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07/06/2019 - I limiti percentuali e i criteri per gestire al meglio le progressioni verticali

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

I limiti percentuali e i criteri per gestire al meglio le progressioni verticali

di Amedeo Di Filippo - Dirigente comunale
La questione sottoposta al vaglio della Corte dei conti Campania riguarda la corretta applicazione dell'art. 22, comma 15, D.Lgs. n. 75 del 2017, che per il triennio 2018-2020 consente alle pubbliche amministrazioni di attivare "procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno".
Si tratta, dunque, delle progressioni verticali, il cui numero non può superare il 20% dei posti previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. L'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno.
Le procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l'attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l'eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell'attribuzione dei posti riservati per l'accesso all'area superiore.
Nel caso sottoposto al parere della sezione Campania, un Comune ha chiesto di conoscere le modalità con cui calcolare il 20% delle assunzioni previste nel piano del fabbisogno: se rispetto alla singola figura ovvero in relazione all'intera area ovvero ancora tenendo conto della previsione assunzionale dei diversi profili. Insinua il dubbio che se il calcolo fosse effettuato secondo il primo criterio, l'art. 22avrebbe una applicabilità limitata soltanto ad enti di grandi dimensioni.
Progressioni per categoria
I giudici contabili rilevano in primo luogo la specialità e specificità della nuova tipologia di progressione verticale, utilizzabile per un periodo ben definito e con modalità deroganti rispetto alle previsioni dell'art. 52, comma 1-bis, D.Lgs. n. 165 del 2001, secondo cui tali progressioni possono essere attivate tramite concorso pubblico con riserva non superiore al 50% dei posti.
Le "nuove" progressioni sono però legate a quattro condizioni: sono una facoltà e non un obbligo per le amministrazioni; l'applicabilità è limitata al solo triennio 2018-2020; in quanto strumento derogatorio ed eccezionale di passaggio tra aree o categorie rispetto al pubblico concorso devono essere motivate in ordine alla necessità o all'opportunità di dare valore, sviluppare e perfezionare professionalità interne; una volta esercitata questa facoltà si esauriscono gli spazi assunzionali per quell'anno.
Bene. Ma come calcolare il 20%? E' chiaro che questa decisione deve maturare all'interno del piano triennale del fabbisogno di personale, che deve profilare una congruenza logica con la dotazione organica, che rappresenta un valore finanziario di spesa potenziale massima sostenibile.
In questa chiave, afferma la sezione che la percentuale del 20% prevista dall'art. 22, comma 15, riguarda il numero di posti previsti per i concorsi di "pari" categoria e non il numero di posti previsti per i concorsi di "qualsiasi" categoria. Diversamente ragionando, attestano i giudici contabili campani, si finirebbe per attuare le progressioni a vantaggio alcune aree o categorie rispetto ad altre, pregiudicando la funzione principe del Piano del fabbisogno che è quella di garantire l'utilizzo delle risorse umane secondo criteri di ottimizzazione dell'impiego delle risorse pubbliche disponibili e di perseguimento di obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini.
I criteri
In stretta connessione con quanto affermato dalla sezione campana della Corte dei conti, merita di essere portata all'attenzione la sentenza n. 5334 del 26 aprile 2019 con cui il Tar Lazio ha riscontrato vizi di legittimità delle progressioni di carriera attivate dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) senza predeterminare «a monte» i relativi criteri.
Nei fatti, la Consob ha individuato alcuni "elementi valutativi" per le promozioni, correlati alla qualità del servizio prestato, alla preparazione professionale, alle pubblicazioni scientifiche, alla capacità attitudinale, all'anzianità nella qualifica. Diverso è il "peso ponderale" attribuito a ciascun criterio, cioè il punteggio massimo assegnabile all'elemento oggetto di valutazione, espresso in diverso modo a seconda delle "scale di valutazione" utilizzate e dell'attività professionale considerata.
In questo meccanismo, afferma il Tar Lazio è dirimente stabilire preventivamente l'importanza reciproca dei diversi elementi di valutazione e la gamma dei valori attribuibili a ciascuno di essi, la modalità di espressione della valutazione di ogni singolo elemento oggetto di valutazione, dato che tale operazione preliminare costituisce una condizione necessaria per assicurare la validità, l'attendibilità e la confrontabilità dei giudizi espressi e serve ad assicurare la trasparenza e l'imparzialità delle valutazioni nonché il buon andamento dell'attività valutativa.
Questo principio non può essere intaccato dalla ampia discrezionalità che regge la nomina delle figure apicali in Consob, sostengono i giudici, dato che le garanzie organizzative e procedimentali costituiscono proprio il "contrappeso" del riconoscimento all'autorità valutatrice di tale discrezionalità. L'esigenza di tali garanzie organizzative e procedimentali, affermano, non è ribassata nelle organizzazioni di dimensioni limitate, anzi risulta addirittura maggiore proprio nei casi in cui i valutatori conoscono personalmente gli scrutinandi in quanto serve a scongiurare il rischio di disparità di trattamento valutativo (fenomeni di favoritismo o di discriminazione) o anche più semplicemente per evitare involontari errori di valutazione (in particolare il c.d. "effetto alone", causato dall'influenza della conoscenza di alcun tratti positivi o negativi dello scrutinando sulla valutazione anche dei restanti elementi di valutazione).
Nel procedere, la Consob non ha predeterminato il peso ponderale dei diversi elementi oggetto di valutazione e delle scale di valutazione indicative dei livelli di possesso delle qualità esaminate; né ha svolto un'attività di applicazione chiara e trasparente dei criteri di valutazione, atta a dimostrare la correttezza delle singole operazioni sotto il profilo dell'uniformità del parametro e del metro valutativo applicato ai singoli soggetti esaminati e a consentire di ricostruire i meriti di ciascuno rispetto ai fattori di valutazione.
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