01/07/2019 - Partecipate: la Corte dei Conti si pronuncia sulla qualificazione di società a controllo pubblico
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Partecipate: la Corte dei Conti si pronuncia sulla qualificazione di società a controllo pubblico
di Germano Marcelli - Funzionario della Corte dei conti
Le Sezioni riunite in sede di controllo con la deliberazione n. 11 del 2019 si occupano della definizione di controllo pubblico. In particolare nella deliberazione in oggetto viene premesso come la definizione di "controllo", rilevante "ai fini del … decreto [175 del 2016]" (secondo la tecnica propria di vari recenti testi normativi, che fanno precedere all'articolato dispositivo l'enunciazione esplicita delle definizioni funzionali), si rinviene nell'art. 2, comma 1, lettera b), del Testo unico delle società pubbliche (TUSP), ai sensi del quale, per "controllo", si intende "la situazione descritta nell'art. 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo". Il legislatore, alla successiva lettera m) del medesimo art. 2, definisce la "società a controllo pubblico" come quelle in cui "una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)".
La deliberazione delle sezioni riunite sottolinea come le definizioni di "controllo", contemplate dal D.Lgs. n. 175 del 2016, rilevano ai soli fini dell'esatta perimetrazione, oggettiva e soggettiva, delle disposizioni del medesimo testo unico e non anche per l'applicazione di altre norme, in particolare del codice civile (che, peraltro, vengono espressamente richiamate, dall'art. 1, comma 3, del TUSP, in base alla quale "per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato"). Il D.Lgs. n. 175 del 2016, nel palesare la concorrente applicazione delle proprie disposizioni e di quelle del codice civile (o, in generale, delle norme di diritto privato), dispone che le seconde siano recessive in caso di fattispecie regolata dalle prime. Ne deriva che il criterio di prevalenza non può non valere anche per l'individuazione dell'aggregato delle "società a controllo pubblico" (individuato dall'art. 2, comma 1, lett. m), in combinato disposto con la lett. b), del decreto).
Nella deliberazione viene evidenziato come le definizioni di "controllo" contenute nel TUSP, sono più ampie (o comunque non esattamente coincidenti) di quelle civilistiche. Tale affermazione trova riscontro, in primo luogo, nell'art. 2, comma 1, lettera b), secondo cui il "controllo" da parte di un ente socio, oltre che nelle situazioni descritte nell'art. 2359 c.c. (maggioranza del capitale sociale, disponibilità di voti sufficienti ad esercitare un'influenza dominante in assemblea ordinaria o di rapporti contrattuali aventi lo stesso effetto) "può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo".
Inoltre, la successiva lettera m) individua le "società a controllo pubblico" come quelle in cui i requisiti previsti dall'art. 2359 c.c. sono esercitati "… da una o più amministrazioni". Ne consegue, che, in applicazione di corretti principi ermeneutici, la disposizione recata dalla menzionata lettera m) non possa tradursi in un'enunciazione pleonastica, ma debba essere interpretata nel senso che abbia (anziché non) una portata autonoma e innovativa.
La deliberazione pone in risalto anche il fatto che la Sezione remittente ha rilevato come l'individuazione delle "società a controllo pubblico", prodromica all'applicazione delle norme del D.Lgs. n. 175 del 2016, sia stata scrutinata più volte, in particolare da alcune Sezioni regionali di controllo, dal Ministro dell'economia e delle finanze (e, si aggiunge, dall'Autorità nazionale anticorruzione), nonché dal giudice amministrativo.
Le interpretazioni fornite inoltre in conformità alla ratio normativa, evitano, altresì, che le società a capitale pubblico frazionato (ricorrenti nell'ambito dell'espletamento dei servizi pubblici locali) possano strumentalmente sottrarsi, per esempio, all'applicazione delle disposizioni in materia di amministratori e dipendenti (artt. 11, 19 e 25 TUSP), dettate nei confronti delle "società a controllo pubblico" (eccependo l'assenza di norme di legge, statutarie o di patti di sindacato fra i soci pubblici, tutti di minoranza, esplicitanti e delimitanti le modalità di esercizio del controllo o, quantomeno, fino a quando tale inadempimento si protrae). In relazione a cio' anche nella deliberazione n. 8/2018/PAR della Sezione di controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Bolzano, si è sostenuto che, in base al combinato disposto dell'art. 2, comma 1, lett. b) e m), del TUSP e dell'art. 2359 c.c., la "pubblica amministrazione socia" è stata individuata come un "soggetto unitario", indipendentemente dal fatto che il controllo venga svolto da una sola amministrazione pubblica socia o da più di esse cumulativamente. Ad analoghe conclusioni pervengono la Sezione Liguria con la deliberazione n. 3/2018/PAR e la sezione Piemonte con la deliberazione n. 42/2018/PAR.
