19/07/2019 - Le principali pronunce e indirizzi della Corte dei Conti-15/30 giugno 2019
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Le principali pronunce e indirizzi della Corte dei Conti-15/30 giugno 2019
di Cristina Montanari - Responsabile dell'Area Finanziaria e Vicesegretario del Comune di Serramazzoni
La Giurisprudenza Consultiva
CONTABILITA' E CONTROLLI
Il giudice dei conti affronta, sotto l’aspetto generale, la tematica della possibile destinazione di fondi comunali ad interventi relativi a beni di proprietà di un soggetto giuridico diverso.
Il quesito riguarda, nell’ambito del complesso procedimento volto alla quantificazione delle somme da riconoscere ex art. 194, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 267/2000, la problematica inerente i criteri di determinazione dell’utile d’impresa da scorporare dalla componente c.d. «riconoscibile». A tal fine, la giurisprudenza contabile ha più volte richiamato i parametri utilizzati dalla giurisprudenza amministrativa e della stessa Corte dei conti per il ristoro del c.d. «danno da concorrenza», ritenendo che tale utile sia da quantificare «…. in una percentuale del valore dell’appalto, 10% o 5% a seconda che si tratti di appalto di lavori o di forniture di beni e servizi. Trattasi del criterio liquidatorio dell’utile d’impresa, che viene mutuato dalle cause di risarcimento per equivalente, nel caso in cui non sia possibile la reintegrazione in forma specifica della pretesa dell’impresa ricorrente vittoriosa. Esso muove dal presupposto della spettanza, al privato contraente a causa dei vizi della procedura ad evidenza pubblica, del solo arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 c.c., in luogo del corrispettivo contrattuale. In applicazione di tale criterio, il danno (alla concorrenza), nel giudizio di responsabilità, è individuato nei pagamenti eccedenti la quota riconducibile all’arricchimento senza causa, sicché l’utile d’impresa rappresenta la misurazione di tale eccedenza». Va ricordato che tale criterio deriva originariamente dall’applicazione analogica operata dalla giurisprudenza nella valutazione del danno risarcibile all’impresa appaltatrice in caso di contenzioso con la stazione appaltante, dell’art. 345, L. n. 2248/1865, allegato F, attualmente riprodotto nell’art. 109, D.Lgs. n. 50/2016, che quantifica(va) in tale misura il danno risarcibile a favore dell’appaltatore in caso di recesso della P.A. Ritiene la Sezione che tale criterio sia meramente presuntivo e, pertanto, ove l’amministrazione abbia concreti elementi per ritenere che l’utile d’impresa, nel caso concreto, possa discostarsi da tali parametri, sia in positivo che in negativo, ben possa procedere a scomputare dalla somma da riconoscere l’utile d’impresa effettivo. A parere del collegio, tale interpretazione si rinviene anche nell’obiettiva circostanza che l’offerta economica, nell’attuale quadro normativo in materia di contratti pubblici, è soggetta o - meglio - dovrebbe essere soggetta, a un’attenta analisi in ordine a tutte le sue componenti. Ciò è espressamente previsto, ad esempio, nell’art. 97, D.Lgs. n. 50/2016, laddove sono indicati in casi in cui si debba procedere alla valutazione, ovvero all’esclusione automatica, delle offerte ritenute anomale; ciò non esclude, tuttavia, che l’Ente goda di ampia facoltà nel procedere alla valutazione facoltativa di un’offerta sospetta di anomalia. Tale premessa è necessaria per evidenziare che la componente relativa all’utile d’impresa non è fissa, ma può variare di volta in volta ed è spesso oggetto di attenta valutazione da parte dell’amministrazione. In diversi casi, ad esempio, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che un utile d’impresa esiguo non è di per sé idoneo a determinare l’anomalia di un’offerta (per tutte C.G.A. 25 giugno 2018, n. 368). Pertanto, la Sezione ritiene possibile individuare una diversa quantificazione dell’utile d’impresa solo in presenza di specifiche valutazioni, ovviamente effettuate ex ante, vale a dire prima della stessa esecuzione della fornitura/del servizio/dell’opera e delle quali l’amministrazione abbia la disponibilità, in base alle quali sia stato possibile individuare e valutare l’esatta composizione dell’offerta, ivi compreso le sue componenti inderogabili, al fine di vagliarne l’attendibilità, la conformità alle prescrizioni di legge e, da ultimo, l’effettivo utile d’impresa conseguito dal prestatore d’opera, di servizi e di forniture.
