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Associazione Nazionale Professionale Segretari Comunali e Provinciali
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06/09/2019 - costi del servizio scuolabus e pareri non vincolanti delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti 

tratto da FB
L’ultimo cruccio arrecato agli enti locali dai discordanti pareri delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti riguarda la copertura dei costi del servizio dello scuolabus. La Sezione per il Piemonte, con la consueta eccessiva rigorosità, attraverso la deliberazione 46/2019, nel negare che si tratti di servizio a domanda individuale, pretende (con chiave di lettura estremamente criticabile) l’integrale copertura del costo a carico delle famiglie.
Decisione assestata? Tutt’altro. La magistratura contabile ormai da anni ha abituato gli enti locali a decisioni contrastate ed ondivaghe, tali da mancare troppo di frequente l’obiettivo del “controllo collaborativo” che dovrebbe consistere nel fornire una guida verso una gestione corretta e coerente. Dunque, immancabilmente, la Sezione per la Puglia afferma, non nella forma ma nella sostanza, l’opposto di quanto indicato dalla Sezione Piemonte, col parere 76/2019: “nell'obbligatorio rispetto dell'economicità del servizio, presupposto essenziale per consentire l'effettività e la continuità della sua erogazione, tra le risorse volte ad assicurare l'integrale copertura dei costi possono essere ricomprese le contribuzioni regionali e quelle autonomamente destinate dall'ente nella propria autonomia finanziaria purché reperite nel rispetto della clausola d'invarianza finanziaria espressa nel divieto dei nuovi e maggiori oneri, con corrispondente minor aggravio a carico all'utenza”.
Quindi, per la Sezione Puglia non ha alcun rilievo se il servizio sia qualificabile o meno come a domanda individuale. La gratuità non è ammessa; per altro, i servizi a domanda individuale non debbono necessariamente essere gratuiti per i cittadini; è possibile, invece, reperire nel bilancio degli enti le risorse, compresi i trasferimenti regionali, utili per abbassare la tariffa a carico degli utenti, nel rispetto dell’equilibrio della gestione.
Dovrebbe risultare del tutto scontato ed ovvio che l’ente possa utilizzare tutte le risorse disponibili del bilancio per sostenere anche in parte costi di servizi essenziali per la garanzia del diritto allo studio, costituzionalmente tutelata.
Incredibilmente, invece, i comuni rinunciano quasi del tutto all’onere ed alla dignità dell’amministrazione “attiva”, quella che pondera gli interessi, utilizza le risorse e decide come e dove intervenire, per rifugiarsi sempre più passivamente nell’amministrazione consultiva, quella volta a fornire pareri a supporto delle decisioni. Nella speranza recondita che detti pareri finiscano appunto per contrastare tra loro e, quindi, consentire in ogni caso una decisone o bianca o nera.
La rinuncia alla dignità dell’amministrazione attiva è molto grave e certo alimentata dalla magistratura contabile, proprio a causa dei suoi contrasti. Troppe volte è accaduto che pareri oggettivamente non condivisibili siano, poi, stati oggetto di revisioni di sezioni regionali discordanti, anche se poi non necessariamente in sede nomofilattica, davanti alla Sezione Autonomia, la composizione finale della questione non sempre va nella direzione sperata dagli enti locali o, comunque, condivisibile.
L’esempio più eclatante di pareri che hanno pesantemente condizionato l’attività degli enti locali riguarda la desolante conduzione del problema dei diritti di rogito per i segretari con qualifica equivalente a quella dirigenziale operante negli enti senza dirigenza: le sezioni si sono ostinate per tre anni nel negare la possibilità di riconoscere ai segretari tali diritti, innescando un contenzioso davanti al giudice del lavoro enorme, nel quale le tesi della magistratura contabile sono finite sempre per essere anche aspramente smentite dal giudice ordinario.
Ma, per i comuni è possibile non impantanarsi nella passività della ricerca a qualsiasi costo del parere e non rifugiarsi in quella sorta di “ipse dixit” in cui sono stati trasformati i pareri della Corte dei conti?
La risposta è chiara: sì, certo. Non solo i comuni possono, ma nell’esercizio della loro funzione di amministrazione attiva dovrebbero ricordare che i pareri, come scritto sopra, sono solo un “supporto” alla decisione, non la sostituiscono.
E’, allora, il caso di eliminare la radicata opinione della vincolatività dei pareri espressi dalle sezioni regionali di controllo. I pareri da queste emanati non sono vincolanti: come tali, quindi, gli enti se ne possono discostare, ovviamente argomentando molto bene le ragioni giuridiche a fondamento di una visione non conciliabile con quella espressa dal parere.
Per tornare alla questione dello scuolabus, non sarebbe stato per nulla difficile osservare l’incompletezza e l’eccessiva rigidità della pronuncia della Sezione Piemonte, per giungere alle stesse – del tutto ovvie – conclusioni della Sezione Puglia.
Gli enti, tuttavia, sembra abbiano un timore riverenziale invincibile di scegliere assumendosi la responsabilità della decisione di amministrazione attiva.
Ma, fanno male. Perché, appunto, i pareri delle sezioni regionali non sono vincolanti. Non lo sono sia perché la legge 131/2003 non li qualifica come tali, né potrebbe: altrimenti, la magistratura contabile di fatto sarebbe investita di un potere gestionale del quale un potere indipendente non può essere dotato.
