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22/02/2019 - P.a., stratagemma per assumere

tratto da Italia Oggi

Molti enti medio-grandi si stanno organizzando. Ma vi sono alcuni problemi applicativi 

P.a., stratagemma per assumere

Concorsi pluriennali per aggirare il divieto di idonei

 

di Luigi Oliveri

Concorsi pluriennali con assunzioni cadenzate per ciascun anno per superare l'ostacolo del divieto di idonei nelle graduatorie, posto dalla legge 145/2018.

Molte amministrazioni di dimensioni medie o grandi, capaci quindi di effettuare un certo numero di assunzioni nel medesimo profilo professionale, stanno pensando di risolvere in questo modo il problema dell'abolizione degli idonei per i concorsi banditi a partire dal 2019.

In sostanza, se un ente ha pianificato l'assunzione di tre dipendenti di medesimo profilo nel triennio, in modo che sia effettuata un'assunzione per ciascun anno, l'idea è di fare un concorso unico. Precisando, nel bando che le assunzioni sono cadenzate una per ciascun anno del triennio considerato. Quindi il primo in graduatoria stipulerebbe il contratto di lavoro il primo anno; il secondo sottoscriverebbe il terzo anno, il terzo l'ultimo anno.

Si tratta di una soluzione funzionale, che però sconta alcuni problemi applicativi legati al complesso quadro normativo che regola i procedimenti di assunzione.

In particolare, questo sistema apparentemente razionale, deve confrontarsi con la necessità di esperire le procedure di mobilità. Le amministrazioni, prima di esperire i concorsi, debbono verificare se vi sia personale pubblico inserito nelle liste di «disponibilità» (si tratta di personale in esubero che rischia il licenziamento dopo 24 mesi di inserimento in lista), da ricollocare, ai sensi dell'articolo 34-bis del dlgs 165/2001.

È evidente, però, che a distanza di anni la lista dei dipendenti in esubero può modificarsi di molto. Quindi, il diritto acquisito da un candidato risultato vincitore per il posto la cui assunzione sia prevista il secondo o terzo anno della previsione del bando, si potrebbe scontrare col diritto del lavoratore in disponibilità alla ricollocazione.

In questo momento esiste un vuoto normativo, perché non c'è alcuna disposizione alla quale risalire per risolvere questa antinomia. Il pericolo, quindi, è l'apertura di un forte contenzioso dai risvolti imprevedibili.

Le amministrazioni, prima di bandire un concorso, sono inoltre tenute ad attivare la mobilità prevista dall'articolo 30, comma 2-bis, sempre del dlgs 165/2001, finalizzata ad obbligarle a verificare l'esistenza di dipendenti pubblici disponibili a trasferirsi da un ente all'altro.

Ciò allo scopo di razionalizzare la distribuzione dei dipendenti e limitare la nuova spesa pubblica scaturente da nuove assunzioni dall'esterno.

Anche in questo caso, manca una regola. Non è chiaro se le assunzioni più remote di un programma pluriennale possano fondatamente basarsi su una procedura di mobilità esperita molto tempo prima e se questa sia sufficiente.

Si tratta di problemi rilevanti, che finiranno per interessare anche il sistema dei concorsi centralizzati previsto sempre dalla legge 145/2018. Infatti, i concorsi centralizzati difficilmente potranno soddisfare i fabbisogni delle amministrazioni coprendo tutti e subito (o almeno nell'anno previsto) i posti scoperti. Verosimilmente, espletati i concorsi che avranno una graduatoria di vincitori molto ampia e lunga, ci vorranno tempi lunghi per la materiale chiamata in servizio, che proporranno esattamente i problemi della compatibilità di tale sistema con la garanzia per i lavoratori in esubero di essere ricollocati e con il sistema della mobilità volontaria, il quale per altro non si presta certo ad una procedura centralizzata.

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