Le sezioni riunite evidenziano inoltre anche la posizione della Struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche, costituita, in seno al Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'art. 15, D.Lgs. n. 175 del 2016 (competente, in base alla legge, "per l'indirizzo, il controllo e il monitoraggio sull'attuazione del presente decreto"). Secondo la nota di orientamento del 15 febbraio 2018, infatti, ai fini del TUSP, il controllo di cui all'art. 2359 c.c. può essere esercitato "da più amministrazioni congiuntamente, anche a prescindere dall'esistenza di un vincolo legale, contrattuale, statutario o parasociale". Anche a parere del predetto ministero sia l'interpretazione letterale che la ratio sottesa alla riforma, nonché un'interpretazione logico-sistematica delle disposizioni, inducono a ritenere che la pubblica amministrazione, quale soggetto che esercita il controllo, sia stata intesa dal legislatore del TUSP come soggetto unitario, a prescindere dal fatto che, nelle singole fattispecie, il controllo di cui all'art. 2359, comma 1, numeri 1), 2) e 3), faccia capo ad una singola amministrazione o a più di esse cumulativamente.
Si riportano inoltre nella deliberazione anche le analoghe argomentazioni, per inciso, si traggono dalla deliberazione ANAC n. 1134/2017, che, ha precisato che rientrano fra le "società a controllo pubblico" anche quelle a controllo congiunto, ossia in cui il ridetto presupposto, come declinato dall'art. 2359 del codice civile, è esercitato da una pluralità di amministrazioni.
Le esposte conclusioni risultano fatte proprie anche dalla deliberazione della Sezione delle autonomie n. 27/2017/FRG, dove incidentalmente ricorda che le "società a controllo pubblico" sono quelle in relazione alle quali "una o più" amministrazioni integrano i poteri di controllo. Inoltre in quella sede si è sottolineato come si tratti di definizione particolarmente rilevante, in quanto la maggior parte delle deroghe alla disciplina di diritto comune, presenti nel D.Lgs. n. 175 del 2016, riguardano tale aggregato di società.
Anche nelle Linee guida per il referto annuale sul funzionamento del sistema dei controlli interni degli enti locali per l'esercizio 2017, approvato dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 14/2018/INPR, risulta inserita una domanda dalla quale si trae l'orientamento di ritenere sufficiente, ai fini dell'inclusione nel perimetro delle "società a controllo pubblico", il possesso della maggioranza del capitale sociale da parte di una o più amministrazioni ("Nel perimetro delle società controllate sono state incluse anche le società a totale partecipazione pubblica per le quali il controllo viene esercitato in forma congiunta, anche mediante comportamenti concludenti, indipendentemente dall'esistenza di norme di legge, statutarie e/o accordi formalizzati"). Nella stessa direzione le linee guida per il referto sui controlli interni dei Presidenti delle Regioni.
Alla conclusione di ritenere soggetti agli obblighi posti del TUSP le "società in controllo pubblico" da parte di più amministrazioni socie giunge anche la Sezione regionale di controllo per la Lombardia (deliberazione n. 3/2019/VSG), che ha ritenuto condivisibile la scelta di un ente locale di inserire, nel piano di revisione ordinaria (art. 20 del TUSP), a differenza di quanto fatto in sede straordinaria (art. 24del TUSP), anche le partecipazioni indirette detenute tramite società controllate, congiuntamente, con altri enti locali (o altre PA).
La deliberazione delle sezioni riunite evidenzia inoltre che il Consiglio di Stato nella sentenza n. 578/2019 ha confermato la legittimità del mantenimento di partecipazioni, anche pulviscolari, volte alla produzione di servizi di interesse generale, valorizzando il coordinamento stabile con altri soci pubblici (attraverso patti parasociali o norme statutarie) finalizzato a poter incidere sulle scelte strategiche della società, in particolare sotto il profilo della funzionalizzazione al soddisfacimento di interessi generali. La sentenza n. 578/2019 non interviene, invece, sulla definizione di "società a controllo pubblico".
Viene altresì sottolineato come il legislatore del testo unico considera, ai soli fini dell'applicazione delle proprie disposizioni, "società a controllo pubblico" quelle in cui "una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b). Quest'ultima norma, a sua volta, definisce il "controllo" come "la situazione descritta nell'art. 2359 del codice civile", a cui aggiunge, in un periodo autonomo (ad evidenziarne la distinzione rispetto alla fattispecie precedente) che il controllo può sussistere "anche" quando (congiunzione che palesa la natura integrativa rispetto all'ipotesi precedente dell'art. 2359 c.c.) "in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo".
