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14/05/2019 - Accesso civico generalizzato e accesso documentale: presupposti ed effetti

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

Accesso civico generalizzato e accesso documentale: presupposti ed effetti

di Massimo Asaro - Specialista in Scienza delle autonomie costituzionali, funzionario universitario Responsabile affari legali e istituzionali
La recente sentenza del Consiglio di Stato ha elementi di notevole interesse riguardo sia agli aspetti inerenti l'esercizio del diritto di accesso da parte degli interessati e i correlativi obblighi a carico delle PP.AA. sia agli aspetti processuali connessi alla tutela giurisdizionale del diritto di accesso (civico e documentale). La sentenza ribalta la decisione di primo grado del T.A.R. Campania, Sez. VI, n. 2659 del 2018, che aveva accolto il ricorso del privato.
Sul diritto di accesso documentale e sul diritto di accesso civico e sulla loro coesistenza molto è stato scritto, sia in dottrina [Foà, La nuova trasparenza amministrativa, in Diritto amministrativo, n. 1/2017; Amodio, Dall'accesso documentale all'accesso civico generalizzato, i nuovi paradigmi della trasparenza amministrativa, in Giustamm.it, n. 5/2018] sia in giurisprudenza [Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 3631 del 2016 con nota di Bianco e Radicetti, Profili normativi e problematici dell'Accesso civico, in Rassegna Avvocatura dello Stato, n. 4/2016].
Il diritto di "accesso documentale", di cui alla L. n. 241 del 1990, è finalizzato ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale e, giuste le previsioni di cui all'art. 29, comma 2-bis, della medesima legge, i contenuti di tale "diritto" sono inclusi tra i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione. Esso non si configura come un'azione popolare, esercitabile da chiunque, indipendentemente da una posizione differenziata giuridicamente (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6899 del 2010). L'accesso è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti si riferiscono direttamente o indirettamente, e comunque solo laddove questi se ne possano avvalere per tutelare una posizione giuridicamente rilevante (Cons. di Stato, Sez. V, sent. n. 4346 del 2017). Sotto il profilo processuale la tutela di tale diritto è stata ricompresa nell'ambito delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
L'evoluzione dell'ordinamento ha poi segnato una piena affermazione del principio di trasparenza, in linea con le più avanzate normative nazionali ed europee come, il Freedom of Information Act statunitense e il trattato di Lisbona. In particolare, da ultimo, il D.Lgs. n. 97 del 2016, ha introdotto accanto all'accesso civico (già presente nel D.Lgs. n. 33 del 2013), l'accesso civico generalizzato, per cui la trasparenza amministrativa diventa principio cardine e fondamentale dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e dei loro rapporti con gli amministrati. Il diritto di accesso civico e civico generalizzato spettano a chiunque come strumento di controllo democratico sull'apparato pubblico e misura fondamentale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione (Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, Massimario 2013-2016). L'ANAC, quale ente di presidio nazionale della prevenzione della corruzione, ha approntato apposite Linee guida di indirizzo applicativo della normativa generale anche in rapporto con la normativa sulla tutela dei dati personali (Delibere nn. 1309 e 1310 del 2016).
I presupposti che l'art. 24, comma 7, primo periodo, L. n. 241 del 1990 individua al fine di consentire l'accesso documentale (garantire "ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici"), escludendo che in tale ultimo caso siano "ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni" (art. 24, comma 3, L. n. 241 del 1990), sono molto diversi dai presupposti relativi all'accesso civico definiti nell'art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 33 del 2013 ("favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico").
Il recente istituto dell'accesso civico (sia semplice che generalizzato) è stato interamente costruito sul principio della "accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche" (art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 33 del 2013), ma tale istituto e gli obiettivi che con esso si propone il legislatore nazionale di raggiungere non interferiscono con il diverso istituto e la diversa disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi di cui alla L. n. 241 del 1990, tanto è vero che tale impermeabilità è consacrata dall'art. 5, comma 11, D.Lgs. n. 33 del 2013, nella parte in cui il legislatore puntualizza che "Restano fermi (…), nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della L. 7 agosto 1990, n. 241". I due istituti vivono e operano in due "compartimenti stagni" legislativi, mantenendo ciascuno le proprie specifiche regole sia con riferimento ai presupposti per l'esercizio di ciascun "diritto" sia con riguardo alla procedura, confluendo soltanto, come un corpo giuridico unico, nella disciplina processuale di cui all'art. 116 c.p.a..
La sentenza analizza l'ammissibilità dell'accesso documentale richiesto, a seguito del diniego di un primo accesso civico generalizzato, dall'accedente per far emergere eventuali violazioni della normativa sull'esclusività dell'impiego di alcuni colleghi docenti universitari.
Secondo i giudici, l'accesso ai documenti, di cui alla L. n. 241 del 1990, è posto come strumento necessario per verificare la sussistenza di quei presupposti di fatto per l'esercizio di un'azione in giudizio (ovvero per una diversa cura della stessa, a mente dell'art. 24, comma 7, primo periodo, della citata legge) ai fini della tutela di situazione giuridiche, individuali o superindividuali, concretamente lese e rispetto alla quale l'eventualità di una futura azione giudiziale, a carattere individuale o collettivo, non può invece legittimare, mediante l'accesso a documenti amministrativi, la ricerca di lacune o di manchevolezze nell'operato dell'amministrazione, poiché darebbe luogo ad una richiesta ostensiva meramente esplorativa, anche qualora se ne ipotizzi un possibile sbocco giudiziario, non consentita dalla formula dell'art. 24, comma 3, L. n. 241 del 1990 (cfr., ancora sul punto, Cons. di Stato, Sez. V, sent. n. 2105 del 2018).
Deve ricordarsi che sussistono simili limiti anche nel caso di esercizio dell'accesso civico generalizzato che resta precluso:
- quando la domanda sia emulativa o comunque sproporzionata rispetto alle finalità dichiarate o se comporti comunque oneri insostenibili per l'Amministrazione;
- se l'accesso ai dati richiesti possa compromettere, in concreto e non in via ipotetica o astratta, i diritti dei contro interessati, quale il diritto alla tutela di dati personali (Cons. di Stato, Sez. III, sent. n. 1546 del 2019) [Deodato, La difficile convivenza dell'accesso civico generalizzato con la tutela della privacy: un conflitto insanabile? in Giustamm.it, n. 12/2017];
- quando non è diretto alla cura di un interesse generale con valenza pubblica e non un interesse egoistico individuale (T.A.R. Lazio, Sez. I, sent. n. 8303 del 2018).
Per quanto attiene infine alla natura del giudizio in materia di accesso, il Collegio afferma che il giudice può ordinare l'esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all'amministrazione e ordinandole un facere pubblicistico, se ne sussistono i presupposti (art. 116, comma 4, c.p.a.). Il che implica che, al di là degli specifici vizi e della specifica motivazione dell'atto amministrativo di diniego dell'accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i presupposti dell'accesso, potendo pertanto negarlo anche per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo ovvero ravvisare motivi ostativi all'accesso diversi da quelli opposti dall'amministrazione ovvero ancora ritenere l'accesso giuridicamente possibile [sul tema v. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, in Federalismi.it n. 11/2018].
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