25/10/2019 - Delibera di adozione della variante allo strumento urbanistico e condizioni per la sua revoca
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Delibera di adozione della variante allo strumento urbanistico e condizioni per la sua revoca
di Michele Deodati - Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
L'intricata vicenda che è stata posta all'attenzione del Consiglio di Stato ha preso le mosse da una variante urbanistica generale approvata dal Consiglio comunale. Nel corso dell'istruttoria per acquisire l'assenso della Regione, il Comune ha dovuto incassare un parere non favorevole. A fronte dell'adozione da parte del Comune del progetto di variante urbanistica, la Regione approvava la variante in conformità alle prescrizioni contenute nel proprio pregresso parere.
Il giudizio davanti al T.A.R.: la sostanza prevale sulla forma
A questo punto sono stati presentati contrapposti ricorsi al Giudice amministrativo. Quello del Comune, che ha impugnato la decisione regionale, mentre altri soggetti privati hanno impugnato la delibera comunale che ha inciso sulle loro posizioni giuridiche. Il T.A.R. ha accolto tutti i ricorsi, annullando sia la delibera regionale che quella comunale. In particolare, il Tribunale ha evidenziato che le delibere del consiglio comunale, successive a quelle esaminate dalla Regione, pur non recando un'espressa e formale revoca delle pregresse delibere consiliari e pur difettando dei requisiti necessari per adottare legittimamente una nuova variante, avessero cionondimeno reso palese la non perdurante attualità della volontà pianificatoria manifestata con tali originarie delibere. La Regione, pertanto, non avrebbe potuto approvare una variante i cui contenuti il Comune aveva implicitamente ma inequivocabilmente dimostrato di non condividere più.
L'appello al Consiglio di Stato: nella materia urbanistica la forma è sostanza
La Regione ha interposto appello, sostenendo che il diritto amministrativo, specialmente nella materia urbanistica, è retto da regole formali, di conseguenza, la revoca della precedente adozione della variante al PRG può derivare esclusivamente da una formale ed espressa manifestazione di volontà consiliare in tal senso, ovvero alla nuova adozione di una ulteriore variante per mezzo di una delibera del Consiglio dotata di tutti i requisiti di legge e, in particolare, corredata di tutta la documentazione normativamente necessaria.
Si è poi costituito il Comune, che ha prestato appello incidentale, e una serie di privati, alcuni dei quali hanno interposto anch'essi appello incidentale. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7051 del 17 ottobre 2019, ha accolto il ricorso in appello della Regione e dei privati ricorrenti in via incidentale.
I presupposti per la revoca della deliberazione in forza di deliberazione successiva: i precedenti storici
Il Collegio d'appello ha innanzitutto chiarito i presupposti per la revoca della deliberazione comunale in forza di successiva deliberazione, dal momento che, in linea di principio, il consiglio comunale con una successiva delibera può implicitamente revocare una sua precedente delibera quando il contenuto dispositivo e motivazionale del secondo provvedimento contrasti con il contenuto dell'atto precedente. In passato, alcune disposizioni dei testi unici sugli enti locali affermavano il principio opposto.
L'art. 303 del testo unico sugli enti locali approvato col R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 (riproduttivo dell'art. 291 del testo unico approvato col R.D. 21 maggio 1908, n. 269) disponeva infatti che "le deliberazioni dei consigli, importanti modificazioni o revoca di deliberazioni esecutorie, si hanno come non avvenute, ove esse non facciano espressa e chiara menzione della revoca e della modificazione".
