12/03/2019 - Orientamenti diversi sull'incidenza di procedimenti e processi penali quali motivi di esclusione da un appalto pubblico a titolo di grave illecito professionale
Orientamenti diversi sull'incidenza di procedimenti e processi penali quali motivi di esclusione da un appalto pubblico a titolo di grave illecito professionale
Procedimenti e processi penali possono integrare grave illecito professionale escludente prima di una condanna?
di Domenico Irollo - Commercialista/revisore contabile/pubblicista
Giurisprudenza amministrativa in ordine sparso sulla possibilità che la mera sussistenza di procedimenti e processi penali non ancora giunti a sentenza di condanna, neppure non definitiva, possano legittimare l'esclusione di un concorrente da una gara d'appalto pubblico ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), del vigente Codice dei Contratti pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016) ed in particolare della previsione - "sopravvissuta" anche in esito alla recente rivisitazione dell'articolato ad opera dell'art. 5, D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. "Decreto Semplificazioni"), convertito in parte qua senza modificazioni giusta L. 11 febbraio 2019, n. 12 (su cui si rinvia al contributo dello scrivente: "DL Semplificazioni": sui gravi illeciti professionali l'Esecutivo gioca d'anticipo sui giudici di Lussemburgo) - secondo cui la Stazione Appaltante può estromettere dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico nei cui confronti si "dimostri con mezzi adeguati che (…) si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità".
Nelle scorse settimane, difatti, nelle pronunce dei TAR e del Consiglio di Stato il quesito non ha ricevuto una risposta univoca ma uno spettro di risposte, anche diametralmente opposte tra di loro.
Ad un estremo sta la decisione del TAR Calabria che con la pronuncia n. 258 del 2019 ha in radice escluso che l'eventuale rinvio a giudizio dell'amministratore o del direttore tecnico di un operatore economico per corruzione o riciclaggio, nonché l'applicazione di una misura cautelare per i medesimi reati, siano sufficienti a costituire adeguati mezzi di prova della commissione di un grave illecito professionale e ha conseguentemente escluso che la omessa auto-dichiarazione di dette circostanze possa mai configurare la causa di esclusione dell'o.e. interessato ai sensi della successiva lett. f-bis) dello stesso art. 80, comma 5, CCP (relativa, nello specifico, al caso in cui l'o.e. abbia presentato "nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere"). Il TAR catanzarese richiama a sostegno della propria tesi in particolare le Linee Guida ANAC n. 6 del 2016 - emanate a norma dell'art. 80, comma 13, CCP e da ultimo aggiornate con Delibera dell'Authority n. 1008 dell'11 novembre 2017 - recanti l'indicazione dei mezzi di prova adeguati che possano considerarsi significativi per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al ridetto art. 80, comma 5, lett. c), CCP: orbene, i "mezzi di prova" relativi agli illeciti penali ivi indicati "a titolo esemplificativo" (cfr. il par. II delle Linee Guida in cui vengono menzionati l'abusivo esercizio di una professione, i reati tributari, fallimentari e urbanistici, i reati che fanno scattare la responsabilità amministrativa degli enti a norma del D.Lgs. n. 231 del 2001, i reati di turbata libertà degli incanti e di frode nelle pubbliche forniture), rilevano per l'appunto, stando all'atto regolatorio de quo, solo ove abbiano raggiunto almeno la consistenza di "condanne non definitive".
All'altro estremo sta invece la pronuncia n. 1367 del 2019 della V Sezione del Consiglio di Stato nella quale si sostiene per converso che non è affatto indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi del ripetuto art. 80, comma 5, lett. c), CCP, siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, tali essendo, ad esempio, proprio la sottoposizione a procedimento o giudizio penale per un reato "rilevante" nell'ottica dell'affidamento dei contratti pubblici (nella fattispecie l'estromissione dalla gara dell'o.e. da parte della S.A. era stata decretata a seguito dell'emissione di una misura cautelare personale nei confronti dell'amministratore perché indagato per il reato di istigazione alla corruzione); circostanze in relazione alle quali sarebbe perciò prospettabile anche un obbligo auto-dichiarativo in capo all'operatore economico interessato nei confronti dell'amministrazione aggiudicatrice, sanzionabile ex se con l'esclusione automatica: in senso conforme, tra le più recenti si vedano anche le decisioni del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 26 giugno 2018, n. 4271 e T.A.R. Toscana, Sez. I, 21 dicembre 2018, n. 1679.
