26/02/2019 - Imposta di soggiorno: l'albergatore che non la versa al Comune risponde di peculato
Imposta di soggiorno: l'albergatore che non la versa al Comune risponde di peculato
di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 6130, del 7 febbraio 2019, ha rigettato il ricorso di un albergatore avverso la sentenza di condanna della Corte di appello; per i giudici di legittimità è confermata la condanna per il delitto di peculato nei confronti di un albergatore che ometteva di riversare al Comune l'imposta di soggiorno riscossa ai clienti.
Il contenzioso
La Corte di appello confermava la sentenza del Tribunale, che aveva condannato un imprenditore alberghiero per il reato di cui agli artt. 110 e 314 c.p. (peculato).
In particolare, all'imputato era stato contestato di essersi appropriato, quale amministratore delegato della società proprietaria di un hotel e in concorso con il direttore del medesimo albergo, della somma pari quasi 48mila euro, incassata a titolo di imposta di soggiorno, versata dai clienti della struttura alberghiera dal 1 settembre 2012, al 28 febbraio 2013.
L'art. 4, D.Lgs. n. 23 del 2011, che ha introdotto l'imposta di soggiorno, attribuisce la possibilità di istituire il tributo ai seguenti soggetti: Comuni capoluogo di provincia; unioni di Comuni; Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte.
L'istituzione dell'imposta di soggiorno deve avvenire con deliberazione del Consiglio comunale e con lo stesso atto deve essere adottato anche il relativo regolamento. Nel caso di adozione a livello di Unione, pur non essendo espressamente prevista la traslazione dei poteri regolamentari ai relativi organi, va rilevato che la previsione normativa classifica esplicitamente l'Unione come soggetto attivo, trovando un logico presupposto nell'opportunità di determinare il prelievo in un contesto di area più vasta, nonché nell'economia di scala ottenibile sotto il profilo della gestione, che l'Unione è in grado di garantire rispetto all'agire del singolo Comune, specie se di piccole dimensioni.
Con l'imposta di soggiorno istituita con la versione definitiva del federalismo municipale il legislatore stabilisce che il tributo dovrà essere applicato secondo i criteri di gradualità in proporzione al prezzo corrisposto alle strutture ricettive. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia : di turismo; di manutenzione; fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali; servizi pubblici locali.
L'imposta di soggiorno può sostituire in tutto o in parte gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell'ambito del territorio comunale. La disposizione prevede, inoltre, che rimane ferma la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell'art. 7, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, recante il nuovo codice della strada.
Il tributo relativo all'imposta di soggiorno dovrà essere applicato secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo corrisposto alle strutture ricettive; la misura dell'imposta può essere determinata fino ad un massimo di 5 euro per notte di soggiorno.
La disciplina del tributo è affidata ad un regolamento governativo, da adottarsi entro sessanta giorni; nell'ipotesi che questo non avvenga i Comuni possono comunque adottare i regolamenti istitutivi del tributo. I Comuni potranno, infatti, con un proprio regolamento, che deve essere adottato ai sensi dell'art. 52, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive, avere la facoltà di disporre modalità applicative del tributo ulteriori rispetto a quelle definite dal citato regolamento, nonché prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. E' di rilevante importanza sottolineare che la norma in esame riconosce la piena applicabilità dell'art. 52, D.Lgs. n. 446 del 1997, che di conseguenza, rappresenta anche nel federalismo municipale, come definitivamente previsto all'art. 14, comma 6, dello stesso provvedimento che lo istituisce, la generale norma di riferimento della potestà regolamentare delle Province e dei Comuni. E' appena il caso di sottolineare che tale disposizione stabilisce che gli enti "possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e delle aliquote massime dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti".
E' opportuno precisare, a tal proposito, che la facoltà di introdurre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché quella di prevedere riduzioni di particolare fattispecie o per determinati periodi di tempo, già rientravano nella previsione generale del citato art. 52 che consente agli enti locali di apportare modifiche regolamentari; l'unico ampliamento concesso è riconosciuto al comma 3, dell'art. 4, che istituisce l'imposta di soggiorno, laddove viene precisato che è consentita la possibilità di attribuire agli stessi enti locali il potere di riconoscere esenzioni. Detta facoltà, infatti, influenzando la fattispecie imponibile e la soggettività passiva, è sottratta all'autonomia regolamentare degli enti locali e, in osservanza della riserva relative di legge, di cui all'art. 23 della Costituzione, può essere esercitata solo dove espressamente prevista da una legge.
Il nuovo ruolo dei gestori delle strutture ricettive
Il comma 5-ter, dell'art. 4, della Manovra Correttiva 2017, veicolata nel D.L. n. 50 del 2017, introduce una novità essenziale nella disciplina dell'imposta di soggiorno, individuando nel "soggetto che incassa il canone o il corrispettivo, ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi" il responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno o del contributo di soggiorno di Roma capitale.