Ripercorsa nelle sue linee essenziali la disciplina della procedura di dissesto finanziario e, segnatamente, analizzato il riparto legislativo delle competenze tra gli organi ordinari e straordinari dell’ente locale, alla luce delle disposizioni contenute nel capo II e III del titolo VIII del TUEL (artt. 244-258), la Sezione, sulla base della giurisprudenza di legittimità stratificatasi nel tempo sulla materia dei debiti fuori bilancio disciplinati dall’art. 194 TUEL, ha concluso che il momento genetico dell’obbligazione contrattuale per l’ente locale è l’esito dell’esternazione di una volontà esplicita dell’organo rappresentativo a mezzo del tipizzato atto deliberativo, in quanto competente ad esprimere un apprezzamento di carattere generale sulla conciliabilità dei relativi oneri con gli indirizzi di fondo della gestione economico-finanziaria dell'ente e con le scelte amministrative compiute nei documenti di programmazione a carattere autorizzatorio. Alla luce dell’ordinamento positivo, considerata l’estraneità del debito fuori bilancio non riconosciuto rispetto alla sfera patrimoniale dell’ente, anche in fase di dissesto il momento costitutivo dell’obbligazione di pagamento non può prescindere dal formale riconoscimento del debito da parte dell’organo consiliare, senza che tale espressione di volontà, non testualmente indicata all’interno dell’art. 254 TUEL, possa essere interpretata quale ‘deroga istruttoria’. La delibera consiliare costituisce in ogni caso elemento costitutivo della fattispecie normativa tipizzata dall’art. 194 TUEL che individua in un determinato atto di volontà promanante dall’organo istituzionale la genesi della responsabilità patrimoniale dell’ente per le obbligazioni maturate al di fuori del sistema autorizzatorio di bilancio.
Un Istituto Comprensivo Statale presenta richiesta di parere ex art. 7, comma 8, L. n. 131/2003, in merito ai tetti di spesa dei libri di testo e loro adeguamento al tasso d’inflazione: i quesiti riguardano le modalità e criteri di calcolo, distinti fra scuola secondaria di 1° e di 2° grado. La richiesta è però inammissibile per carenza del requisito soggettivo, in quanto proveniente da un soggetto rappresentante legale di un’istituzione che non rientra tra i destinatari della norma.
Il giudice dei conti si pronuncia sulla qualificazione in termini di “società a controllo pubblico”, ai fini dell’applicazione di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 175/2016, delle società partecipate in misura maggioritaria da enti pubblici, ciascuno dei quali detentore di quote di minoranza; ha affermato che deve ritenersi sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle “società a controllo pubblico” (risultante dal combinato disposto delle lett. b) ed m) dell’art. 2, D.Lgs. n. 175/2016), che una o più P.A. dispongano, in assemblea ordinaria, della maggioranza dei voti previsti dall’art. 2359 cod. civ.
Alla luce dei nuovi limiti massimi e dei nuovi parametri recati dal D.I. 21 dicembre 2018, emesso di concerto tra il Ministro dell’Interno e quello dell’Economia e delle Finanza, ferma la previsione di cui al comma 7 dell’art. 241 TUEL, è facoltà degli enti locali procedere, ai sensi degli artt. 234 e 241 TUEL, a un rinnovato giudizio circa l’adeguatezza dei compensi liquidati anteriormente al predetto decreto alla stregua dei limiti massimi fissati dal D.M. 20 maggio 2005 e, se del caso, provvedere a una rideterminazione degli stessi al fine di ricondurli nei limiti di congruità e di adeguatezza, previa attenta verifica della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri. L’eventuale adeguamento non ha effetto retroattivo e decorre dalla data di esecutività della deliberazione di rideterminazione del compenso assunta dall’organo consiliare ai sensi degli artt. 234 e 241 TUEL.
