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24/10/2019 - L’Adunanza plenaria si pronuncia sulla bonifica del sito inquinato da parte della società subentrata per effetto di fusione per incorporazione alla società responsabile

tratto da giustizia-amministrativa.it
L’Adunanza plenaria si pronuncia sulla bonifica del sito inquinato da parte della società subentrata per effetto di fusione per incorporazione alla società responsabile
Inquinamento – Inquinamento ambientale – Bonifica – Società subentrata per effetto di fusione per incorporazione alla società responsabile – Responsabile per fatti della società originaria - Limiti
 
          La bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell’inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell’ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell’adozione del provvedimento.
 
(1) La questione era stata rimessa da Cons. St., sez. IV, ord., 7 maggio 2019, n. 2928 
Ha premesso l’Alto consesso che anche prima che venisse introdotto l’istituto della bonifica, con l’art. 17, d.lgs. n. 22 del 1997, il danno all’ambiente costituiva un illecito civile, previsto dall’art. 2043 cod. civ..
Ha aggiunto che gli obblighi in questione siano trasmissibili in virtù di fusione per incorporazione dalla società responsabile del danno incorporata alla società incorporante.
Al quesito ora posto non può che essere data risposta positiva proprio sulla base del tenore letterale del poc’anzi richiamato art. 2504-bis, comma 1, cod. civ., che include espressamente nella vicenda traslativa in questione «gli obblighi delle società estinte», ovvero di quelle incorporate (analoga formulazione reca peraltro la medesima disposizione dopo la riforma del diritto societario, con la sola differenza che in luogo delle società estinte si fa riferimento alle «società partecipanti alla fusione» e al fatto che in tutti i rapporti giuridici di queste ultime, anche quelli processuali, vi è una “prosecuzione” dell’incorporante). Con riguardo al previgente regime, nel senso che negli obblighi dell’incorporata di cui l’incorporante diviene l’unico obbligato a seguito di fusione rientrano anche quelli derivanti da responsabilità civile si è espressa la Cassazione (Sezione III civile, sentenza 11 novembre 2015, n. 22998, in un caso di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 cod. civ.).
Sul piano dogmatico la conclusione è avvalorata dal fatto che “responsabilità civile” è espressione che designa l’insieme delle conseguenze cui un soggetto deve sottostare per legge in conseguenza di un fatto illecito da lui commesso, che nel caso dell’illecito civile consistono nell’«obblig(o) (…) a risarcire il danno» o nell’alternativa della «reintegrazione in forma specifica», anch’essa pertanto oggetto di obbligo, rispettivamente ai sensi dei più volte richiamati artt. 2043 e 2058 del codice civile, oltre che della più generale norma contenuta nell’art. 1173 cod. civ., che pone il fatto illecito tra le fonti di obbligazione.
La successione dell’incorporante negli obblighi dell’incorporata è espressione del principio espresso dal brocardo cuius commoda eius et incommoda, cui è informata la disciplina delle operazioni societarie straordinarie, tra cui la fusione, anche prima della riforma del diritto societario, per cui alla successione di soggetti sul piano giuridico-formale si contrappone nondimeno sul piano economico-sostanziale una continuazione dell’originaria impresa e della sottostante organizzazione aziendale. Anche prima che venisse sancito il carattere evolutivo-modificativo di quest’ultimo tipo di operazione era infatti indubbio che l’ente societario subentrato a quello estintosi per effetto dell’incorporazione acquisiva il patrimonio aziendale di quest’ultimo, di cui sul piano contabile fanno parte anche le passività, ovvero i debiti inerenti all’impresa esercitata attraverso la società incorporata.
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