Viene rilevato come l'art. 2359 del codice civile prevede tre distinte, e alternative, ipotesi di controllo. La prima fa riferimento alla mera detenzione, da parte di una società, "della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria", la seconda richiede che la disponibilità "di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria" e la terza riconduce, infine, il controllo alla ricorrenza di una "influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali". La prima fattispecie viene integrata, oggettivamente, dalla disponibilità della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria (non richiedendo, invece, per esempio, la maggioranza, assoluta o eventualmente più elevata, richiesta dallo statuto, prevista per l'assemblea straordinaria, ex art. 2368 c.c.), la seconda e la terza devono essere provate, alla luce delle circostanze del caso concreto, da chi intende far valere l'esistenza di una situazione di controllo.
Nella deliberazione delle sezioni riunite viene rimarcato come il Testo unico delle società pubbliche richiama, all'art. 2, senza esaurirla, la definizione codicistica, come palesato sia dalla lettera b), che vi aggiunge una fattispecie autonoma, che dalla lettera m), che, per indentificare una "società a controllo pubblico", consente che "una o più" amministrazioni pubbliche, e non solo "una", dispongano dei voti o dei poteri di controllo previsti dalla precedente lettera b). Quest'ultima, a sua volta, richiama integralmente tutte le ipotesi, alternative, elencate nell'art. 2359 c.c. (oltre a introdurre una, già esposta, nuova ed autonoma). Pertanto, in virtù del combinato disposto delle lett. b) ed m) dell'art. 2 del TUSP, possono essere qualificate come "società a controllo pubblico" quelle in cui "una o più" amministrazioni dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in assembla ordinaria (oppure di voti o rapporti contrattuali sufficienti a configurare un'influenza dominante).
Tuttavia l'esposto criterio di individuazione, basato sull'applicazione letterale del combinato disposto delle lettere b) ed m) dell'art. 2 del TUSP, deve essere rivisto quando, in virtù della presenza di patti parasociali (art. 2341-bis c.c.), di specifiche clausole statutarie o contrattuali (anche aventi fonte, per esempio, nello specifico caso delle società miste, nel contratto di servizio stipulato a seguito di una c.d. "gara a doppio oggetto"), risulti provato che, pur a fronte della detenzione della maggioranza delle quote societarie da parte di uno o più enti pubblici, sussista un'influenza dominante del socio privato o di più soci privati (nel caso, anche unitamente ad alcune delle amministrazioni pubbliche socie).
Ferma restando, secondo i canoni sopra esposti, l'individuazione delle "società a controllo pubblico", che fa necessario riferimento al momento temporale in cui occorre rispettare un predeterminato obbligo posto dal Testo unico (per es., adeguamento del numero degli amministratori, ex artt. 11, commi 2 e 3, da effettuare entro il 31 luglio 2017; limiti ai compensi degli amministratori, ex art. 11, comma 7, vigenti sin dall'entrata in vigore; adozione di programmi di prevenzione del rischio di crisi aziendale, ex art. 6, comma 2, cui sono connesse le responsabilità previste dall'art. 14, comma 2, da approvare entro il primo bilancio successivo all'entrata in vigore; procedure concorsuali per l'assunzione di personale, ex art. 19, comma 2, etc.) occorre ribadire che, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche (in disparte la richiamata concorrente disciplina prevista per le società miste, affidatarie di contratti a seguito di gara c.d. a doppio oggetto, cfr. art. 17), gli enti pubblici hanno l'obbligo di attuare, e formalizzare, misure e strumenti coordinati di controllo (mediante stipula di apposti patti parasociali e/o modificando clausole statutarie) atti ad esercitare un'influenza dominante sulla società. Allo stesso modo, la necessità di adeguate modalità di controllo congiunto formalizzato è strumentale all'effettiva vigilanza sull'attività espletata dalla società.
Infine, la sezioni riunite sottolineano come la formalizzazione, da parte degli enti soci, di strumenti di controllo sulle società, anche pluripartecipate, è funzionale, nel caso degli enti locali (che costituiscono la platea numericamente più rilevante, all'interno delle pubbliche amministrazioni, di detentori di partecipazioni societarie), alla strutturazione, ai sensi degli artt. 147 e 147-quater, D.Lgs. n. 267 del 2000, delle procedure di controllo interno sulle società (non quotate), prescrizione rafforzata, in caso di verifica di assenza o inadeguatezza, da parte delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, da un'ipotesi di responsabilità amministrativa di tipo sanzionatorio (art. 148, commi 1 e 4, D.Lgs. n. 267 del 2000).
Conclusivamente le Sezioni riunite in sede di controllo, ritengono che sia sufficiente, ai fini dell'integrazione della fattispecie delle "società a controllo pubblico", rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall'art. 2359 del codice civile.