"Mediana" è invece la tesi propugnata dal TAR Lazio con la sentenza n. 2771 del 2019: secondo il G.A. capitolino è vero che tra le ipotesi previste espressamente dalla norma di legge e dalle citate Linee Guida ANAC non sono ricomprese l'avvio di indagini penali o l'esercizio dell'azione penale per reati "sensibili", in grado cioè di determinare un deficit di fiducia in capo all'o.e. da parte della S.A. (nella fattispecie, rinvio a giudizio per corruzione dell'ex amministratore unico della società partecipante alla gara: com'è noto, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 80 CCP le cause di esclusione operano anche nei confronti degli esponenti societari cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata). Tuttavia, in tali evenienze, venendo pacificamente in considerazione una fattispecie estranea a quelle "codificate" dalle ripetute LG n. 6, circoscritte come si è visto ai casi di "condanne non definitive", l'amministrazione aggiudicatrice è tenuta a fornire una motivazione particolarmente rigorosa al provvedimento adottato, in modo da provare "con mezzi adeguati", come espressamente richiesto dall'art. 80, il valore sintomatico del fatto dichiarato ai fini espulsivi.
Non basta dunque il mero richiamo alla sussistenza del rinvio a giudizio (nel caso di specie, si diceva, disposto in relazione al reato di corruzione dell'ex amministratore), non corredato da alcuna analisi circa la natura dei fatti contestati, poiché altrimenti ciò si risolverebbe nella applicazione di una sanzione automatica, riconnessa alla sola pendenza del giudizio. Un simile automatismo, tuttavia, osserva il Collegio, non è previsto dalla norma primaria e, anzi, si palesa contrario alla stessa ratio dell'art. 80 CCP, che impone alla S.A. un particolare rigore probatorio qualora intenda escludere un concorrente in presenza di una fattispecie non ricompresa tra quelle menzionate dalla norma di legge o dalle Linee Guida. Inoltre, sempre ad avviso del TAR romano, è indispensabile che la S.A. attivi il contraddittorio procedimentale con la controparte e valuti le eventuali misure di self cleaning da questi adottate ai sensi dell'art. 80, comma 7, CCP (al fine precipuo di "risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito" ovvero allo scopo di "prevenire ulteriori reati o illeciti"), essendo peraltro l'o.e. tenuto, a pena di esclusione automatica, ad auto-dichiarare dette vicende penali, nel rispetto del principio di lealtà nei confronti della S.A..
A proposito della tematica in argomento, giova rilevare che l'opzione interpretativa che appare maggiormente conforme alle corrispondenti norme euro-unitarie, e precisamente all'art. 57, par. 4, lett. c) e h), Direttiva n. 2014/24/UE - che consento rispettivamente l'esclusione allorquando "l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità" ovvero "se l'operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l'assenza di motivi di esclusione" - si reputa sia quella che lascia il maggior "margine di manovra" alle Stazioni Appaltanti: depone in tal senso, ad esempio, la sentenza della Corte di Giustizia UE, 11 dicembre 2014, in causa C-440/13, pronunciata dai Giudici di Lussemburgo in esito a questioni pregiudiziali sollevate da un G.A. italiano, alla luce del previgente quadro normativo nazionale e sovranazionale in materia di appalti (D.Lgs. n. 163 del 2006 e Direttiva n. 2004/18/CE) ma ancora attuale a fronte della disciplina del vigente CCP e della citata Direttiva n. 2014/24/UE, che sul punto non hanno apportato innovazioni significative. Nella richiamata decisione, la Corte di Giustizia UE, avuto riguardo al caso oggetto del giudizio a quo (o.e. escluso da una gara per l'affidamento di una pubblica commessa perché il proprio amministratore era stato prima indagato e poi rinviato a giudizio per il delitto di turbata libertà degli incanti), ha chiarito che le norme comunitarie richiamate "conferiscono alle amministrazioni aggiudicatrici anche il potere di escludere ogni operatore economico che nell'esercizio della propria attività professionale abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall'amministrazione aggiudicatrice, (…) senza che sia necessario che nei confronti dell'operatore economico sia stata pronunciata una sentenza di condanna passata in giudicato".
Nella stessa direzione muovono anche: i) la recente rivisitazione del testo dell'art. 80, comma 5, CCP ed in particolare il disposto della neo-introdotta lett. c-ter), in virtù della quale è consentito adesso alla S.A. escludere "l'operatore economico (che) abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili", senza che sia più richiesto che detta risoluzione per inadempimento sia anche "non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio"; ii) le contestazioni recentemente mosse dalla Commissione Europea all'Italia nell'ambito della procedura d'infrazione 2018-2273, con riguardo, tra gli altri, all'art. 80, comma 4, del CCP, nella parte in cui ammette l'esclusione di un o.e. dalla partecipazione ad una procedura d'appalto se ha commesso violazioni gravi degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito, ma soltanto ove si tratti di violazioni "definitivamente accertate" ossia "contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione" (per approfondimenti, si veda il commento dello scrivente: La Commissione Europea mette nel mirino il Codice degli appalti italiano).
T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 7 febbraio 2019, n. 258
Cons. di Stato, Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 marzo 2019, n. 2771
Art. 80, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (G.U. 19 aprile 2016, n. 91, S.O.)