31/05/2019 - Affidamento in via diretta del servizio idrico integrato ad una società in house providing in cui vi sia una partecipazione di capitali privati
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Affidamento in via diretta del servizio idrico integrato ad una società in house providing in cui vi sia una partecipazione di capitali privati
di Claudio Sciaraffa - Funzionario Direzione Servizi Culturali e Amministrativi - Città di Torino
Con specifico riferimento all'affidamento del servizio idrico integrato, la Regione Piemonte sostiene la necessità di coordinare quanto disposto dall'art. 149-bis, comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006, come modificato dall'art. 1, comma 615, L. n. 190 del 2014 ("L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'art. 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale"), con le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia, ovvero alle direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE(recepite in Italia con il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 [art. 5, comma 1, lettera c] ed anche al D.Lgs. 8 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica [art. 16, comma 1]).
Più precisamente il dubbio nasce dal fatto che l'art. 149-bis del Codice ambiente prevede l'affidamento diretto del servizio idrico integrato solamente a favore di società interamente pubbliche mentre le successive disposizioni del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica e del codice dei contratti pubblici consentono affidamenti diretti a società in house anche se in esse vi sia partecipazione di soggetti privati. Il dubbio è ingenerato dalla circostanza che proprio l'art. 149-bis, nel prevedere che l'affidamento diretto debba avvenire nei confronti di "società interamente pubbliche", rinvia tuttavia allo stesso tempo all'ordinamento europeo per ciò che concerne i requisiti della gestione in house, ponendo quindi un precetto in sé potenzialmente contraddittorio.
Alla luce delle considerazione sopraccitate, la Regione Piemonte formula al Consiglio di Stato il quesito circa la possibilità per gli Enti di governo d'ambito della Regione Piemonte di affidare in via diretta il servizio idrico integrato ad una società in house all'interno della quale si collochi una partecipazione di capitali privati con un ruolo di socio industriale, sia pure non in grado di avere un'influenza determinante sulla governance societaria.
Il Consiglio di Stato, dopo aver ripercorso la normativa nazionale e comunitaria sul tema della gestione dei servizi pubblici, toccando anche il tema delle concessioni e delle società miste, si sofferma sulla partecipazione dei capitali privati all'interno di una società in house. Sul punto il quadro di riferimento normativo è stato parzialmente modificato dalla direttiva n. 2014/24/UE che, se da un lato ha confermato e sottolineato che "l'aggiudicazione di un appalto pubblico senza una procedura competitiva offrirebbe all'operatore economico privato che detiene una partecipazione nel capitale della persona giuridica controllata un indebito vantaggio rispetto ai suoi concorrenti", dall'altro ha consentito forme di partecipazione di capitali privati, purché sussistano alcuni requisiti ("nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata").
In definitiva, nel rispetto di determinati presupposti, appare astrattamente consentita la partecipazione diretta di capitali privati nell'ente in house controllato, quale - è bene sottolinearlo - eccezione di stretta interpretazione alla regola della totale partecipazione pubblica.
In attuazione della sopraccitata direttiva n. 2014/24/UE, l'art. 5, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti) ha previsto che nella persona giuridica controllata non vi debba essere "alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata".
Successivamente l'art. 16, comma 1, D.Lgs. n. 175 del 2016 (T.U. sulle società a partecipazione pubblica) ha stabilito che: "le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata".
Al riguardo, non può non evidenziarsi che, mentre il Codice dei contratti fa riferimento a forme di partecipazione di capitali previstedalla legislazione nazionale, il T.U. sulle società a partecipazione pubblica considera ammessa una partecipazione al capitale sociale dei privati a condizione che la stessa sia prescritta da una disposizione di legge nazionale.
Tale differenza semantica tre le due disposizioni nazionali (previste-prescritta) ha fatto ritenere che non occorre che partecipazione sia "prescritta" ma è sufficiente che sia consentita. E ciò in quanto la partecipazione di soggetti privati al capitale di un ente societario, in ossequio all'autonomia che li caratterizza, può essere prevista ma non può essere imposta da una norma di legge nel nostro ordinamento.
Tali considerazioni - che pure hanno un qualche fondamento - non considerano, però, il dato positivo, peraltro conseguente ad una fonte (il Testo unico sulle società a partecipazione pubblica) che si pone quale equiordinata alla precedente (Codice dei contratti) ma prevalente in quanto lex posterior.
