18/07/2019 - Le distanze obbligatorie per le sale giochi
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Le distanze obbligatorie per le sale giochi
di Marilisa Bombi - Giornalista. Consulente attività economiche.
Il comparto del gioco con vincita in denaro continua ad essere posto all’attenzione degli organi di giustizia amministrativa. Il Consiglio di Stato, Sezione III, infatti, con sentenza 4509 depositata il primo luglio 2019, è stato chiamato ad esaminare l’appello di una impresa attiva nel Settore la quale ha contestato la legittimità della prescrizione inserita dalla Questura nella licenza ex art. 88 TULPS nel senso che “devono essere rispettati gli orari imposti dal Sindaco in materia di apertura degli esercizi pubblici localizzati nel territorio”. Relativamente alla questione posta, la Sezione ha osservato che pur non essendovi una normativa comunitaria specifica sul gioco d'azzardo, il Parlamento europeo ha approvato il 10 settembre 2013 una risoluzione nella quale si afferma la legittimità degli interventi degli Stati membri a protezione dei giocatori, anche se tali interventi dovessero comprimere alcuni principi cardine dell'ordinamento comunitario come, ad esempio, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. Invero, ha puntualizzato il Collegio, secondo il Parlamento europeo, il gioco d'azzardo non è un'attività economica ordinaria, dati i suoi possibili effettivi negativi per la salute e a livello sociale, quali il gioco compulsivo (le cui conseguenze e i cui costi sono difficili da stimare), la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e la manipolazione degli incontri sportivi. Tenuto conto della enorme diffusione del gioco d'azzardo e del fenomeno delle frodi, si rivela pertanto necessario contrastarne i possibili effetti negativi e svolgere un'azione di lotta alla criminalità. Senza tenere conto, peraltro, della raccomandazione 14 luglio 2014 sul gioco d'azzardo on line, la quale ha stabilito i principi che gli Stati membri sono invitati a osservare al fine di tutelare i consumatori, con particolare attenzione ai minori e ai soggetti più deboli.
In ambito nazionale, centrale è la disciplina del c.d. decreto Balduzzi, che ha attuato un intervento più organico in materia (D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla L. 8 novembre 2012, n. 189), affrontando diverse tematiche. Con riguardo ai profili sanitari, è previsto l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia (art. 5, comma 2); e, in attuazione di tale disposizione, è stato approvato il Piano d'azione nazionale. Per contenere i messaggi pubblicitari si vieta l'inserimento di messaggi di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, nonché durante le rappresentazioni teatrali o cinematografiche non vietate ai minori; sui vari media e durante tali eventi sono anche proibiti i messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro, che incitano al gioco ovvero ne esaltano la sua pratica, ovvero che hanno al loro interno dei minori, o che non avvertono del rischio di dipendenza dalla pratica del gioco: per i trasgressori (sia il committente del messaggio pubblicitario sia il proprietario del mezzo di comunicazione interessato) è prevista una sanzione amministrativa da 100.000 a 500.000 euro (art. 7, commi 4 e 4-bis).
Avvertimenti sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro e sulle relative probabilità di vincita devono essere riportati su schedine e tagliandi dei giochi; su apparecchi di gioco (c.d. AWP - Amusement with prizes), cioè quegli apparecchi che si attivano con l'introduzione di monete o con strumenti di pagamento elettronico; nelle sale con videoterminali (c.d. VLT - Video lottery terminal); nei punti di vendita di scommesse su eventi sportivi e non; nei siti internet destinati all'offerta di giochi con vincite in denaro: in caso di inosservanza di tali disposizioni è prevista la sanzione amministrativa di 50.000 euro (art. 7, commi 5 e 6). È stata ancora prevista l'intensificazione dei controlli sul rispetto della normativa (art. 7, comma 9) e una "progressiva ricollocazione" dei punti della rete fisica di raccolta dei punti gioco per tener conto della presenza nel territorio di scuole, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi (art. 7, comma 10). E, relativamente a tale aspetto, benché non sia stato ancora emanato il decreto ministeriale che avrebbe dovuto indicare criteri e indirizzi, le amministrazioni regionali e locali hanno adottato legittimamente, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale, propri regolamenti in materia.
In base al decreto Balduzzi è stato istituito anche un Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Tale Osservatorio, inizialmente istituito presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, è stato successivamente trasferito al Ministero della salute ai sensi della L. n. 190 del 2014 (legge finanziaria per il 2015), che ne ha modificato anche la composizione, per assicurare la presenza di esperti e di rappresentanti delle regioni, degli enti locali e delle associazioni operanti in materia. La stessa legge (art. 1, comma 133) destina annualmente, a decorrere dal 2015, una quota di 50 milioni di euro, nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, per la cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo (1 milione annuo per la sperimentazione di software per monitorare il comportamento del giocatore e generare messaggi di allerta).
In sostanza, afferma la sentenza, da tale composito e complesso quadro giuridico, emerge non solo e non tanto la legittimazione, ma l'esistenza di un vero e proprio obbligo a porre in essere, da parte dell'amministrazione comunale, interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, ispirati per un verso alla tutela della salute, che rischia di essere gravemente compromessa per i cittadini che siano giocatori e quindi clienti delle sale gioco, per altro verso al principio di precauzione, citato nell'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il cui campo di applicazione si estende anche alla politica dei consumatori, alla legislazione europea sugli alimenti, alla salute umana, animale e vegetale. L'assioma fondamentale di tale ultimo principio è che nell'ipotesi di un rischio potenziale, laddove vi sia un'identificazione degli effetti potenzialmente negativi di un'attività e vi sia stata una valutazione dei dati scientifici disponibili, è d'obbligo predisporre tutte le misure per minimizzare (o azzerare, ove possibile) il rischio preso in considerazione, pur sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e di contemperamento degli interessi coinvolti.
Quanto a siffatto contemperamento e, dunque, all’osservanza del principio di proporzionalità, è già stato osservato come - con l'adozione di ordinanze restrittive degli orari apertura delle sale da gioco analoghe a quella di cui qui si controverte - le Amministrazioni “abbiano realizzato un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l'interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un'illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie. Tanto sulla scorta del canone secondo cui il principio di proporzionalità permette la limitazione dei diritti e delle libertà nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici e per il tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.
In sostanza, la Giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere che il contenimento dell’orario di apertura di una sala giochi entro il limite di 8 ore giornaliere, come nel caso di specie, sia “rispettoso in concreto del principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici, e per il tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.