21/05/2019 - Formazione di uno strumento urbanistico generale e obblighi di motivazione della P.A.
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Formazione di uno strumento urbanistico generale e obblighi di motivazione della P.A.
di Giuseppe Cassano - Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Il Consiglio di Stato, adito per la riforma della sentenza resa dal T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 758 del 2007 (concernente, tra l'altro, una domanda di variante ad un piano attuativo convenzionato) ha modo di soffermarsi in tema dei pianificazione territoriale.
Si consideri, preliminarmente, come, secondo una consolidata giurisprudenza, le scelte riguardanti la classificazione dei suoli sono sorrette da ampia discrezionalità e, in tale ambito, la posizione dei privati risulta recessiva rispetto alle determinazioni dell'Amministrazione, in quanto scelte di merito non sindacabili dal Giudice Amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare, potendosi derogare a tale regola solo in presenza di situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo (Cons. di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 1907; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 27 febbraio 2017, n. 451).
La più recente evoluzione giurisprudenziale ha, oltretutto, evidenziato come all'interno della pianificazione urbanistica debbano trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca la necessità di evitare l'ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 22 gennaio 2019, n. 122).
E ciò in quanto l'urbanistica ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l'esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall'art. 9 Cost. (Cons. di Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710; Cons. di Stato, Sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 821; Cons. di Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4716; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 18 giugno 2018, n. 1534).
Nel solco di tale insegnamento l'adito Collegio di Palazzo Spada, nella sentenza in esame, ha modo di precisare, tra l'altro, come in sede di formazione di uno strumento urbanistico generale le scelte discrezionali della P.A. (quanto alla destinazione da assegnare alle singole aree), non necessitano di apposita motivazione ulteriore rispetto a quella che si può evincere dai criteri generali - di ordine tecnico discrezionale - seguiti nell'impostazione del medesimo piano; è cioè sufficiente il riferimento espresso alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale, salvo talune particolari ipotesi.
In particolare, le evenienze che richiedono una più incisiva e puntuale motivazione degli strumenti urbanistici generali, sono state ravvisate (v. anche: Cons. di Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 1151):
a) nell'ipotesi di superamento degli standard minimi ex D.M. 2 aprile 1968 (la motivazione ulteriore deve essere riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, di la dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree);
b) nella lesione dell'affidamento qualificato del privato a seguito di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato che siano intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, aspettative derivanti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di concessione;
c) nella destinazione a zona agricola di un'area limitata che sia interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.
Si tratta di ipotesi tendenzialmente tassative (come ritenuto in Cons. di Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6401: "uniche").
Peraltro, in sede di adozione di uno strumento urbanistico, l'Amministrazione può introdurre anche innovazioni per adeguare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze; e ciò anche nel caso in cui la scelta effettuata imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto agli altri che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione.
In ogni caso, in materia di pianificazione urbanistica occorre tener conto della congruenza delle scelte con le linee di sviluppo del territorio illustrate nella relazione tecnica e nei documenti accompagnatori.
Al riguardo, la giurisprudenza - come anticipato- ritiene che sia sufficiente proprio detta congruenza delle scelte, attenuando così in tali casi l'onere motivazionale degli strumenti di piano, che si risolve nella mera indicazione della congruità con le direttrici di sviluppo del territorio esposte nella relazione tecnica, o, più in generale, nei documenti che accompagnano la predisposizione del piano stesso (Cons. di Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012 n. 4867 cit.).
In argomento, si è inoltre consolidato un orientamento (per il quale, ex multis, v. Cons. di Stato, sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221 e 8 giugno 2011 n. 3497), secondo cui "le scelte urbanistiche richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un'area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come, mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate ..., per le quali il pregresso strumento di pianificazione prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un'area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell'ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall'ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d'altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l'acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute".
Si veda anche: "La scelta compiuta in un piano generale, circa l'attribuzione di una particolare destinazione urbanistica ad una zona, non necessita, (…), di particolare motivazione, in quanto essa trova giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella impostazione del piano, salvo che particolari situazioni non abbiano ingenerato aspettative e/o affidamenti in favore di soggetti, le cui posizioni appaiono meritevoli di specifica considerazione (cfr., ex pluribus, Cons. di Stato, Sez. VI, 17 febbraio 2012 n. 854). Tali evenienze generatrici di affidamento "qualificato", sulla scia di una giurisprudenza ormai consolidata, sono ravvisabili nell'esistenza di convenzioni di lottizzazione, di accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, di giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione.
In mancanza di tali eventi, non è configurabile un'aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria non peggiorativa di quella pregressa, ma solo un'aspettativa generica, analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri ad una più proficua utilizzazione dell'immobile, posizione cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell'Amministrazione: sicché non può essere invocato il difetto di motivazione, in quanto si porrebbe in contrasto con la natura generale dell'atto e i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione dello stesso (cfr., ex multis, Cons. di Stato, Sez. IV, 4 aprile 2011 n. 2104)" (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 20 dicembre 2018, n. 1233).