22/03/2019 - Il discarico amministrativo "meccanismo scalare inverso" non si applica alle società private di riscossione
Il discarico amministrativo "meccanismo scalare inverso" non si applica alle società private di riscossione
di Girolamo Ielo - Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale
La Corte costituzionale con la sentenza n. 51 del 6 febbraio 2019, depositata il 15 marzo 2019, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, L. 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), sollevate dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo.
Ad avviso della Corte costituzionale le disposizioni censurate, data la loro ratio e la loro formulazione letterale (in quanto fanno espresso riferimento agli «agenti della riscossione» e riguardano solo i ruoli da questi assunti in carico), sono riferibili esclusivamente a determinate società di riscossione a partecipazione pubblica. Le stesse disposizioni non sono applicabili a società come la SpA in questione, società privata di riscossione, nata a seguito dello "scorporo" del ramo di azienda da parte di un concessionario nazionale della riscossione.
La vicenda. Una SpA,definendosi «agente della riscossione», ha impugnato, innanzi la Corte dei conti, i provvedimenti definitivi con cui l'«ente creditore»(Comune) aveva rifiutato il discarico per inesigibilità di quote iscritte a ruolo ed affidate per la riscossionealla stessa SpA.
Le ordinanze della Corte dei conti.La Corte dei conti con apposite ordinanze, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, L. 23 dicembre 2014, n. 190. La Corte, in ordine alla non manifesta infondatezza, motiva in modo unitario rispetto a entrambe le disposizioni, che vengono censurate nella parte in cui non si limitano a prorogare il termine per la presentazione o l'integrazione delle comunicazioni di inesigibilità dei crediti affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, ma prevedono anche: «a) l'impossibilità, per l'ente creditore, di esercitare il controllo sulle quote iscritte a ruolo fino alla scadenza dei termini in parola (rinviando, così, l'azione di controllo fino al biennio 2038/2039 per i ruoli del 2000); b) in ogni caso, il divieto di sottoporre a controllo le quote di valore inferiore o pari a 300 euro».
La Corte dei conti: 1) lamenta l'irragionevolezza sia della previsione di un periodo di sospensione della definizione dei rapporti tra ente creditore e agente della riscossione di durata oggettivamente abnorme, sia della sottrazione al controllo dell'ente creditore delle quote affidate di valore unitario non superiore a 300 euro (art. 3 cost.); lamenta che tale disciplina impedirebbe di fatto, per un tempo incongruamente lungo, di accedere alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice contabile e addirittura, per le quote di valore unitario fino a 300 euro, precluderebbe in via definitiva e non solo temporanea la possibilità di accesso a detta tutela(artt. 24 e 103 cost.); 3) lamenta che la predetta disciplina, posticipando di venti o quaranta anni l'eventuale processo davanti al giudice contabile, non garantirebbe l'effettività della tutela giurisdizionale (art. 111 cost.); ritiene che la disciplina censurata, nel rinviare «ad un momento futuro eccessivamente lontano» l'accertamento dell'effettiva riscuotibilità di un credito, ostacolerebbe sia il perseguimento degli equilibri di finanza pubblica, sia il buon andamento dell'organizzazione dei pubblici uffici, in quanto impedirebbe all'ente locale creditore di avere conoscenza delle risorse finanziarie effettivamente disponibili (artt. 81 e 97 cost.).
Il responso della Corte costituzionale. Ad avviso della Corte le suddette questioni sono inammissibili, poiché i rimettenti muovono da un erroneo presupposto interpretativo sui soggetti destinatari della normativa in questione. Nelle ordinanze, infatti, si attribuisce alla SPA la qualità di agente della riscossione del Comune, laddove risulta dagli stessi atti dei giudizi, anche di costituzionalità, che tale società è, invece, una cessionaria del ramo di azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali; essa pertanto non può annoverarsi tra gli «agenti della riscossione», cui unicamente il legislatore ha inteso riferire la disciplina censurata. Per la Corte le disoposizioni censurate, che disciplinano quella fattispecie di discarico amministrativo, non si applicano ai riscuotitori che non sono "agenti della riscossione".
A ridosso della scadenza del 31 dicembre 2014 il legislatore è quindi intervenuto con la normativa di cui all'art. 1, commi da 682 a 689, L. n. 190 del 2014, introducendo, per il controllo nel tempo delle quote dichiarate inesigibili, un nuovo meccanismo, definito "scalare inverso", che, se da un lato è innovativo rispetto al sistema delle precedenti proroghe, dall'altro, è intrinsecamente finalizzato alla soluzione della specifica situazione determinata proprio dalla concatenazione delle proroghe e dall'accumularsi di una ingente quantità di arretrati e di un'imponente stratificazione delle partite creditorie da trattare.