D'altro canto l'espressione "prescritta" è esattamente quella contenuta nella direttiva comunitaria.
Secondo il Consiglio di Stato, occorre quindi che, a livello interno, la partecipazione sia "prescritta", e non meramente consentita perché la direttiva usa il termine "prescritte", e non semplicemente "previste" ed anche perché a tali esiti era già giunto il medesimo Consiglio di Stato che con il parere Comm. Spec. n. 968/2016 ha affermato che la norma europea "non ha inteso autorizzare in generale la partecipazione dei privati ma ha rinviato alle specifiche disposizioni di legge che le «prevedono». Tale forma di rinvio deve però essere fatto a disposizioni di legge che "prescrivono" e dunque impongono la partecipazione e non anche a quelle che genericamente "prevedono" la partecipazione".
Così ricostruito il quadro normativo, va conseguentemente affermato che il D.Lgs. n. 152 del 2006 (codice dell'ambiente) rappresenta il punto di riferimento della regolazione del settore idrico e, in particolare, l'art. 149-bis per le forme di affidamento. Tale disposizione, come prima ricordato, prevede che "L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'art. 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale".
Appare superfluo in questa sede rammentare le ragioni che hanno indotto il legislatore a introdurre tale disposizione con il D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 e che hanno avuto il punto cruciale nel referendum del 12-13 giugno 2011, promosso proprio per consentire il ritorno ad una gestione pubblica di servizi essenziali come quello idrico, ancorché, com'è noto, il risultato referendario abbia riguardato l'intero settore dei servizi pubblici locali.
Tali complesse e certamente contraddittorie vicende - sia normative che giurisprudenziali - sono evidentemente conseguenti alla peculiarità del bene-acqua che è risorsa limitata, la cui rilevanza economica deriva, quindi, dalla sua scarsezza.
In ragione di tutte queste considerazioni, il Consiglio di Stato conclude affermando che l'art. 149-bis del codice dell'ambiente, facendo richiamo ai principi nazionali e comunitari, va interpretato nel senso che, nel rispetto dell'art. 34, comma 20, D.L. n. 179 del 2012, si possa, tra l'altro, scegliere:
a) di esperire una gara per la scelta del concessionario-gestore privato cui affidare la gestione del servizio idrico;
b) di costituire una società mista, con socio operativo/industriale, cui conferire la gestione del servizio, a condizione che la gara per la scelta del socio sia preordinata alla individuazione del socio industriale od operativo che concorra materialmente allo svolgimento del servizio pubblico nel rispetto di quanto oggi stabilito dal D.Lgs. n. 175 del 2016 (e, tra l'altro, dagli artt. 7 e 17 D.Lgs. ora citato) nonché dalla giurisprudenza comunitaria (Corte UE, Sez. III, 15 ottobre 2009, C196/08) e nazionale.
c) di affidarlo a società in house.
In quest'ultimo caso occorrerà rispettare le condizioni richieste dalla disciplina europea con la conseguenza che il dubbio sollevato dalla regione Piemonte va sciolto nel senso che la partecipazione di privati al capitale della persona giuridica controllata è ammessa solo se prescritta espressamente da una disposizione legislativa nazionale, in conformità dei trattati e a condizione che si tratti di una partecipazione che non comporti controllo o potere di veto e che non conferisca un'influenza determinante sulle decisioni della persona giuridica controllata.
Nel caso sottoposto all'esame del Consiglio, poiché, per un verso, la norma di riferimento per l'affidamento della gestione del servizio idrico è l'art. 149-bis del codice dell'ambiente che chiaramente lo esclude e, per altro verso, manca una norma di legge che espressamente lo prescriva, la risposta al quesito deve essere negativa: sino a quando una specifica disposizione di legge nazionale, diversa dagli artt. 5, D.Lgs. n. 50 del 2016 e 16, D.Lgs. n. 175 del 2016, infatti, non prescriverà che i privati partecipino ad una società in house - indicando anche la misura della partecipazione, la modalità di ingresso del socio privato, il ruolo all'interno della società e i rapporti con il socio pubblico - l'apertura dell'in house ai privati deve ritenersi esclusa.
Il Consiglio di Stato ricorda inoltre che, ferma restando l'autonomia del legislatore regionale nel valutare l'ambito di un suo intervento, le discipline esposte in questo parere afferiscono alla "tutela della concorrenza" e, dunque, rientrano nella materia indicata dall'art. 117, comma 2, lett. e), Cost. riservata al legislatore nazionale.