L'analisi della Cassazione
Per la Corte di Cassazione il ricorso è infondato in ogni sua articolazione e va, pertanto, rigettato.
La questione della configurabilità del reato di peculato nel caso di appropriazione da parte del gestore di una struttura alberghiera o ricettiva residenziale delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno per conto dell'ente comunale è stata già affrontata da recenti orientamenti della Suprema Corte, dai quali non vi è motivo per discostarsi (cfr. Cass. pen. n. 53467 del 25 ottobre 2017; Cass. pen. n. 32058 del 17 maggio 2018).
La Cassazione nel ricostruire la normativa di riferimento evidenzia che, con riferimento ai profili soggettivi, è stato evidenziato dalla Suprema Corte di Cassazione che l'unico obbligo previsto dall'art. 4, D.Lgs. n. 23 del 2011, in capo al soggetto passivo dell'imposta di soggiorno, ossia dell'ospite della struttura ricettiva, è quello del pagamento dell'imposta, non essendo infatti previsto a suo carico alcun obbligo dichiarativo proprio in virtù dell'intervento del gestore della struttura ricettiva.
L'incaricato o responsabile della riscossione del tributo svolge un'attività ausiliaria nei confronti dell'ente impositore ed oggettivamente strumentale rispetto all'esecuzione dell'obbligazione tributaria, la quale, per l'appunto, comporta l'incasso delle somme spontaneamente versate dal soggetto passivo e il conseguente obbligo di riversarle all'ente impositore di competenza.
La qualifica assunta dai gestori delle strutture ricettive esula dall'ambito della responsabilità d'imposta, sicché il gestore è un terzo rispetto all'obbligazione tributaria ed il suo coinvolgimento avviene ad altro titolo, ossia quale destinatario di obblighi formali e strumentali all'esazione del tributo comunale.
Ne discende che il rapporto tributario intercorre esclusivamente tra il Comune (come soggetto attivo) e colui che alloggia nella struttura ricettiva (soggetto passivo), mentre il Comune si rapporta con il gestore non come soggetto attivo del rapporto tributario, bensì quale destinatario giuridico delle somme incassate dal gestore a titolo di imposta di soggiorno, nell'ambito di un rapporto completamente avulso dal rapporto tributario, sebbene ad esso funzionalmente orientato e correlato.
Il quadro normativo di riferimento si completa con il necessario richiamo alla norma generale sancita dagli artt. 74, comma 1, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e 178 del R.D. n. 827 del 1924, i cui principii sono peraltro ribaditi nel TUEL n. 267 del 2000, che, in particolare, all'art. 93, comma 2, recita: "il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti".
Si tratta di un principio generale dell'ordinamento, senza alcuna eccezione di carattere settoriale, che trova conferma anche nel D.Lgs. n. 118 del 23 giugno 2011, entrato in vigore dal 10 agosto 2011, che nel dettare "Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni degli Enti locali e dei loro organismi", nell'allegato n. 4/2, al punto 4.2, introdotto con il D.Lgs. n. 126 del 2014, dispone espressamente che: "Gli incaricati della riscossione assumono la figura di agente contabile e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti, a cui devono rendere il conto giudiziale. Agli stessi obblighi sono sottoposti tutti coloro che, anche senza legale autorizzazione, si ingeriscono di fatto, negli incarichi attribuiti agli agenti anzidetti.".
Si prevede, altresi, nella medesima prospettiva e ad ulteriore conferma di quanto ora illustrato, che "Gli agenti contabili devono tenere un registro giornaliero delle riscossioni e versare all'amministrazione per la quale operano gli introiti riscossi secondo la cadenza fissata dal regolamento di contabilità. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità di esercizio del riscontro contabile e le modalità di riscossione e successivo versamento in tesoreria delle entrate a mezzo degli agenti della riscossione".
A ciò deve aggiungersi che anche la Corte dei conti ha affermato che «I soggetti operanti presso le strutture ricettive, ove incaricati - sulla base dei regolamenti comunali previsti dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 23 del 2011 - della riscossione e poi del riversamento nelle casse comunali dell'imposta di soggiorno corrisposta da coloro che alloggiano in dette strutture, assumono la funzione di agenti contabili, tenuti conseguentemente alla resa del conto giudiziale della gestione svolta» (cfr. Sezioni riunite in sede giurisdizionale, n. 22/2016/QM del 8 giugno 2015, dep. 2016).
Le conclusioni
La Corte di Cassazione sulla base di quanto esposto, rigetta il ricorso: risponde del delitto di peculato l'imprenditore alberghiero che non riversa al Comune l'imposta di soggiorno riscossa. La Cassazione, inoltre, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Cass. pen., Sez. VI, 13 novembre 2018-7 febbraio 2019, n. 6130