contrassegnato, quest'ultimo, dai principi di legalità dell'azione amministrativa e di tipicità e nominatività dei poteri esercitati dalla P.A..
E' poi opportuno rammentare che a favore della incompatibilità della sanatoria giurisprudenziale con il dettato normativo di cui all'art. 36 cit. militano anche argomenti interpretativi letterali e logico-sistematici, oltre che attinenti ai lavori preparatori.
La Corte Costituzionale, poi, ha più volte ribadito al riguardo la natura di principio, tra l'altro vincolante per la legislazione regionale, della previsione della «doppia conformità» (Corte Cost. 31 marzo 1998, n. 370; Corte Cost. 13 maggio 1993, n. 231; Corte Cost. 27 febbraio 2013, n. 101) seppur con precipuo riferimento inizialmente ai soli profili penalistici (Corte Cost. 6 novembre 1998, n. 370; Corte Cost. 13 maggio 1993, n. 231).
Con tale ultima pronuncia, in riferimento ad un giudizio di costituzionalità di legge regionale della Toscana, ha affermato che il rigore insito nel principio della «doppia conformità» trova la propria ratio ispiratrice nella «natura preventiva e deterrente» della sanatoria in questione, finalizzata a frenare l'abusivismo edilizio, in modo da escludere letture «sostanzialiste» della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell'istanza per l'accertamento di conformità.
Si vedano ancora i seguenti arresti della giurisprudenza:
- «la teoria della sanatoria giurisprudenziale risulta da tempo superata (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 5319/2018), con la conseguenza che un manufatto contrastante con la disciplina urbanistica vigente al momento della sua costruzione è e resta un'opera abusiva» (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 16 maggio 2019, n. 1117);
- «La configurabilità della c.d. "sanatoria giurisprudenziale" è costantemente esclusa dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, trattandosi di istituto di origine giurisprudenziale, che si pone in contrasto con i principi di tipicità e legalità dell'azione amministrativa» (T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 21 gennaio 2019, n. 65);
- «La c.d. "doppia conformità" costituisce, perciò, un requisito dal quale non può prescindersi ai fini del rilascio della sanatoria di opere edilizie, mentre la c.d. "sanatoria giurisprudenziale" - consistente nel rilascio del titolo edilizio sulla base della sola conformità dell'opera abusiva rispetto alla pianificazione urbanistica vigente - finirebbe per dare luogo a "un atto atipico con effetti provvedimentali che si colloca al di fuori di qualsiasi previsione normativa e che pertanto non può ritenersi ammesso nel nostro ordinamento, contrassegnato dal principio di legalità dell'azione amministrativa e dal carattere tipico dei poteri esercitati dall'Amministrazione, alla stregua del principio di nominatività, poteri che non possono essere surrogati dal giudice, pena la violazione del principio di separazione dei poteri e l'invasione di sfere di attribuzioni riservate all'Amministrazione" (T.A.R. per la Lombardia - sede di Milano, sez. II, 17 maggio 2018, n. 1298; Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194). Del resto, secondo quanto rilevato dalla giurisprudenza, la ragionevolezza della regola posta dall'art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001 discende dall'esigenza, presa in considerazione dal legislatore, di evitare che il potere di pianificazione possa essere strumentalizzato al fine di rendere lecito ex post (e non punibile) ciò che risulta illecito (e punibile) e, inoltre, di dissuadere dall'intenzione di commettere abusi, poiché chi costruisce sine titulo è consapevole di essere tenuto alla demolizione, anche in presenza di una sopraggiunta modificazione favorevole dello strumento urbanistico (Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1324, e Cons. Stato, n. 2755 del 2014, cit.)» (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 8 gennaio 2019, n. 31).