ORGANI DI GOVERNO
Gli oneri derivanti dalla fruizione, da parte dei dipendenti di società a totale partecipazione pubblica, dei permessi retribuiti previsti per l'esercizio di funzioni elettive presso un ente locale (partecipante o meno al capitale sociale) sono a carico di quest'ultimo e devono essere rimborsati alla società datrice di lavoro, nei termini e secondo le modalità di cui all'art. 80 TUEL. Depone in tal senso la qualificazione formale, ossia la costituzione in forma societaria con connessa distinzione soggettiva tra società e soci così come la separazione dei rispettivi patrimoni, che esclude che la provenienza pubblica delle risorse impiegate nel capitale sociale determini automaticamente l’acquisizione della natura pubblicistica delle disponibilità̀ finanziarie della società, in tal modo inibendo la riconducibilità di una società per azioni a totale capitale pubblico alla categoria degli enti pubblici per i quali non sussiste l’obbligo di rimborso. Né assume rilievo l’eventuale attribuzione ex lege a società partecipate di personalità giuridica di diritto pubblico, in quanto attribuzione comune alla categoria degli enti pubblici economici, parimenti rientrante nell’ambito applicativo esplicitato dall’art. 80 TUEL.
PERSONALE E PREVIDENZA
Tralasciando ogni valutazione in merito alla ricorrenza di tutti i presupposti di legge ai fini dell’ammissibilità di copertura di spesa del posto rimasto vacante nel mese di dicembre 2018 presso il Comune, il cui accertamento non compete in sede consultiva (ovvero rispetto dei tetti di spesa, degli stanziamenti di bilancio, rispetto degli equilibri in chiave dinamica, vincoli generali e specifici), a parere della Sezione, nulla osta astrattamente all’amministrazione comunale di ricoprire il posto rimasto vacante per dimissioni di dipendente in regime di part-time (originariamente in full time) con personale a tempo pieno, previa verifica altresì della possibilità di ricoprire lo stesso per mobilità interna od esterna. Si precisa che l’ente rimasto inadempiente a quanto disposto nell'art. 6, D.Lgs. n. 165/2001, non potrà assumere nuovo personale, così come previsto al c. 6 del citato articolo. Tale sanzione s’impone sia per il mancato rispetto dei vincoli finanziari e la non corretta applicazione delle disposizioni che dettano la disciplina delle assunzioni, sia per l'omessa adozione del PTFP e degli adempimenti previsti dagli artt. 6 e 6-ter, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001.
L’obbligo di contingentamento dei rapporti di lavoro a tempo parziale oggi disciplinato dall’art. 53 del C.C.N.L. del comparto Funzioni Locali per il triennio 2016-2018, siglato il 21 maggio 2018, non può essere oggetto di deroga in sede di applicazione delle disposizioni che disciplinano i vincoli di spesa da rispettare ai fini del reclutamento di personale; con riferimento alla capacità assunzionale, l’art. 263, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000, nei limiti in cui è attualmente applicabile, riguarda i soli enti a suo tempo non sottoposti al patto di stabilità interno.
