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04/01/2019 - La predeterminazione dei criteri di valutazione è obbligatoria anche per le selezioni interne finalizzate alla progressione di categoria

tratto da jonius.it

La predeterminazione dei criteri di valutazione è obbligatoria anche per le selezioni interne finalizzate alla progressione di categoria

 

qui l'articolo completo

La predeterminazione dei criteri di valutazione è regola generale per tutti i concorsi pubblici (anche per le selezioni interne finalizzate alla progressione di categoria), rilevando in egual modo l’esigenza di garantire l’effettiva attuazione della trasparenza della procedura selettiva in quanto si configura, in tutti i casi, quale condizione necessaria e imprescindibile ai fini della sufficiente motivazione del giudizio espresso con voto numerico (Cons. di Stato, V, 28 giugno 2004, n. 4782): ciò in base ai principi enunciati dall’art. 12, comma 1, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (rubricato “trasparenza amministrativa nei procedimenti concorsuali”), che testualmente dispone: “Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove.”

Il richiamato disposto normativo trova, inoltre, applicazione anche per gli enti locali, ciò in ragione della sua natura di norma imperativa, espressione dei principi di buon andamento, trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione. Per questa sua particolare natura, essa non può essere derogata nei regolamenti comunali.

Questi i principi affermati dalla V sezione sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in commento con riferimento alla contestata legittimità di una selezione interna indetta da un Comune per la copertura di n. 3 posti di “Ufficiale Tenente” di Polizia Municipale, mediante progressione verticale - categoria D- posizione economica D1.

Il principale motivo della contestazione risiede, per l'appunto, nella circostanza dell'omessa predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove orali e scritte da parte della Commissione d'esame, dacché sarebbe derivato il conseguente vizio motivazionale dei giudizi espressi.

Il Comune ha opposto ai suddetti rilievi una serie di argomentazioni difensive riguardanti, rispettivamente: - l'inapplicabilità del precetto normativo di cui al ridetto art. 12 comma 1, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 agli enti locali e alle selezioni interne per l'accesso al beneficio della progressione verticale ; - irricevibilità del ricorso per la tardiva impugnazione del bando nel termine perentorio di legge, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione degli atti concorsuali, aventi natura meramente esecutiva delle previsioni contenute nella “lex specialis” del concorso ; - mancata prova, da parte dei ricorrenti, di un concreto ed effettivo pregiudizio rispetto alle prove sostenute a causa della violazione contestata.

La prima delle tre deduzioni difensive non ha trova accoglimento per le motivazioni sopra riportate.

A parere del Collegio non merita neppure favorevole considerazione l’assunto dell’irricevibilità del ricorso per la tardiva impugnazione del bando: ciò in quanto, per un verso, la predeterminazione di criteri e modalità di valutazione delle prove, costituendo profilo attinente al corretto svolgimento delle operazioni concorsuali, avviene normalmente ad opera della Commissione, non sussistendo perciò alcun onere di immediata impugnativa del bando che quella predeterminazione non conteneva (ben potendo le partecipanti confidare nel fatto che ciò sarebbe avvenuto in itinere); per altro verso, l’onere di immediata impugnativa delle clausole del bando, sussiste soltanto per le clausole determinanti un’immediata preclusione alla partecipazione e, perciò, lesive dell’interesse sostanziale del soggetto che domanda di partecipare alla procedura, mentre negli altri casi l’impugnazione delle norme del bando può e deve essere proposta unitamente agli atti che di esse fanno applicazione, conclusivi del procedimento concorsuale ed idonei a rendere concreta e attuale la lesione della situazione soggettiva che legittima la proposizione del ricorso.

Pertanto, la partecipazione delle originarie ricorrenti al concorso, pur nell’assenza di previsioni sui parametri di massima per la valutazione ad opera del bando (e, successivamente, da parte della Commissione) ed in mancanza di una sua tempestiva impugnazione, non comporta acquiescenza e non preclude l’impugnazione degli atti concorsuali per violazione di legge e dei principi di trasparenza e imparzialità che devono informare lo svolgimento delle procedure selettive. Analogamente, non coglie nel segno la tesi del Comune secondo cui sarebbe stato onere delle originarie ricorrenti contestare di aver subito, a ragione di tale omissione, un concreto ed effettivo pregiudizio rispetto alle prove sostenute, sia pure sul piano comparativo, formulando specifiche censure riguardo alle valutazioni operate dalla Commissione nei loro confronti: ciò che infatti viene qui constatato non è l’esistenza di contraddizioni nei giudizi espressi né l’attribuzione dei punteggi conseguiti, né l’esistenza di presunte disparità di trattamento o la violazione del principio di imparzialità (con riguardo alla predeterminazione delle domande poste ai candidati e al loro sorteggio nonché alla motivazione dei giudizi concernenti lo svolgimento delle prove), bensì un’irregolarità sostanziale attinente all’assenza dei criteri e dei metodi di valutazione idonea ad inficiare l’intera procedura (le ricorrenti facendo così valere non già un interesse meramente strumentale al ripristino della legalità violata, bensì l’interesse sostanziale alla riedizione della selezione e al riacquisto delle “chances” di vittoria), in quanto una tale violazione non consente alcun controllo in concreto circa il corretto esercizio della discrezionalità tecnica spesa dalla Commissione, escludendo di fatto ogni possibilità di verifica circa il percorso logico-argomentativo seguito da quest’ultima nella valutazione degli elaborati scritti e dell’esposizione orale dei candidati e in ordine all’effettiva rispondenza dei giudizi espressi alle prove effettivamente da questi sostenute, nonché dei singoli punteggi attribuiti ad una griglia di valori preventivamente stabilita, al fine di assicurare il regolare esito della selezione e garantire il fine proprio della procedura concorsuale.

Di conseguenza, il vizio dedotto, ed effettivamente riscontrato, ha comportato una radicale e insanabile illegittimità dell’intera operazione valutativa del concorso in argomento, traducendosi in una grave violazione delle regole di trasparenza ed imparzialità che devono presiedere ogni procedura concorsuale, attesa la valenza imperativa dell’art. 12 del d.P.R. n. 487 del 1984 risultando, in assenza della previa fissazione dei criteri di massima, ogni valutazione delle prove d’esame arbitraria ed irrimediabilmente illegittima, pur in presenza di un eventuale giudizio, sintetico o analitico, di supporto al punteggio numerico attribuito.

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