02/07/2019 - E' legittima la scelta del Sindaco che revoca gli amministratori di una società partecipata perché non in linea con il suo indirizzo politico
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
E' legittima la scelta del Sindaco che revoca gli amministratori di una società partecipata perché non in linea con il suo indirizzo politico
di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Con la sentenza n. 16335, depositata il 18 giugno 2019, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che i Sindaci hanno piena discrezionalità in merito alla revoca degli amministratori delle società partecipate non in linea con il loro indirizzo politico; la revoca può essere esercitata senza che sia presente una giusta causa.
Il caso
Alcuni amministratori nominati dall'allora Sindaco quali componenti per la durata di un triennio del C.d.A. di una società partecipata dal Comune che gestisce il servizio mense scolastiche erano poi stati revocati dalla carica con atto del luglio 2011, emanato dal nuovo Sindaco della città, eletto nel maggio del 2011, in forza dei poteri conferitigli dall'art. 50, D.Lgs. n. 267 del 2000; i citati amministratori convennero in giudizio dinanzi al tribunale cittadino l'ente territoriale e la società partecipata per sentire dichiarare la nullità e/o l'inefficacia e/o l'illegittimità dell'atto di revoca, adottato senza le garanzie del procedimento amministrativo, per sentir comunque accertare che la revoca era stata disposta senza giusta causa e per ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali ed all'immagine subiti per effetto del provvedimento.
Il Comune e la società partecipata si costituirono in giudizio con separate comparse, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nonché il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alle domande risarcitone, delle quali chiesero in ogni caso il rigetto.
Il tribunale, con sentenza del febbraio 2014 accolse la domanda degli amministratori.
La decisione è stata appellata dalla società partecipata e dal Comune.
La Corte d'appello con sentenza dell'aprile 2016, ha respinto tutti gli appelli, precisando, a parziale correzione della sentenza di primo grado, che il Comune era processualmente legittimato a resistere ad entrambe le domande risarcitorie, ma che la società, quale esclusiva titolare, dal lato passivo, del rapporto controverso, era il solo soggetto tenuto a rispondere del danno subito dagli amministratori revocati.
La sentenza è stata impugnata dalla società in Cassazione.
Le motivazioni del ricorso
La società partecipata dal Comune ha sostenuto nel ricorso, con riferimento alla parte che interessa maggiormente il presente commento, la censura della sentenza della Corte territoriale poiché la revoca degli incarichi agli amministratori è stata disposta iure imperii dal Sindaco nell'esercizio dei poteri speciali conferitigli dall'art. 50, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 267 del 2000, cd. TUEL, ed assume che l'atto, integrante ex se giusta causa (di revoca), non poteva che essere recepito in sede assembleare, non avendo essa alcun potere di respingerlo. Ad ulteriore sostegno dell'assunto la società ricorrente rileva che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 220 del 2014, ha ritenuto che il TUEL fornisca fondamento legislativo a tale potere, che gode di un particolare rilievo costituzionale, spettando al Sindaco il diritto-dovere di esercitarlo al fine di svolgere compiutamente le funzioni che gli sono attribuite dalla Costituzione; deduce pertanto che se il provvedimento di revoca dovesse ritenersi soggetto al disposto dell'art. 2383, comma 3, c.c., si porrebbe un limite non previsto al potere in questione, e si adotterebbe un'interpretazione delle norme non conforme al dettato costituzionale.
L'analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione osserva che il potere attribuito al Sindaco dall'art. 50, commi 8 e 9 del TUEL, di nomina, di designazione e di revoca dei rappresentanti del Comune presso le aziende (oltre che presso enti ed istituzioni) non è limitato alle sole ipotesi in cui queste siano soggette al controllo analogo dell'ente territoriale: come riconosciuto dalla stessa ricorrente, stabilire se ad essa possa, o meno, essere attribuita natura di società in house è dunque del tutto irrilevante ai fini del decidere.
La Cassazione ricorda che è principio giurisprudenziale costantemente enunciato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. n. 58 del 1979), che una società non muta la sua natura di soggetto privato solo perché un ente pubblico ne possiede, in tutto o in parte, il capitale; le numerose pronunce ribadiscono che tale principio trovano fondamento nell'incontestabile rilievo che il rapporto tra società ed ente pubblico è di assoluta autonomia, posto che l'ente può incidere sul funzionamento e sull'attività della società non già attraverso l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei componenti degli organi sociali di sua nomina.
Ne discende in via generale la soggezione alla giurisdizione dell'A.G.O. delle controversie societarie riguardanti le società in mano pubblica, fra le quali rientrano a pieno titolo quelle in materia di nomina e revoca degli amministratori.
