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18/11/2019 - Risponde di danno erariale l'economo infedele anche se presenta certificati medici da cui risulta che soffre di dipendenza da shopping

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Risponde di danno erariale l'economo infedele anche se presenta certificati medici da cui risulta che soffre di dipendenza da shopping
di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Il disturbo da dipendenza da shopping pur essendo un problema di grave alterazione mentale che rientra ad ampio genere nelle dipendenze, come quelle da sostanza o da gioca d'azzardo, per quanto grave e invalidante, non compromette la capacità di intendere e volere; di conseguenza l'economo di una pubblica amministrazione che si appropria del denaro avuto a disposizione risponde di danno erariale.
Il contenzioso
Con atto di citazione la Procura contabile ha citato in giudizio una dipendente di una pubblica amministrazione al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di oltre 65mila euro a favore dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato , per essersi la stessa, asseritamente impossessata, nella qualità di Responsabile dell'Ufficio Economato dell'Avvocatura Distrettuale, di somme di cui aveva avuto disponibilità in occasione del servizio svolto.
Più in dettaglio, l'Avvocatura Distrettuale dello Stato ha informato la Procura contabile di un avvenuto ammanco di denaro presumibilmente riconducibile alla dipendente pubblica (odierna convenuta).
Nell'estate del 2016, la ragioneria Territoriale ha rilevato la mancanza di rendiconti contabili dell'Avvocatura Distrettuale per gli anni 2007 - 2015; l'Avvocatura, avviati gli opportuni accertamenti, aveva riscontrato l'anomalo ritiro dalla Banca d'Italia di alcuni vaglia per un importo di euro 56.000,00, successivamente convertiti in denaro ad opera della dipendente chiamata in causa.
L'Avvocatura ha, quindi, inoltrato denuncia alla Squadra Mobile della Questura ed alla Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti che, a sua volta, ha delegato la Guardia di Finanza per procedere a più approfondite indagini sul caso.
E' emerso, quindi, come la dipendente abbia ricevuto, negli anni, da parte degli Avvocati Distrettuali succedutisi nel tempo le procure per le funzioni di funzionari delegati dagli stessi ricoperti, con ciò consentendo alla stessa di ricoprire il ruolo di Sostituto Funzionario Delegato.
E' emerso, altresì, come siano stati prelevati n. 21 vaglia cambiari presso la sede della Banca d'Italia, per un totale di euro 55.907,20, successivamente convertiti in denaro e che gli stessi sono stati tutti incassati dalla odierna convenuta.
La dipendente è stata assente dal servizio dal mese di novembre 2016 al mese di marzo 2017; al suo rientro le sono state richieste spiegazioni in merito alla destinazione delle somme suddette e la stessa ha, quindi, provveduto ad esibire una serie di bonifici e/o pagamenti a favore di alcuni fornitori, con ciò volendo dimostrare che le somme di che trattasi fossero state destinate al pagamento di fornitori e/o utenze, secondo le causali indicate, o riversate, quali rimanenze contabili attive, su capitoli di spesa della sede distrettuale.
Dai successivi accertamenti eseguiti, però, le ricevute per i suddetti pagamenti si sono rivelate non corrispondenti al vero, in quanto relative a pagamenti già in precedenza effettuati, con ciò facendo presumere la distrazione a suo favore delle somme di che trattasi.
Per i fatti sopra esposti, con provvedimento del luglio 2017, è stata irrogata la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso, a decorrere dal giorno successivo e la Procura ha proceduto alla contestazione del danno erariale.
La difesa della dipendente anche attraverso la produzione delle relazioni di due medici specialisti, si è basata sullo stato di grave alterazione mentale della convenuta tale da determinarne una incapacità di intendere e volere al momento dell'azione.
La convenuta, infatti, come prospettato dalla difesa, secondo quanto esposto dai due specialisti, sarebbe affetta da disturbo bipolare e dipendenza da shopping, tale da escludere la capacità di intendere e volere della stessa, già ricoverata per ben tre volte per i suddetti disturbi sofferti, in relazione alla sua autodeterminazione in relazione ai fatti di causa.
L'analisi della Corte dei Conti
I giudici contabili osservano che l'assunto difensivo si fonda sul necessario pregiudiziale accertamento della sussistenza, o meno, della capacità di intendere e volere della convenuta che la difesa ritiene compromessa dallo stato psicologico in cui si è trovata la stessa all'epoca dei fatti, in quanto riconosciuta caratterizzata da personalità borderline e dedita a shopping in modo compulsivo.
E' necessario, pertanto, ai fini del decidere, verificare lo stato di salute in cui versava la convenuta all'epoca dei fatti e se lo stessa fosse stato in grado di pregiudicare la capacità di intendere e volere in modo tale da escluderne la imputabilità.
Come noto, è imputabile colui che, nel momento in cui l'azione sia stata posta in essere, sia capace di intendere e volere (art. 85 c.p.), là dove per capacità di intendere e volere si intenda l'attitudine di ciascuno di autodeterminarsi liberamente nel contesto in cui opera, di comprendere il significato delle proprie scelte e delle proprie azioni nonché il valore sociale degli atti che compie.
La Giurisprudenza (cfr. Cass. pen. S.U. n. 9163/2015), ha affermato come il concetto di infermità sia più ampio di quello di malattia, dal momento che ciò che interessa ai fini giuridici non è tanto la possibilità di ricondurre la situazione patologica in una delle categorie previste dai trattati di medicina, "quanto che il disturbo abbia in concreto l'attitudine a compromettere gravemente la capacità sia di percepire il disvalore del fatto commesso, sia di recepire il significato del trattamento punitivo (...) Tanto comporta anche la irrimediabile crisi del criterio della ritenuta necessaria sussumibilità dell'anomalia psichica nel novero delle rigide e predeterminate categorie nosografiche. D'altronde, a tale sostanzialistica esigenza mostrano, talora implicitamente, di fare riferimento tutte quelle decisioni di questa Suprema Corte, le quali hanno ritenuto che sia essenziale non tanto la rigida classificabilità del disturbo psichico in una specifica categoria nosografica, quanto, invece, la sua attitudine ad incidere, effettivamente e nel caso concreto, nella misura e nei termini voluti dalla norma, sulla capacità di intendere e volere del soggetto agente (Cass.pen. Sez. I, n. 33230/2004Cass. pen. n. 24255/2004)".
La Corte dei Conti osserva che dall'analisi della documentazione emerge , in tutta la sua evidenza, come la dipendenza ossessiva dallo shopping, per quanto grave ed invalidante non possa aver minimamente compromesso la capacità di intendere e volere della convenuta nel porre in essere le condotte oggi contestate. Un impulso "irrefrenabile all'acquisto, sebbene possa alterare la capacità che ha il soggetto di autodeterminarsi nel momento in cui entra in un negozio, non può avere alterato la precedente e la successiva capacità cognitiva della convenuta che non solo ha sottratto, ma a distanza di tempo, ha anche artatamente preordinato una condotta successivamente dissimulatoria della prima (…)".
Nel momento in cui sono accaduti gli eventi contestati, quindi, la convenuta sembrava essere uscita dal tunnel della dipendenza da shopping.
La condotta appropriativa, infatti, risale ai primi mesi del 2016, mentre la condotta dissimulatoria risale al 2017.
Le conclusioni
Il collegio contabile ritiene che la patologia evidenziata dalla convenuta non potesse costituire esimente per il danno erariale prodotto con le sue azioni infedeli nei confronti della propria amministrazione.
La Corte dei Conti, pertanto, condanna la convenuta al pagamento a favore della pubblica amministrazione della somma di oltre 65mila euro.
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