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11/06/2019 - "Modello Riace" tra legalità e solidarietà: le ragioni di una sperimentazione (e di una sentenza)

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

"Modello Riace" tra legalità e solidarietà: le ragioni di una sperimentazione (e di una sentenza)

di Amedeo Di Filippo - Dirigente comunale
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Il Sistema è stato istituzionalizzato nel 2002 con l'inserimento, all'interno del D.L. n. 416 del 1989, dell'art. 1-sexies, secondo cui gli enti locali che prestano servizi di accoglienza per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati possono accogliere anche i titolari dei permessi di soggiorno qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati.
L'art. 1-septies ha istituito presso il Ministero dell'Interno il "Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo", la cui dotazione è costituita da risorse statali, comprese quelle annuali del Fondo europeo per i rifugiati, e da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.
Il Servizio Centrale è stato istituito dal Ministero dell'Interno e affidato in convenzione ad ANCI che, per l'attuazione delle attività, si avvale del supporto operativo della Fondazione Cittalia. A livello territoriale gli enti locali garantiscono l'accoglienza integrata tramite la sola distribuzione di vitto e alloggio l'adozione di misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, costruzione di percorsi di inserimento socio-economico.
Le modalità e le procedure per il funzionamento dello Sprar sono contenute nel D.M. 10 agosto 2016, che regola la procedura per la presentazione delle domande e approva le Linee guida per il funzionamento del sistema.
Le ragioni del Comune
Il Comune di Riace ha proposto ricorso contro il Ministero dell'Interno, con l'intervento ad adiuvandum della Associazione "ITALIASTATODIDIRITTO", per l'annullamento del provvedimento con cui ha revocato i benefici accordati al Comune col D.M. n. 11616 del 2016, che ha ammesso il progetto alla prosecuzione del finanziamento per il triennio 2017-2019. Si è trattato di un finanziamento annuale di euro 2.021.404,00 per un progetto triennale che prevedeva l'accoglienza di 165 immigrati.
Il Comune ha messo in evidenza nel ricorso che dal 2016 si sono rilevate una serie di inosservanze afferenti alla parziale corrispondenza delle strutture utilizzate per l'accoglienza con quanto indicato in banca dati, all'individuazione di strutture inadeguate, alla mancata registrazione dei contratti di locazione, alla presenza tra i beneficiari di soggetti presenti in accoglienza da tempo ampiamente superiore a quello indicato nelle Linee guida, alla pratica di erogare ai beneficiari una sorta di bonus cartaceo piuttosto che il previsto contributo in denaro, al mancato svolgimento di procedure di evidenza pubblica per individuare gli enti attuatori del progetto finanziato, alla dubbia professionalità del personale di questi enti, alla mancata attivazione di tutti i servizi previsti per i beneficiari, al mancato puntuale monitoraggio delle attività di accoglienza attivate dai ridetti enti attuatori di cui il Comune si avvale.
A seguito di ispezioni vennero mosse ulteriori contestazioni che hanno riguardato la proroga degli affidamenti a firma del solo Sindaco senza mandato della Giunta, il reperimento diretto degli appartamenti senza ricerche di mercato o avvisi pubblici, l'utilizzo di immobili per l'accoglienza appartenenti a parenti di impiegati comunali, l'esosità dei canoni di locazione, i rapporti di parentela tra il personale degli enti gestori e i componenti dell'amministrazione comunale, gli omessi controlli da parte del Comune.
Rilievi a cui il Comune ritiene di aver dato puntuale riscontro, contestando la fondatezza di tutte le criticità rilevate. Ma ulteriori criticità sono state evidenziate nel 2017 e nel 2018, con conseguente decurtazione del punteggio attribuito al progetto finanziato per mancato aggiornamento della banca dati, mancata corrispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati, erogazione dei servizi finanziati dal Fondo a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all'accoglienza, mancata presentazione della rendicontazione, variazione dell'ente attuatore senza la preventiva autorizzazione.
Carenze puntualmente contestate dal Comune, il quale ha addossato al Ministero errori di valutazione, il ritardo con cui ricevuto il contributo, che ha determinato la mancata presentazione della rendicontazione, le contraddizioni tra gli atti emessi e la risonanza mondiale del "modello Riace".
