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23/09/2019 - Contratto in forma scritta per il servizio di rimozione delle auto incidentate

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Contratto in forma scritta per il servizio di rimozione delle auto incidentate
di Roberto Rossetti - Comandante Polizia Locale
Un Comune ricorre in Cassazione per ottenere la modifica della sentenza della Corte d'Appello, che lo aveva condannato a pagare le spese di rimozione e custodia dei veicoli incidentati alla ditta incaricata di effettuare quelle operazioni, in forza del fatto che dette spese erano da ritenersi imposte dall'art. 14C.d.S. (D.Lgs. n. 285/1992) che pone in carico agli enti proprietari delle strade l'obbligo di eliminare e senza ritardi gli intralci alla sicurezza della circolazione derivante dalla presenza di veicoli coinvolti in incidenti stradali, sostenendone le spese, salvo possibilità di rivalsa successiva sui proprietari dei veicoli medesimi.
Oltre ad eccezioni procedurali, nel ricorso in Cassazione il Comune eccepisce che il contratto con la ditta incaricata della rimozione difettava della necessaria forma scritta e non potevasi dar corso al pagamento per carenza del prescritto impegno di spesa e l'impossibilità di riconoscere tale debito come "fuori bilancio"
La fonte del dovere per il personale che esplica servizi di Polizia Stradale (ex art. 12C.d.S.) di disporre la rimozione e l'affidamento in custodia dei veicoli incidentati è individuata nell'art. 14C.d.S., norma che, alla luce di consolidata giurisprudenza della stessa sezione (cfr. sentenze 24 giugno 2008 n. 17178 e 8 giugno 2011 n. 12529) prevede l'obbligo per i proprietari o i concessionari di strade pubbliche di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia di esse, che comprende la rimozione, la custodia e, se del caso, la demolizione sia dei veicoli lasciati in sosta d'intralcio, sia di quelli abbandonati e di sostenere i relativi oneri e spese, salvo rivalsa nei confronti del proprietario del veicolo.
Tuttavia le Sezioni Unite (cfr. sentenza 17 novembre 2015 n. 23458), con riferimento al caso di veicoli sottoposti a sequestro, hanno precisato che il profilo pubblicistico che deriva dall'obbligo scaturente dalla legge di prestare un pubblico servizio si accompagna ad un profilo privatistico e di natura convenzionale, quando la stessa P.A. si valga della facoltà di adottare strumenti negoziali e non di poteri autoritativi per garantire lo svolgimento di detto servizio.
In tale ottica, diviene quindi risolutivo ai fini della decisione, proprio l'assenza di un formale provvedimento di sequestro dei veicoli, per la cui custodia e rimozione viene chiesto il compenso da parte della ditta.
Infatti, nel caso di veicoli assoggettati a misura cautelare, la giurisprudenza (cfr Cass. civ., Sez. II, sentenza 13 giugno 2018, n. 15515 e Cass. civ., Sez. I, sentenza 8 maggio 2015 n. 9394) ha affermato che, nel caso di sequestro amministrativo di un veicolo, ad opera della Polizia Locale, per violazioni del codice della strada e di suo affidamento in custodia a soggetto pubblico o privato, diverso sia dall'amministrazione che ha eseguito il sequestro, sia dal proprietario del mezzo sequestrato, l'Amministrazione Comunale è obbligata ad "anticipare" le spese spettanti al custode, ai sensi dell'art. 11, comma 1, D.P.R. n. 571/1982, salvo recupero dall'autore della violazione o dall'eventuale obbligato in solido o dal soggetto in favore del quale viene disposta la restituzione del veicolo medesimo ed è, pertanto, passivamente legittimata rispetto alla domanda del custode stesso di pagamento delle spese (cfr. Cass. civ., Sez. VI, 26 marzo 2015, n. 6067).
In tali ipotesi, l'art. 8D.P.R. n. 571/1982 prevede che, nel caso di sequestro di veicoli a motore, il pubblico ufficiale che ha proceduto al sequestro, se riconosce che non è possibile o non conviene custodire il veicolo nell'ufficio cui appartiene, può disporre che la custodia avvenga presso soggetti pubblici o privati individuati dai prefetti, ovvero può disporre che la stessa avvenga in luogo diverso nominando il custode, aggiungendo, al secondo comma, che i prefetti provvedono, annualmente, alla ricognizione dei soggetti ai quali può essere affidata la custodia dei veicoli sottoposti a sequestro.
Analoga previsione è contenuta nell'art. 394 del Regolamento di esecuzione al C.d.S. (D.P.R. n. 495/1992) secondo cui: "Nel caso di sequestro del veicolo ai sensi dell'art. 213, comma 2, del codice, il veicolo è condotto nel luogo scelto per la custodia, […] a cura dell'organo procedente. Se è presente il conducente, il veicolo è condotto dal medesimo a cura e sotto la vigilanza dell'organo procedente. In tutti gli altri casi questo provvede al trasferimento o al traino del veicolo con i mezzi che ritiene più idonei, in modo da non apportare danno al veicolo stesso; le spese relative rientrano tra quelle attinenti all'esecuzione del sequestro (comma 1). La custodia del veicolo e delle altre cose sequestrate è disposta di preferenza presso l'ufficio o comando cui appartiene l'organo accertatore della violazione. Il preposto all'ufficio o comando nomina un custode tra i componenti dell'ufficio o comando che dia garanzie di idoneità all'assolvimento degli obblighi di custodia (comma 2). Se non è possibile o non conviene custodire il veicolo o le altre cose sequestrate presso l'ufficio o comando di cui al comma 2, il preposto all'ufficio o comando stesso dispone che il sequestro avvenga in un idoneo locale appartenente ad uno dei soggetti pubblici o privati indicati in un elenco annualmente predisposto dal prefetto competente. Il soggetto predetto è nominato custode (comma 4)".