Si è precisato al riguardo:
- che il rapporto fra società ed ente pubblico è di assoluta autonomia, non essendo consentito all'ente di incidere unilateralmente sul suo svolgimento e sull'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina pubblica presenti negli organi della società (Cass. S.U. n. 7799 del 2005);
- che l'ente pubblico, quando nomina e revoca gli amministratori della società, non esercita un potere a titolo proprio ma esercita l'ordinario potere dell'assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto;
- che l'amministratore di designazione pubblica non è soggetto agli ordini dell'ente nominante ed anzi, per testuale previsione del codice civile (art. 2449 c.c.), ha i medesimi diritti ed i medesimi obblighi dell'amministratore di nomina assembleare (Cass. n. 23381 del 2013);
- che, se è vero che la giurisdizione ordinaria somministra unicamente la tutela obbligatoria o generica (risarcimento del danno per revoca ingiustificata), mentre il giudice amministrativo potrebbe erogare anche la tutela reale (reintegrazione nella carica per illegittimità dell'atto), tale delimitazione consegue al principio di eguaglianza tra amministratore di nomina pubblica e amministratore di nomina assembleare, sicché entrambi, a norma dell'art. 2383 c.c., null'altro possono ottenere se non la monetizzazione della funzione (Cass. S.U. n. 1237 del 2015);
- che l'inquadramento privatistico delle società in mano pubblica, col relativo assoggettamento alla giurisdizione ordinaria, emerge dall'art. 6, L.n. 145 del 2002 (che ha tipizzato il sistema dello spoil system), dall'art. 1, D.Lgs. n. 6 del 2003 (che ammette il riconoscimento statutario del potere di nomina e revoca anche in capo a soggetti privati).
Per la Corte di Cassazione non v'è ragione per ritenere che il giudizio nel quale si dibatte della legittimità dell'atto emesso dal Sindaco ai sensi dell'art. 50, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 267 del 2000, di revoca degli amministratori di una società partecipata dal Comune, non debba essere devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario.
Il provvedimento, infatti, attiene pur sempre ad una situazione giuridica successiva alla costituzione della società, ed essendo idoneo ad incidere internamente sulla struttura societaria, va ritenuto espressione di una potestà di diritto privato ascrivibile all'ente pubblico, che il Sindaco esercita in conformità degli indirizzi, di natura politico-amministrativa stabiliti dal consiglio.
L'indubitabile connotazione societaria "interna" dell'atto, attraverso il quale il Sindaco si fa portatore della volontà del Comune di procedere alla sostituzione degli amministratori della partecipata, conduce dunque a interpretare i richiamati commi 8 e 9 dell'art. 50 del TUEL quali norme etero-integrative dell'art. 2449 c.c., che, nei limiti temporali previsti, consentono all'ente pubblico, in deroga alla previsione statutaria di durata minima dell'incarico, di revocare i componenti dell'organo di gestione in precedenza nominati.
La Cassazione osserva che il giudice d'appello ha ritenuto che l'atto di revoca esercitato dal Sindaco, pur nell'ambito della potestà riconosciutagli dai più volte richiamati commi 8 e 9 dell' art. 50 del TUEL, non può giungere a comprimere, per cause politiche ed estranee alla sfera soggettiva dei componenti dell'organo di gestione, l'aspettativa di costoro di portare a termine, nel tempo stabilito dalla legge, le funzioni loro conferite nell'interesse della società e di effettuare scelte organizzative nell'interesse dell'impresa, orientate pur sempre nel rispetto dei principi di concorrenzialità ed efficienza; con la conseguenza che l'atto, se, come nel caso di specie, non motivato da ragioni che esplicitino le eventuali carenze dimostrate dagli amministratori nell'espletamento dei loro compiti o la loro incapacità di mutare indirizzo secondo le nuove linee indicate dall'ente, non risulta sorretto da giusta causa.
La Cassazione ritiene, in contrario, che la previsione di cui all'art. 50 commi 8 e 9 del TUEL, integri ex se una giusta causa oggettiva di revoca degli amministratori.
Depone in tal senso, in primo luogo, la necessità di connotare di una propria, autonoma rilevanza le norme di cui si discute, che risulterebbero inutiliter datae qualora anche la potestà del Sindaco di revoca e di nomina degli amministratori, da esercitare entro il breve termine di 45 giorni dall'insediamento, dovesse essere sorretta da una motivazione atta a giustificarla: per un verso è infatti evidente che, in caso di inadempimento, o di inesatto adempimento, degli amministratori al mandato loro conferito, il provvedimento di revoca potrebbe parimenti essere adottato dall'ente comunale-socio, secondo le previste regole statutarie e assembleari, prima dell'ordinaria scadenza dell'incarico; per altro verso, non è seriamente ipotizzabile che, nel brevissimo arco temporale a disposizione del Sindaco, questi sia in grado non solo di verificare la professionalità tecnica degli amministratori in carica, ma persino di prevederne la futura incapacità gestionale.
Il c.d. sistema dello spoil system, di cui le norme in questione costituiscono estrinsecazione, ha, d'altro canto, ricevuto l'avallo della Corte Costituzionale, che (sia pur scrutinando questioni di legittimità costituzionale di articoli di leggi regionali che lo prevedono) l'ha ritenuto compatibile con l'art. 97 Cost. qualora riferito a soggetti che:
a) siano titolari di organi di vertice dell'amministrazione;
b) debbano essere nominati intuitu personae, cioè sulla base di valutazioni personali coerenti all'indirizzo politico (regionale).
Le conclusioni
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione dell'A.G.O., cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte dagli amministratori revocati nei confronti della società partecipata dal Comune.