Le argomentazioni del Tar
Il Tar Calabria ha avallato le ragioni del Comune di Riace e ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento del Ministero dell'Interno. Dei motivi proposti ne vengono accolti due. Il primo afferisce alla violazione dell'art. 27D.M. del 10 agosto 2016, secondo cui ad ogni inosservanza accertata viene inviato all'ente locale un avviso da parte della Direzione centrale, con l'invito a ottemperare alle inosservanze rilevate entro il termine assegnato, pena la decurtazione del punteggio.
Il fatto è, rilevano i giudici calabresi, che non si rinviene tra la documentazione prodotta dal Viminale un atto che presenti le caratteristiche sopra prescritte. Non può certo supplire la nota con la quale il Comune viene sollecitato a comunicare le iniziative che vorrà adottare "al fine di ricomporre con immediatezza tutti gli aspetti di criticità emersi durante le visite ispettive", che peraltro violerebbe le regole che presidiano la trasparenza e la partecipazione al procedimento amministrativo degli interessati.
Col secondo motivo di ricorso la difesa dell'ente locale si duole del fatto che il Ministero da un lato abbia autorizzato il finanziamento del progetto per il triennio 2017-2019 senza avere comminato penalità, dall'altro, quasi contestualmente, ha assunto un atto che fonda le penalità e, dunque, la revoca su criticità afferenti al precedente triennio.
Ragione che il Tar Calabria riconosce in quanto valuta la contraddittorietà tra la prosecuzione autorizzata a dicembre e la successiva nota di gennaio qualificata come momento di avvio del procedimento culminato con la decurtazione dei punteggi. E questo quando la documentazione mostra, inconfutabilmente, come le difficoltà del "sistema Riace" fossero note e risalenti, almeno, al precedente triennio, il cui epilogo non è stata la revoca del finanziamento bensì la proroga talché, si legge nella sentenza, "non può che essersi ingenerato il ragionevole convincimento dell'avvenuto superamento delle criticità riscontrate".
A detta dei giudici calabresi, il progetto doveva essere eventualmente chiuso alla scadenza naturale: "Averne autorizzato la prosecuzione, lasciando la gestione di ingenti risorse pubbliche in mano ad un'amministrazione comunale, per quanto ricca di buoni propositi e di idee innovative, ritenuta priva delle risorse tecniche per gestirle in modo puntuale ed efficiente, appare fonte di danno erariale che dovrà essere segnalato alla Procura presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Regione Calabria ed alla Procura presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Regione Lazio, per i rispettivi profili di competenza".
I motivi non accolti
Il Tar Calabria ha respinto gli altri tre motivi di ricorso proposti dalla difesa del Comune di Riace. Il terzo era volto a censurare il fatto che le criticità emerse dalle ispezioni e dai monitoraggi e che hanno portato alla revoca dei benefici sarebbero stati determinati dalla intempestiva erogazione delle risorse. Rilevano i giudici che la tipologia del contributo presuppone che l'erogazione finanziaria intervenga a valle della spesa e sempre a seguito degli atti di rendicontazione, "nella redazione dei quali l'amministrazione ricorrente non ha brillato né per tempestività (…) né per completezza". In altri termini, i ritardi nell'erogazione dei finanziamenti sono stati "una conseguenza ovvia delle inesattezze e delle omissioni, imputabili esclusivamente al Comune di Riace, nell'attività di doverosa rendicontazione della spesa".
Col quarto motivo il Comune ha censurato le decurtazioni del punteggio attribuito al progetto. Quanto al mancato aggiornamento della banca dati, la tesi del Comune ricorrente, per cui già a fine 2017 la banca dati sarebbe stata integralmente aggiornata, non è supportata da idonei riscontri probatori. Quanto alla mancata rispondenza tra i servizi descritti nella domanda e quelli effettivamente erogati, colgono nel segno le considerazioni del Ministero che evidenzia come i rilievi formulati attengano all'igiene, alla gestione e alla conduzione degli immobili e rilevano un presidio fortemente limitato, se non assente, degli operatori del progetto e dell'ente titolare del finanziamento e titolare dei poteri di controllo.
Risultano pure infondate, perché prive di oggettivi riscontri, le giustificazioni del Comune relative alla mancata organizzazione del servizio di orientamento legale; alla mancata o limitata effettuazione dei corsi di italiano; alle attività di formazione e qualificazione professionale; alla mediazione linguistica e culturale; alla professionalità degli operatori. Idem per la questione dei c.d. "lungo permanenti", per i quali il Tar considera non irrazionale la fissazione di un termine entro il quale devono uscire dal sistema d accoglienza, anche al fine di apprestare aiuti al maggior numero possibile di persone, stante l'ovvia impossibilità, per ragioni economiche, di apprestare a tutti assistenza per un tempo indefinito.