In altre parole, la scadenza contemporanea di tutte le comunicazioni di debito/credito tra agenti della riscossione e enti creditori ha giustificato un intervento innovativo e straordinario del legislatore, che ha previsto in un'unica riforma, inscindibile nei suoi aspetti: a) la parziale revisione della disciplina delle comunicazioni di inesigibilità e del relativo controllo (artt. 19 e 20, D.Lgs. n. 112 del 1999), con applicazione retroattiva della nuova disciplina alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 2000 (comma 688); b) lo scaglionamento in ordine cronologico, inverso a quello dell'affidamento in carico, dei termini di presentazione e controllo delle comunicazioni di inesigibilità (comma 684); c) l'allineamento a queste nuove regole di tutti i rapporti in essere, a tal fine prevedendone l'applicazione anche alle comunicazioni già presentate per le quali è stata prevista l'integrazione (comma 687); d) la diluizione, per un periodo pressoché corrispondente al cronoprogramma, dell'anticipazione - con onere a carico del bilancio dello Stato - del rimborso a favore degli agenti della riscossione, delle spese maturate negli anni 2000 - 2013 per le procedure cautelari ed esecutive esperite per tentare il recupero dei medesimi crediti (comma 685); e) la sottrazione al controllo delle comunicazioni di importo pari o inferiore a 300 euro (comma 688); f) la previsione ex lege (fino alla medesima scadenza del cronoprogramma di cui al comma 684) della legittimazione dell'agente della riscossione a effettuare la riscossione delle somme iscritte a ruolo «anche per le quote relative ai soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia» (comma 686).
Il presupposto interpretativo da cui muovono i giudici rimettenti è quindi errato, poiché una disciplina di straordinaria eccezionalità come quella introdotta con l'art. 1, commi da 682 a 689, L. n. 190 del 2014 può trovare applicazione, nell'àmbito della stessa complessiva ratio legis desumibile dalla riforma sopra ricordata, solo relativamente a quelle fattispecie ricomprese nelle proroghe "specifiche" disposte dal comma 12 dell'art. 3, D.L. n. 203 del 2005, per le quali i termini risultavano ancora pendenti alla data di entrata in vigore della riforma e, quindi, non può applicarsi alle società private "scorporate".
Appare evidente, infatti, continua la Corte, che la riforma è stata introdotta nell'intento di rispondere a particolari ed eccezionali esigenze derivanti esclusivamente dall'istituzione di agenti "pubblici" della riscossione, con conseguente irragionevolezza di una interpretazione che, a dispetto del tenore letterale, la estendesse alle suddette società private "scorporate".
In particolare, da un lato, va sottolineato che i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte della società private "scorporate", in relazione ai ruoli a queste consegnati dall'ente creditore, erano rimasti fissati dall'ultima proroga "generica" (comma 36, lett. d), dell'art. 3, D.L. n. 203 del 2005, come convertito nella L. n. 248 del 2005 ). L'estensione del nuovo meccanismo "scalare inverso" anche alle società private "scorporate" sortirebbe, perciò, l'inammissibile effetto di riaprire termini ormai scaduti da molti anni (fattispecie che non si verifica per i ruoli affidati ai soggetti del sistema "pubblico" della riscossione), prorogando in un futuro abnormemente lontano i termini per il controllo da parte degli enti creditori.
Dall'altro, va ribadito che la nuova disciplina trova specifica ragione nell'ingresso, disposto a suo tempo ex lege, dei soggetti "pubblici" nell'attività di riscossione degli enti territoriali, chiamati anche a supplire, più o meno obtorto collo, alle disfunzioni nell'attività di riscossione risalenti alle precedenti gestioni private. Risulterebbe, pertanto, senz'altro irragionevole l'estensione di tale disciplina a quelle imprese private che (come detto, non facendo parte del sistema "pubblico" della riscossione) a suo tempo liberamente avevano assunto l'attività di riscossione, concentrata poi nelle società scorporate.
In conclusione, continua la Corte, le disposizioni censurate, data la loro ratio e la loro formulazione letterale (in quanto fanno espresso riferimento agli «agenti della riscossione» e riguardano solo i ruoli da questi assunti in carico), sono riferibili esclusivamente a determinate società di riscossione a partecipazione pubblica.
Le stesse disposizioni non sono, quindi, applicabili a società come la SpA in questione, società privata di riscossione, nata a seguito dello "scorporo" del ramo di azienda da parte di un concessionario nazionale della riscossione. I giudizi di impugnazione instaurati dalla SpA avverso i provvedimenti con cui il Comune ha rifiutato il discarico per inesigibilità sono pertanto regolati a norma dell'art. 3, comma 24, lett. b), D.L. n. 203 del 2005, (riguardando «ruoli consegnati fino alla data del trasferimento» del ramo d'azienda effettuato dal concessionario nazionale), non dalla normativa censurata ma dalla disciplina ordinariamente prevista negli artt. 19 e 20, D.Lgs. n. 112 del 1999. Ne consegue l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, delle questioni prospettate, non dovendo i rimettenti fare applicazione, neppure indirettamente, delle norme censurate, che impongono un lungo differimento temporale per l'esercizio del potere di controllo degli enti creditori sulle quote di cui i soggetti "pubblici" sono affidatari per la riscossione.
Infine, la Corte costituzionale con il comunicato del 18 marzo 2019 ha precisato che:
- la sentenza dichiara l'inammissibilità della questione sollevata e quindi è priva di effetti normativi.;
- la motivazione della sentenza non riguarda affatto gli stralci e le rottamazioni delle cartelle 2000-2006 dei Comuni che si erano affidati a società scorporate, ma esclusivamente l'inapplicabilità alle società scorporate del "meccanismo scalare inverso", che è cosa ben diversa da stralci e rottamazioni.
Corte cost., 15 marzo 2019, n. 51
Art. 1, commi 687 e 688, L. 23 dicembre 2014, n. 190 (G.U. 29 dicembre 2014, n. 300, S.O.)