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06/07/2019 - Varata la legge, ma la concretezza può attendere

tratto da lavoce.info

Varata la legge, ma la concretezza può attendere

05.07.19 - Luigi Oliveri
La “legge concretezza” ha il merito di intervenire su pochi punti nodali dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Il problema è la difficile applicabilità delle disposizioni. Insomma, sembra prevalere l’effetto mediatico più che la concretezza.
L’immancabile norma contro l’assenteismo
Il cosiddetto decreto concretezza è legge (legge 56/2019) ed entra in vigore il 7 luglio. Ha il merito di qualificarsi come norma il cui fine non è l’ennesima riforma epocale della pubblica amministrazione, ma quello di intervenire su pochi punti focali dell’organizzazione pubblica. Tuttavia, l’operazione mediatica sembra prevalere rispetto ai risultati “concreti”.
Ne è una dimostrazione l’immancabile provvedimento sull’assenteismo, che da diversi anni è una sorta di marcatura del territorio da parte di ogni ministro della Funzione pubblica. Qualsiasi disposizione che miri a colpire i dipendenti pubblici infedeli – quelli che truffano lo stato lasciando apparire di essere in servizio, mentre invece sono occupati in altre faccende – oltre che giusta e doverosa, ha anche il pregio di essere particolarmente efficace sul piano mediatico.
Oltretutto, nel caso specifico, la norma è nel merito pienamente condivisibile: le tecnologie di oggi così facilmente accessibili rendono sicuramente attuabile l’installazione dei “sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza degli accessi, in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica, attualmente in uso” di cui parla la legge.
Il problema sta, però, proprio nella sua “concreta” applicabilità. Installare questi sistemi nelle circa 20 mila amministrazioni esistenti (con un numero di sedi ancora maggiore) non sarà né breve né gratuito. La legge prevede un finanziamento di 35 milioni di euro, peraltro per il solo 2019, che di per sé appare largamente insufficiente, ma vi si aggiunge la forte sensazione che in futuro il capitolo non sarà rifinanziato, poiché la norma è corroborata da una clausola ormai usuale, la cui presenza spesso certifica a priori la probabile inefficacia operativa: l’indicazione di attivare questi sistemi “nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”.
Appare ottimistico poi valutare come improntata alla “concretezza” la previsione contenuta nell’articolo 5, finalizzata a risolvere il problema dei buoni pasto creatosi in varie regioni a causa degli inadempimenti contrattuali della ditta individuata dalla Consip. La legge, infatti, giunge con molto ritardo rispetto all’esplosione del problema, che risale agli ultimi mesi del 2018.
L’estensione anche ai dipendenti che non hanno qualifica dirigenziale della possibilità di ottenere l’aspettativa per favorire la mobilità tra il settore pubblico e il privato è certamente interessante, visto che amplia la possibilità di maturare esperienze e cognizioni nuove e diverse. Sfugge, tuttavia, la specifica connessione con la “concretezza”, specie se si considera lo scarso utilizzo dell’istituto, almeno finché è stato riservato ai soli dipendenti con qualifica dirigenziale.
Una “task force” piccola piccola
C’è, poi, la costituzione del Nucleo della concretezza. Una “task force” di soli 53 dipendenti, che da Roma (sia pure con la collaborazione delle prefetture per quanto riguarda gli enti locali) dovrebbe assicurare l’attuazione delle azioni previste da un Piano triennale delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni, predisposto annualmente dal dipartimento della Funzione pubblica della presidenza del Consiglio dei ministri. Ribadiamo: le pubbliche amministrazioni sono decine di migliaia. Aspettarsi che una così piccola forza come il Nucleo della concretezza possa davvero vigilare sull’applicazione del Piano triennale appare una scommessa poco concreta e molto ottimistica. Per altro, al di là del procedimento di verifica piuttosto bizantino previsto dall’articolo 1 della legge, oltre all’eventuale responsabilità dei dirigenti chiamati ad attuare il Piano, non si vedono conseguenze “concrete” per le violazioni delle sue indicazioni, sempre ammesso che siano rilevabili.
Sarebbe stato molto più confacente alla “concretezza” correggere l’errore commesso anni addietro: la cancellazione pressoché totale (specie per regioni ed enti locali) di controlli preventivi di legittimità sugli atti da parte di organismi esterni. L’adozione di decisioni e comportamenti spesso poco concreti, ma soprattutto illegittimi, in appalti, assunzioni, erogazioni di contributi, come insegna l’esperienza non troppo fruttuosa della normativa anti-corruzione, non viene scongiurata in anticipo da piani. Occorrerebbero invece controlli preventivi.
Più efficaci e mirate sono invece le disposizioni relative al reclutamento dei dipendenti pubblici. È opportuno puntare oltre che al ringiovanimento del personale, anche su profili professionali specifici, dediti ai campi della digitalizzazione, della razionalizzazione e semplificazione dei processi e dei procedimenti amministrativi, della qualità dei servizi pubblici, della gestione dei fondi strutturali e della capacità di investimento, della contrattualistica pubblica, del controllo di gestione e attività ispettiva e della contabilità pubblica e gestione finanziaria.
Tuttavia, la legge non offre strumenti di semplificazione e razionalizzazione delle procedure concorsuali. Si limita a eliminare (com’era largamente opportuno) l’obbligo di far precedere i concorsi dal tentativo di acquisire prima dipendenti pubblici mediante trasferimento volontario, che ritardava di molti mesi la possibilità di bandire i concorsi. Chiamatela, se volete, concretezza.
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