Alcune valutazioni
In un passaggio della sentenza si legge che il Viminale, nel chiedere il rigetto del ricorso, ha sostenuto che le visite ispettive e i reiterati suggerimenti e inviti al Comune per porre rimedio alle falle organizzative e gestionali riscontrate e lo stesso affiancamento con personale prefettizio e ministeriale porrebbero l'amministrazione dell'Interno al riparo da qualsiasi dubbio di pregiudizio contro il "modello Riace", nei confronti del quale sarebbe invece evidente la massima benevolenza, atteso che le deduzioni del Comune non hanno mai posto rimedio alle criticità più volte rilevate.
Dalla lettura della sentenza, nonostante la buona sorte toccata al Comune di Riace, che ha vinto la partita (ma non il campionato, è da immaginare) col Ministero dell'Interno, risultano con sufficiente evidenza i difetti e i limiti di quel modello, peraltro sorto con la sola spinta passionale di un Sindaco le cui ottime intenzioni non possono non essere giudicate con clemenza.
Una sorta di modello "fai-da-te", con cui il Comune di Riace ha tentato di fornire una risposta all'emergenza migranti con strumenti in parte divergenti rispetto a quelli previsti dall'ordinamento, col solo scopo di "sistemare" il maggior numero di extra comunitari costretti alla traversata della speranza.
Un nobile intento che però, come risulta dalla sentenza del Tar Calabria, da un lato ha scontato problemi organizzativi e gestionali di non poco conto, dall'altro ha visto utilizzare in maniera non proprio consona regole e strumenti approntati dall'ordinamento italiano ed europeo sui quali si fonda la legittimità dell'azione amministrativa di tutte le PA. Il riferimento è al mancato svolgimento di procedure di evidenza pubblica, alla dubbia professionalità del personale impiegato, alla mancata attivazione di tutti i servizi previsti, al mancato monitoraggio delle attività di accoglienza, alla mancata registrazione di tutti i contratti di locazione, alla pratica di erogare bonus cartacei piuttosto che il previsto contributo in denaro. Una serie corposa di violazioni che non possono essere condonate a botte di clemenza.
Ma ce n'è anche per il Ministero dell'Interno, che in questa vicenda ha mostrato leggerezze non degne di cotanta tradizione. Innanzi tutto in termini procedimentali, perché la difesa del Comune ha avuto buon gioco nel demolire la nota con cui ha sollecitato a comunicare le iniziative, che non presenta i caratteri formali della intimazione.
E poi la contraddizione mostrata nell'autorizzare il finanziamento del progetto del Comune per il nuovo triennio senza penalità e contestualmente assumere un atto che fonda le penalità su criticità afferenti al precedente triennio. Evenienza che secondo i giudici calabresi doveva condurre alla chiusura del progetto e la cui autorizzazione alla prosecuzione è fonte di danno erariale, che per questo rischia di investire non solo gli amministratori di Riace ma anche il Ministero stesso.
Per concludere, all'osservatore distaccato sembra evidente che tutta la vicenda Riace sia stata ammantata negli ultimi tempi da una nube di carattere marcatamente politico. Per essere chiari, la risonanza mondiale del modello ne ha in un primo momento eclissato le carenze, determinandone la continuità, anche col supporto, a volte velato e a volte esplicito, delle autorità governative nazionali ed europee.
Il vento però è cambiato col cambiare della compagine governativa, la cui missione non è certo quella di "sistemare" migranti. Era quindi inevitabile che il (anche) Comune di Riace dovesse pagare dazio, certamente per le carenze messe in bella mostra dal Tar Calabria, ma anche per un motivo di ordine squisitamente politico: Riace ha dimostrato nei fatti che un altro modello è possibile, che si può promuovere integrazione lavorando sui territori.
Resta, però, un corposo problema di legalità, rilevante soprattutto in una Regione come la Calabria, in quanto finché ci sono delle norme queste vanno rispettate, soprattutto da parte di chi ambisce a governare una amministrazione pubblica. Le si può cambiare, evidentemente, non eludere ed è questo il campo proprio della Politica che, magari sollecitata da esperienze e suggerimenti, può porsi l'obiettivo di ripensare tutto il sistema di accoglienza e dotarlo di quella giusta flessibilità che consenta di coniugare il doveroso rispetto della legalità con l'altrettanto imperativo dovere di umana solidarietà.
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