La richiesta, richiamato il D.L. n. 113/2018, e in particolare l’art. 35-bis, recante “Disposizioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato di personale della polizia municipale” intende conoscere se, con la dizione di legge spesa sostenuta “per detto personale”, debba intendersi quale limite di spesa autorizzabile: - ipotesi a), tutta la spesa di personale del servizio di polizia municipale (tempo indeterminato e determinato, comandi) sostenuta nell’anno 2016; - ipotesi b), esclusivamente la spesa di personale a tempo indeterminato del servizio di polizia locale dell’anno 2016. La formulazione della norma all'esame non è chiara. Nel suo tenore letterale non si ravvisano elementi idonei a convalidare l’ipotesi b) in quanto l’inciso “detto personale” sembra messo in relazione al suo antecedente logico- grammaticale, ovvero con la locuzione “personale di polizia municipale”, ove l’ancor precedente espressione “a tempo indeterminato” risponderebbe al solo scopo di qualificare la tipologia del rapporto d’impiego con cui assumere i nuovi agenti. E’ comunque indispensabile verificare che tale lettura non impatti negativamente sul principio della salvaguardia del bilancio degli enti, e neppure induca a violazioni a quello di copertura delle relative spese poiché, in tali casi, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, andrebbe convalidata la più restrittiva ma legittima ipotesi b). Al riguardo va osservato che l’art. 35-bis pone condizioni tali che la deroga può essere attuata soltanto sulla base di un preesistente, consolidato quadro di rispetto della finanza pubblica, e solo se tale condizione equilibrio continui ad essere assicurata, nonostante la spesa strutturale correlata alle previste assunzioni; configura attraverso il verbo “possono” una facoltà per i comuni e non certo un obbligo, rimettendo alla loro scelta, in relazione alle necessità di controllo del territorio e di sicurezza urbana nonché alla loro autonomia finanziaria, sancita dall'art. 119 Cost., la valutazione circa l’opportunità di fruire o meno della possibilità all'esame, in linea con l’asserto che il raggiungimento dell'obiettivo di contenimento della spesa del personale, principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, deve essere perseguito con azioni da modulare nell'ambito dell'autonomia di ciascun ente, che ha la facoltà di comprimere le voci di spesa ritenute più opportune (Corte cost., sentenze n. 108/2011 e n. 27/2014); prefigura un eventuale onere da introdurre solo se sussistano margini di flessibilità del bilancio a legislazione vigente: ne consegue in armonia con il criterio della metodologia marginalistica, in virtù della quale la variazione indotta da una norma onerosa sull'equilibrio di bilancio in essere deve avere un risultato pari a zero, l’equilibrio di tale bilancio, grazie ai margini di flessibilità consentiti dagli spazi di manovra del bilancio, non potrà essere peggiorato dalle nuove assunzioni a tempo indeterminato che pur introdurranno oneri incomprimibili. In proposto va rilevato come l’utilizzo degli spazi di manovra consentiti (a seconda dei casi) dalla flessibilità dei bilanci sembra delineare un indice tendenziale del rifluire del principio di copertura (art. 81, comma 3, Cost.) in quello dell’equilibrio (artt. 81, comma 1, e 97, comma 1, Cost.), donde la centralità indefettibile del controllo di legittimità-regolarità (Corte cost., sentt. nn. 198/2012; 179/2007), anche su rendiconti consuntivi degli enti locali, assegnato alla Corte dei conti dall'art. 148-bisTUEL. Per ultimo, la constatata vigenza nell'ordinamento del c. 557-quater insieme all’art. 35-bis, rappresenta un’ulteriore misura di “chiusura del sistema” rispetto a deviazioni dagli obiettivi di finanza pubblica degli enti interessati.
In giurisprudenza si rinvengono affermazioni di responsabilità erariale derivanti dall'assenza del titolo di studio per il conferimento di incarichi ex art. 110 TUEL.
Alla luce dell’attuale formulazione dell’art. 113, D.Lgs. n. 50/2016, gli incentivi ivi disciplinati sono destinabili al personale dipendente dell’ente esclusivamente nei casi di contratti di appalto e non anche nei casi di contratti di concessione.
In risposta ai quesiti scaturenti dall’esigenza di copertura del posto rimasto vacante per autorizzazione alla mobilità in uscita, in disparte ogni valutazione nel merito sulla ricorrenza dei presupposti di legge, ai fini della legittimità sostanziale e finanziaria - si ritiene che, in presenza dei sopra richiamati presupposti, l’amministrazione comunale possa soddisfare ogni eventuale esigenza di copertura di organico con procedure di reclutamento, purché esse attendano al rispetto della scansione procedimentale prevista e dei vincoli assunzionali, ovvero ad assunzioni con mobilità, sempre che queste ultime risultino finanziariamente neutrali, non lesive dei preesistenti vincoli assunzionali e rispettose delle disposizioni sulle dotazioni organiche, sulla programmazione, sul pareggio di bilanci da parte di tutti gli enti interessati alla procedura.