La specifica disciplina dettata per il sequestro assicura la predeterminazione del soggetto cui possa essere validamente affidata la custodia del veicolo, che è indicato nell'elenco predisposto dal Prefetto e consente al pubblico ufficiale che adotta la misura cautelare di poter direttamente affidare il veicolo, senza dovere procedere alla stipula di uno specifico nuovo contratto, permettendo al custode di poter poi legittimamente reclamare il proprio corrispettivo nei confronti dell'amministrazione cui appartiene il funzionario che abbia disposto la custodia.
Al di fuori però di tale ipotesi, espressamente disciplinata da una normativa specifica e pur riconoscendo come doverosa l'attività dell'amministrazione o del concessionario titolare della strada finalizzata ad assicurare la sicurezza della circolazione, ai sensi del citato art. 14 C.d.S., il diritto al corrispettivo dell'affidatario del veicolo non-può prescindere dalla valida assunzione di un'obbligazione contratta come previsto per l'attività negoziale della stessa P.A. (si veda a tal fine Cass. civ., Sez. I, sentenza 23 marzo 2016 n. 5766, nonché Cass. civ., Sez. I, sentenza 4 maggio 2011 n. 9751, chiamate a valutare la pretesa della società cui un Comune aveva affidato il servizio di rimozione coattiva dei veicoli in sosta vietata, nonché della custodia di quelli rimossi, dalla cui motivazione si ricava che il servizio in oggetto era stato formalizzato con apposto contratto).
I requisiti di validità dei contratti posti in essere dalla P.A. "iure privatorum", attengono essenzialmente alla manifestazione della volontà ed alla forma: la prima deve provenire dall'organo al quale è attribuita la legale rappresentanza (previe eventuali delibere di altri organi), mentre la forma deve essere scritta, a pena di nullità, per consentire i controlli cui l'azione amministrativa è sempre soggetta (cfr. ex multis da ultimo Cass. civ., Sez. II, ordinanza 31 ottobre 2018, n. 27910Cass. civ., Sez. II, sentenza 6 ottobre 2016, n. 20033).
In difetto di tali imprescindibili requisiti si configura un comportamento di fatto privo di rilievi giuridici e la insussistenza di un contratto opponibile a terzi, per l'assenza dell'accordo tra le parti, richiesto dall'art. 1321 c.c..
Nella fattispecie la Corte di Appello non aveva individuato la patologia dell'assenza di un contratto in forma scritta, soffermandosi sul diverso profilo di invalidità derivante dall'assenza di impegno di spesa per il contratto di deposito oggetto di causa, omissione che già impone la cassazione della sentenza gravata (in tal senso, e con specifico riferimento ad ipotesi di affidamento di veicoli in custodia nella medesima fattispecie si veda da ultimo Cass. civ., Sez. II, ordinanza 12 aprile 2019 n. 10354).
Non può supplire a tale carenza il richiamo ad una situazione contingente che imponeva un'azione immediata, perché in tal caso l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 77/1995 e art. 191, comma 3, D.Lgs. n. 267/2000 (T.U. Enti Locali), che sono norme applicabili anche ai contratti di appalto di lavori pubblici (Cass. civ., Sez. III, sentenza 28 settembre 2009 n. 20763). La mancata regolarizzazione, che è un preciso obbligo della P.A., costituisce una violazione che può essere fatta valere non solo dal terzo contraente, ma anche dalla stessa Amministrazione ed è finalizzata ad evitare l'accumularsi di debiti fuori bilancio, in mancanza, non può ritenersi sussistente un valido rapporto obbligatorio tra l'Amministrazione ed il terzo (cfr. Cass. civ., Sez. I, sentenza 3 settembre 2010 n. 19037Cass. civ., Sez. II, sentenza, 21 gennaio 2016 n. 1073; nonché Cass. civ. Sez. I, sentenza 3 settembre 2010 n. 19038Cass. civ., Sez. I, sentenza 17 gennaio 2003 n. 669Cass. civ., Sez. I, 5 ottobre 2000 n. 13276 per le ipotesi di cd. Cottimo fiduciario).
La Corte ritiene che anche le censure relative alle violazioni delle regole per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio meritino accoglimento.
La sentenza impugnata, pur avendo preso atto che il contratto di deposito non era stato preceduto da un formale impegno di spesa, aveva ritenuto irrilevante questa carenza, in ragione dell'urgenza di provvedere e della possibilità di riconoscere a posteriori, tale obbligazione, come debito fuori bilancio, ex art. 194D.Lgs. n. 267/2000.
Questa, però, secondo la Suprema Corte è una conclusione che contrasta con la giurisprudenza la quale ha affermato (cfr. Cass. civ., Sez. I, sentenza 27 gennaio 2015, n. 1510) che il riconoscimento di un debito fuori bilancio, ex art. 194, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 267/2000, costituisce un procedimento discrezionale che consente all'ente locale, una volta accertati e dimostrati l'utilità e l'arricchimento che ne derivano per l'ente stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, di far salvi gli impegni di spesa, per l'acquisizione di beni e servizi, in precedenza assunti anche se privi di copertura contabile, ma non introduce una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi, come nella fattispecie, né apporta una deroga al regime di inammissibilità dell'azione di indebito arricchimento di cui all'art. 23D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 1989, n. 144 (conf. Cass. civ., Sez. I, sentenza 12 novembre 2013 n. 25373).
La sentenza impugnata viene, pertanto, cassata.
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