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13/05/2019 - "Ucciderò Piero Pelù"

Incipit di "Ucciderò Piero Pelù", di Enrico Antonio Cameriere

"Anche io sono stato giovane, un tempo.
Ci sono delle note che riempiono un’intera emozione. Canzoni che riescono ad evocare sensazioni.

A quei tempi sentivo i Joy Division. Li ascoltavo per strada con il walkman, a casa con lo stereo, se non li avevo con me, li fischiettavo in testa. Non avevo la macchina, altrimenti li avrei sentiti anche lì. Non so cosa mi piacesse in loro, se la musica o la loro aura di artisti maledetti. Mi piacevano, e questo mi bastava.

Li stavo sentendo anche in quell’occasione. Che altro dovevo ascoltare? Li avevo in testa! Ero al centro di piazza Duomo, walkman alla cintura e cuffiette nelle orecchie. È una sensazione unica sentire la musica mentre si cammina. O anche da fermi, in mezzo a piazza Duomo, a Milano. Ci si crea la colonna sonora della vita.

Il cielo era terso, levigato come una lastra d’acciaio. Poche nuvole, ma significative. Si dice che Ejsenstein avesse atteso una settimana, mentre girava l’Aleksandr Nevsky, in attesa che una nuvola si posizionasse esattamente sulla sezione aurea dell’inquadratura. Poche e significative, quindi.

Immaginatevi la scena. Grande pianura russa. Non un’increspatura del terreno, neanche in lontananza. Tutto liscio, come un tavolo da biliardo. Appena dopo, gli Urali. Almeno mi piace collocarla così. Tanto che importa? Voi sapete dove lo abbiano girato realmente?

La troupe freme, ma non osa fiatare. Il Maestro è lui. E gode di carta bianca da parte del Cremlino. Non bisogna neanche pensare di non rispettare un suo ordine. È lui a comandare, non ci sono storie! Le comparse, così tante, che risulta difficile immaginarle. Non le cazzate d’oggi, con effetti elettronici, ma carne viva all’ordine di un’unica persona. E lui là. Fermo ad aspettare una nuvola

che gli entrasse nel cuore. Due occhi magnetici dentro il cielo. Solo lui e la sfera blu in alto. Un contatto intenso, estremo, unico. Forse non poggiava neanche i piedi per terra. Che ne sapevano gli altri? Impalpabile, invisibile. Il vento spazzava l’erba. Sembrava volerla strappare a morsi dal terreno. Spostava di tutto, ma non metteva la nuvola al posto giusto. Era una partita a scacchi, ma è il regista che deve modellare. Lui deve comporre l’inquadratura, non il vento. Era lì. Sapeva che avrebbe vinto lui.

Anche io ero lì. Un altro lì, ma c’ero. Non avevo nessuno che mi dovesse attendere. Non le centinaia di migliaia di comparse. Nessuno. Quindi potevo stare ad aspettarmela, la mia stramaledetta nuvola. Ero solo io a doverlo decidere. Sarebbe passata di là. Mi avrebbe toccato il cuore, lo sentivo. Ed avrebbe disegnato la sezione aurea attraverso i miei occhi. Solo per me. Nessun altro al mondo lo avrebbe saputo. Io e lei. Le mie cornee toccavano le nubi, ne sentivo l’umida malizia. La giornata era fredda e secca come un colpo di frusta. Ero immobile, con il lamento di Ian Curtis nella testa e le nuvole negli occhi. Ci sarò stato un bel po’ in questa posizione. Difficile a dirsi quanto. Se cercate la sezione aurea tra una nuvola dispettosa ed il vostro io, non sbirciate il quadrante dell’orologio. Non lo guardate per niente, ve lo consiglio. Altrimenti viene male questa cosa qui. Alla fine del lato A di Closer sentii una mano sulla spalla."

Incipit di "Ucciderò Piero Pelù", di Enrico Antonio Cameriere, Compagnia Editoriale Aliberti.

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