Tale disposizione (a sua volta trasfusa con modifiche lessicali nell'art. 282 del testo unico approvato con il R.D. 3 marzo 1934, n. 383) è stata più volte interpretata da questo Consiglio nel senso che la revoca poteva essere disposta anche in assenza di "formule sacramentali" e senza menzionare la parola "revoca" nella delibera successiva, purché risultasse del tutto chiara la determinazione del Comune "di sostituire l'una all'altra deliberazione". In seguito, entrambe tali disposizioni sono state abrogate dall'art. 64, L. n. 142 del 1990, che hanno sancito l'ingresso della regola generale per la quale una delibera comunale può essere revocata implicitamente da una successiva delibera avente un contenuto incompatibile. Per quanto la revoca possa essere contenuta in un successivo provvedimento incompatibile con il primo, nella materia urbanistica - ha ribadito la sentenza n. 7051/2019 - continuano ad avere un rilievo centrale le esigenze di certezza e di chiarezza. Continua ancora il Collegio romano, ricordando che la materia urbanistica, strutturalmente connotata dalla contestuale compresenza di plurimi interessi, pubblici e privati, spesso in conflitto tra loro, si caratterizza, tra l'altro, per due tratti fondamentali:
- l'ampia discrezionalità riconosciuta all'Autorità titolare del potere di pianificazione con riferimento alle scelte di massima;
- il vincolo procedimentale e formale che avvince l'operato dell'Amministrazione, per evidenti ragioni di certezza.
Com'è noto, il PRG, nelle varie denominazioni che assume in ambito regionale, è lo strumento più importante della pianificazione urbanistica a livello comunale, in quanto risultante dall'esito di una serie rigidamente procedimentalizzata di atti, in cui intervengono, a vario titolo ed in momenti diversi, i singoli cittadini, gli uffici comunali, le Amministrazioni competenti a dare i pareri e gli assensi eventualmente necessari nonché, in sede di approvazione finale, la Regione. In tutto questo complesso ed articolato meccanismo partecipativo, è innegabile che il ruolo del Comune, cui spettano in via riservata l'iniziativa e le scelte di merito, assuma una "centralità sostanziale" nel procedimento che conduce alla formulazione del PRG e delle relative varianti, anche, ed eventualmente, arrecando un pregiudizio all'affidamento dei privati circa il mantenimento delle pregresse previsioni urbanistiche. Tuttavia, tale centralità sostanziale e prevalenza sui contrapposti affidamenti - ci spiega il Collegio d'appello - possono svolgersi solo ed esclusivamente nell'ambito delle forme previste alla legge. La tipicità del potere, del resto, si manifesta anche e soprattutto con la tipicità delle forme di esteriorizzazione del potere e, a monte, dei propedeutici procedimenti. La rigida procedimentalizzazione che regola l'iter di formazione degli atti in materia urbanistica, trova riscontro nella corrispondente esclusione dell'applicabilità degli istituti che caratterizzano il procedimento amministrativo in generale. Le prevalenti esigenze di certezza e stabilità, impongono di dare considerazione giuridica alle sole manifestazioni del potere svolte secondo le forme, i tempi e le modalità previste dalla legge.
In definitiva, l'atto con cui il Comune dichiari di adottare il nuovo progetto di variante urbanistica senza rispettare le previsioni della legge da un punto di vista sia procedimentale sia contenutistico, né in alcun modo manifestare espressamente l'intenzione di revocare precedenti decisioni, non può ricavarsi l'implicita volontà di privare di efficacia pregresse deliberazioni formalmente assunte.
Casi di revoca della deliberazione di "adozione"
La revoca della deliberazione di adozione della variante generale consegue esclusivamente:
- o alla legittima adozione di una nuova variante generale, giacché la disciplina della pianificazione del territorio comunale non può che trovare un'unica sedes materiae;
- o all'espressa e formale manifestazione della volontà consiliare, esternata con una apposita deliberazione, emanata prima dell'esercizio del potere della Regione ed a questa tempestivamente comunicata, di voler privare di efficacia la precedente deliberazione di adozione della variante generale.
Nel primo caso il Comune determina in sostanza l'inizio di un nuovo procedimento pianificatorio, nel secondo, al contrario, chiude il procedimento a suo tempo iniziato con la deliberazione revocata.