Non lo sono, poi, soprattutto perché è la stessa giurisprudenza contabile a qualificare l’attività del controllo collaborativo come non vincolante. La sentenza della Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, 4 maggio 2017, n. 15, occupandosi della questione sancisce: “Giova, infatti, precisare che la già richiamata sentenza n. 39/2014 della Corte Costituzionale ammette la giustiziabilità delle sole deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo con effetti “imperativi” ed “inibitori”, escludendola, a contrario, per tutte le altre tipologie di deliberazioni di controllo, ivi compresa quelle emesse nell’ambito dell’attività consultiva ai sensi della legge n. 131 del 2003, che non hanno efficacia vincolante per l’Ente richiedente”.
Solo le pronunce, quindi, che impongano o vietino alle amministrazioni locali comportamenti ed azioni (misure correttive, per esempio, ai fini del rientro da situazioni di dissesto) possono essere oggetto di ricorso avanti alle giurisdizioni civili o amministrative e, quindi, “giustiziabili”. Non i pareri, contro i quali non è ammessa alcuna forma di tutela in giudizio, proprio perché né impongono né vietano alcunchè all’ente richiedente, come a tutti gli altri enti.
I pareri, come in maniera chiarissima espongono le Sezioni Riunite, “non hanno efficacia vincolante”.
Questa semplice e corretta osservazione dovrebbe di per sé essere sufficiente:
  1. a ridurre l’ondata di tsunami che da anni investe le sezioni regionali di pareri sullo scibile umano: la consapevolezza della non vincolatività del parere dovrebbe indurre le amministrazioni a comprendere che la decisione finale è comunque loro responsabilità;
  2. a non rinunciare al potere-dovere di dissentire dal parere, se ritenuto non condivisibile, ovviamente esprimendo profonde e corrette motivazioni.
    Simile consapevolezza avrebbe spento sul nascere la questione infinita dei diritti di rogito o l’attuale assurdo dibattito sugli scuolabus.
    Non si deve certo negare, tuttavia, che il legislatore in maniera del tutto inopportuna ha contribuito a creare attorno ai pareri delle sezioni regionali di controllo quell’aura di potere vincolante, che invece non hanno.
    Sarebbe assolutamente da cancellare o rivedere profondamente l’articolo 69 del d.lgs 174/2016 (codice di giustizia contabile) il cui testo è il seguente:
    “1. Quando, anche a seguito di invito a dedurre, la notizia di danno risulta infondata o non vi siano elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione di responsabilità, il pubblico ministero dispone l'archiviazione del fascicolo istruttorio.
    2. Il pubblico ministero dispone altresì l'archiviazione per assenza di colpa grave quando l'azione amministrativa si è conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi.
    3. Il decreto di archiviazione, debitamente motivato, è sottoposto al visto del procuratore regionale.
    4. Il decreto di archiviazione, vistato dal procuratore regionale, è comunicato al destinatario dell'invito a dedurre.
    5. Qualora il procuratore regionale non condivida le motivazioni dell'archiviazione, formula per iscritto le proprie motivate osservazioni, comunicandole al pubblico ministero assegnatario del fascicolo.
    6. Nel caso permanga il dissenso, il procuratore regionale avoca il fascicolo istruttorio, adottando personalmente le determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione erariale”.
    Il comma 2 della norma riportata sopra purtroppo può finire per far rientrare dalla finestra quell’assenza di efficacia vincolante ai pareri che la stessa magistratura contabile riconosce.
    Questa sorta di inopportuna e difficilmente accettabile “guarentigia” sull’azione amministrativa che si appiattisca sui pareri delle sezioni regionali di controllo, può oggettivamente essere la causa che induce gli enti a chiedere continuamente pareri, alla ricerca evidente di una causa di esenzione da responsabilità erariale.
    L’ordinamento giuridico non può consentirsi simili contraddizioni interne: se la funzione di controllo collaborativo è – come necessariamente deve essere – priva di efficacia vincolante, la previsione dell’articolo 69, comma 2, andrebbe del tutto cancellata. Anche perché in buona parte dei casi finisce per essere inapplicabile.
    Torniamo alla questione degli scuolabus: di fronte a due pareri sostanzialmente contrastanti, quale sarebbe quello che davvero esenta da responsabilità l’amministrazione? Quello più restrittivo? Quello più elastico? Entrambi? Nessuno dei due?.
    Il danno all’erario non può che essere un comportamento orientato alla mala amministrazione tale da portare all’erogazione di spese senza corretto titolo giuscontabile. La responsabilità va affermata o negata in concreto, non in astratto.
    La presenza di una norma come l’articolo 69, comma 2, del d.lgs 174/2016 non fa altro se non aumentare la confusione e far assumere di fatto alla funzione consultiva un ruolo suppletivo alla gestione, la quale è portata inevitabilmente alla ricerca della copertura dell’ombrello da responsabilità, identificato nel parere della sezione regionale di controllo.
    Gli effetti dell’inflazione dei pareri, delle posizioni ondivaghe delle sezioni, sono sotto gli occhi di tutti: maggiore incertezza del diritto, rinuncia all’assunzione responsabile dei pareri, supplenza della funzione consultiva rispetto a quella attiva, innesco di circoli viziosi, quale quello apertosi ora per il servizio scuolabus.
    E’ da ricordare che nemmeno l’intervento della Sezione Autonomia è vincolante: la nomofilachia opera, infatti, solo tra le sezioni regionali e, per altro, non influisce minimamente sulle altre giurisdizioni.
    Il recupero della responsabilità dell’amministrazione attiva e della dignità di questa è l’unica strada da seguire per evitare che l’azione si impantani in un parerificio diffuso, ammantato di quella vincolatività di cui non può e non deve disporre.
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