Gli atti di indirizzo-programmazione e verifica delle Sezioni Regionali
CONTABILITA' E CONTROLLI
Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei Servizi Sanitari Regionali-esercizio 2017
Calano i debiti verso i fornitori, anche se gli oneri per interessi per ritardati pagamenti restano elevati. Diminuisce il ricorso alle anticipazioni di tesoreria, mentre aumentano le disponibilità liquide a fine esercizio, segno di una limitata fluidità nelle procedure di pagamento. Cala, infine, il costo del personale anche se con significative differenze a livello territoriale. È quanto rileva la Corte dei conti nella relazione che analizza i risultati della gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali, per l’esercizio 2017. Dal referto emerge che, nel confronto con i principali Paesi Ocse, la spesa sanitaria erogata attraverso il SSN si dimostra relativamente moderata. Nelle Regioni sottoposte a monitoraggio il deficit si riduce e ancor più nelle Regioni sottoposte a piano di rientro. Diversa tendenza si osserva nelle Regioni a statuto speciale e nelle due Province autonome, con l’esclusione della Regione siciliana, in piano di rientro. Ritardi si registrano ancora nella determinazione annuale del Fondo sanitario nazionale e nella ripartizione delle risorse destinate al Servizio sanitario, con riflessi sulla programmazione delle spese da parte delle Regioni e sulla possibilità di una completa e tempestiva rappresentazione, anche da un punto di vista contabile, della gestione nei bilanci regionali. Restano incompiute le regole per l’omogenea integrazione del conto consolidato sanitario con il conto generale della Regione.
Agenda digitale, indagine corte conti su attuazione in enti territoriali-Questionario della Sezione Autonomie su 8mila Amministrazioni
Dal 1° luglio 2019 è disponibile nell’area Servizi del sito istituzionale della Corte dei conti, al link https://questionariotd.corteconti.it/ un questionario per l’acquisizione delle informazioni sullo stato di attuazione dell’Agenda digitale da parte delle Amministrazioni territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Province autonome), elaborato dalla Sezione delle autonomie con il contributo tecnico del Team per la Trasformazione Digitale, nell’ambito del Protocollo d’intesa stipulato dalla Corte con il Commissario per l’attuazione dell’Agenda digitale. L’indagine conoscitiva riguarderà oltre 8mila enti che saranno tenuti alla compilazione del questionario entro il 30 settembre 2019. Per la Corte, la realizzazione dell’Agenda digitale italiana è un obiettivo strategico per l’intero Paese, considerato che il fine ultimo è quello di migliorare la qualità e la quantità dei servizi resi al cittadino, con maggiore efficienza a fronte di risparmi di spesa. E’ pertanto rilevante che tutte le Amministrazioni procedano alla compilazione del questionario entro il termine assegnato. Con quest’attività la Corte dei conti si propone di fornire al Parlamento una fotografia sullo stato d’informatizzazione degli enti territoriali, richiamando, nello stesso tempo, l’attenzione di tutte le Amministrazioni coinvolte sulla necessità di portare a compimento le attività operative indicate nel piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019.
(Si veda il sito https://questionariotd.corteconti.it/)
Le principali sentenze in materia di danno erariale
L’utilità dell’assunzione di un responsabile del servizio mediante convenzione con altro Ente è espressamente prevista dall’art. 1, comma 557, Legge Finanziaria 2005 in presenza del c.d. scavalco di eccedenza, e dalla contrattazione collettiva (art. 14 CCNL 22/1/2004 Enti locali in presenza del c.d. scavalco condiviso). Finché detta utilizzazione avviene a copertura delle vacanze in dotazione organica le attività possono essere considerate legittime, mentre in caso di copertura al di fuori della dotazione organica in un Ente di piccole dimensioni le spese sostenute dall’Ente locale sono da considerare illegittime ed inutili, così da rappresentare danno erariale da addebitare al sindaco e alla giunta comunale che avesse operato in tal senso.
Alla commissione di concorso è richiesto uno standard minimo professionale nella valutazione dei titoli dei candidati al momento della formazione della graduatoria, specialmente quando una sua errata valutazione possa comportare un ribaltamento della posizione utile del candidato che aspira alla copertura del posto a vantaggio del secondo classificato. In caso di annullamento della graduatoria disposto dal TAR, pertanto, le spese inutilmente sopportate dall'ente pubblico devono essere poste a carico della commissione che abbia operato al di sotto dell’ordinaria esigibilità.