04/07/2019 - La qualifica di pubblica sicurezza e il porto di pistola sono collegati a requisiti tassativi

di Stefano Manzelli - Funzionario di polizia locale, consulente enti locali

Spetta alla prefettura sospendere la qualifica di pubblica sicurezza ad un operatore di polizia municipale incappato in problemi con la giustizia penale. Ma all'esito favorevole della vicenda non basta il parere negativo dei carabinieri per impedire di ripristinare la piena operatività dell'agente. In particolare se il sindaco ha evidenziato al rappresentante governativo che nulla osta al reintegro completo dell'operatore in divisa. Lo ha chiarito il Tar Veneto, sez. I, con la sentenza n. 688 del 12 giugno 2019. Un agente di polizia municipale è incappato in una serie di disavventure giudiziarie che hanno determinato, nell'immediatezza, l'adozione da parte della prefettura di un provvedimento di sospensione della qualifica che abilita l'agente di fatto al porto di pistola. A seguito della soluzione positiva delle vertenze l'interessato ha richiesto assieme al sindaco la revoca del provvedimento cautelare adottato dal rappresentante governativo ma il prefetto ha rigettato l'istanza valorizzando la relazione negativa dei carabinieri. Contro questa determinazione il vigile ha proposto con successo ricorso al collegio. La prefettura può adottare per costante giurisprudenza provvedimenti cautelari di sospensione delle funzioni di agente di pubblica sicurezza anche in mancanza di una pronuncia dell'autorità giudiziaria. Ma se viene richiesto il riesame del provvedimento di sospensione, unitamente ad un parere favorevole del sindaco, il rappresentante governativo a parere del Tar deve valutarlo attentamente e non può valorizzare solo l'eventuale parere negativo dei carabinieri. Siccome il ricorrente non ha subito condanne e il suo datore di lavoro, il primo cittadino, ha richiesto il pieno reintegro, il provvedimento negativo della prefettura basato solo sul parere dei carabinieri deve essere annullato.