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25/10/2019 - Avvocati pubblici, niente paletti sulla retribuzione accessoria

tratto da Italia Oggi
Avvocati pubblici, niente paletti sulla retribuzione accessoria
di Antonio Ciccia e Giambattista Rizza
Agli avvocati pubblici spetta la retribuzione accessoria anche in caso di ordinanze, e non solo di sentenze, favorevoli. Così come in tutti i casi di provvedimenti decisori, oppure di estinzione del giudizio per prescrizione, rinuncia o abbandono della controversia o inattività di controparte. I provvedimenti giurisdizionali favorevoli che consentono la retribuzione accessoria degli avvocati pubblici, dunque, non sono solo le sentenze. Lo ha affermato la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, con la deliberazione n. 197/2019 in data 14 ottobre 2019, a seguito della richiesta di parere di un comune. I giudici campani hanno preso in esame l'art. 9,comma 3, del dl 24 giugno 2014 n. 90, che prevede: «nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5 e comunque nel rispetto dei limiti di cui al comma 7. La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell'amministrazione». In particolare, oggetto del parere è stato il significato da attribuire alla parola «sentenza» in relazione all'esito favorevole del giudizio. Il collegio contabile ha applicato un principio che fa che prevalere la sostanza decisoria sulla forma. Secondo i giudici contabili appare dunque evidente che il legislatore, nel caso dell'articolo 9, quando parla di «esito favorevole», non può riferirsi solo alla formalità esteriore della «sentenza» e evoca una valutazione sostanziale sulla rispondenza tra l'utilità corrisposta con il provvedimento processuale emesso dal giudice e le prospettazioni di parte, nella specie, la parte «pubblica amministrazione», rappresentata da avvocature interne. «Ciò per due ragioni», ha concluso la Corte, «in primo luogo, per il semplice fatto che le sentenze sono solo una delle forme tipiche di decisione sui beni della vita fatti oggetto di un caso giurisdizionale, in secondo luogo perché la satisfattorietà del provvedimento va valutata in relazione al tipo di processo e all'utilità raggiunta col provvedimento, in rapporto ai “petita” dell'amministrazione difesa».
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