12/03/2019 - Legittimo per il Comune prevedere un orario limitato per il gioco d'azzardo
Legittimo per il Comune prevedere un orario limitato per il gioco d'azzardo
di Marilisa Bombi - Giornalista, consulente autonomie locali
Il Comune di Roma, al fine di contrastare la ludopatia, il 26 giugno 2018 ha emanato un'ordinanza introducendo una disciplina restrittiva degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS., installati in sale ed esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88 del TULPS. Nello specifico, l'ordinanza disponeva che: a) l'orario di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS, ovunque collocati nelle sale gioco e/o nelle altre tipologie di esercizi autorizzati ai sensi degli artt. 86 e 88 T.U.L.P.S., sia fissato come segue: - dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 18,00 alle ore 23,00 di tutti i giorni, festivi compresi. La suddetta ordinanza prevedeva, altresì, che in caso di mancato rispetto dei predetti orari le violazioni sarebbero state "punite con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 7-bis, comma 1-bis, D.Lgs. n. 267 del 2000 del pagamento di una somma da € 150,00 ad € 450,00, da applicare secondo i principi di cui alla L. n. 689 del 1981", nonché in caso di recidiva con l'applicazione, ai sensi degli artt. 9 e 10 del TULPS, per un periodo non superiore a cinque giorni, della sanzione accessoria della sospensione del funzionamento di tutti gli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS, collocati nel locale o nel punto di vendita di gioco, autorizzato ex artt. 86 e 88 del TULPS. Il provvedimento che il Sindaco di Roma aveva adottato nell'esercizio del potere attribuitogli dall'art. 50, comma 7, D.Lgs. n. 267 del 2000 è stato impugnato dal titolare di una sala Bingo, rilevando diversi motivi di illegittimità; i quali, tuttavia, sono stati tutti respinti dalla Sezione.
Il Collegio, nel richiamare anche alcuni precedenti della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato, ha ritenuto legittimo l'operato del Comune; ciò in quanto il potere del Sindaco di disciplinare gli orari delle sale da gioco o di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l'orario di apertura degli esercizi in cui i medesimi sono installati non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ultimi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi generali della comunità locale.
In particolare, la Sezione ha ricordato che non è stato ancora adottato il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, per recepire l' intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 7 settembre 2017; Intesa che non ha valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo. Peraltro, ha sottolineato anche la Sezione, la predetta intesa non si focalizza sugli orari di funzionamento degli apparecchi per gioco lecito, ma, in ossequio a quanto stabilito dall'art. 1, comma 936, L. n. 208 del 2015, concerne in modo più generale un complessivo riordino della materia, con l'obiettivo, unitamente alla fissazione degli orari, di una significativa riduzione dell'offerta del gioco lecito, in termini sia di volume sia di punti vendita. Pertanto, non deve pensarsi ad un'applicazione atomistica o parcellizzata dell'intesa in sede di Conferenza unificata tra Governo Italiano, Regioni ed Enti Locali.
L'ordinanza in questione, che rientra negli atti generali e pertanto non avrebbe avuto bisogno di alcuna motivazione, ai sensi dell'art. 3, L. n. 241 del 1990, precisa la sentenza tiene comunque conto, nella Relazione 2016 e nell'allegato focus descrittivo, dei pazienti in trattamento per disturbo da gioco d'azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017. Dai dati riportati emerge un aumento progressivo del numero di soggetti in carico ai servizi di cura per le dipendenze del Lazio e di Roma; in particolar modo, negli ultimi 6 anni (2012-2017), si rileva un aumento progressivo delle presenze nei servizi di cura passato, a Roma, dagli 82 casi del 2012 ai 323 casi del 2017, mentre nel Lazio si passa dai 165 casi del 2012 ai 613 del 2017. Con una tendenza all'aumento, se il dato relativo ai primi mesi del 2018 (5 mesi) si rivela, a dir poco, preoccupante, con 218 casi, appartenenti prevalentemente alle fasce più deboli. In sostanza, se gli sportelli diffusi sul territorio per informare dei rischi connessi al gioco d'azzardo patologico non sono stati sufficienti, sono necessarie altre iniziative per contrastare il fenomeno. E', infatti, evidente - rileva la sentenza - che un'illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, sia a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie.
Peraltro, l'uniformità degli orari per il funzionamento degli apparecchi per tutte le tipologie di esercizi che possano prevederli, così come l'orario indifferenziato per tutto il territorio comunale, sono apparse ragionevolmente giustificate e del tutto proporzionate rispetto all'intento di prevenire la trasmigrazione degli utenti dall'una all'altra tipologia di esercizi, ovvero dall'una all'altra zona del territorio comunale, fenomeni che verosimilmente si verificherebbero invece in caso di diversificazione di orari e di zone.
Con riferimento alla possibile sospensione dell'attività, nel caso di inosservanza dell'ordinanza, richiamando un precedente del Giudice di appello si è affermato che, a fronte del riconoscimento del potere del Sindaco di disciplinare l'orario di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincite in danaro, la sospensione dell'attività per un periodo massimo di cinque giorni, risulta significativo, adeguato e proporzionato, idoneo ad un tempo a garantire un reale effetto di deterrenza ed il carattere di afflittività, contemperando in modo non irragionevole l'interesse sanzionatorio dell'autorità sindacale ed il principio della libertà d'iniziativa economica. In tale precedente, è stato evidenziato che ai sensi del trasferimento delle competenze dallo Stato ai comuni (D.P.R. n. 616 del 1977) a questi ultimi sono transitati anche i poteri sanzionatori previsti dal TULPS, utilizzabili evidentemente in presenza di violazione delle discipline specifiche che attengono alla tutela degli interessi pubblici diversi da quello dell'ordine della sicurezza pubblica. E tra tali poteri rientra a pieno titolo anche quello della sospensione del titolo in caso di abuso dell'autorizzazione, come previsto dall'art. 10 del TULPS, a tenore del quale "Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata".
Un tale abuso, precisa la sentenza, si connette non a questioni attinenti all'ordine o alla sicurezza pubblica, bensì a quegli altri interessi pubblici generali tutelati dall'autorità comunale mediante il rilascio dell'autorizzazione, perché funzione dell'autorizzazione stessa è di garantire il corretto esercizio dell'attività autorizzata. La giurisprudenza ha precisato che anche la mera violazione delle modalità di svolgimento del servizio autorizzato costituisce abuso cui può conseguire la sospensione ex art. 10, giacché l'autorizzazione deve essere utilizzata conformemente alle prescrizioni contenute nella legge e nelle altre varie fonti sub - primarie e la loro violazione costituisce un uso anomalo e quindi un abuso del titolo.
T.A.R. Lazio Roma Sez. II, 21 novembre-18 febbraio 2019, n. 2132
L. 24 novembre 1981, n. 689 (G.U. 30 novembre 1981, n. 329, S.O.)
Art. 3, L. 7 agosto 1990, n. 241 (G.U. 18 agosto 1990, n. 192)
Artt. 7-bis, comma 1-bis, 50, comma 7, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (G.U. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.)
Art. 1, comma 936, L. 28 dicembre 2015, n. 208 (G.U. 30 dicembre 2015, n. 302, S.O.)