13/02/2019 - Per il rimborso delle spese legali il conflitto di interessi deve essere verificato sin dall'inizio a nulla rilevando la successiva assoluzione del dipendente
Per il rimborso delle spese legali il conflitto di interessi deve essere verificato sin dall'inizio a nulla rilevando la successiva assoluzione del dipendente
di Vincenzo Giannotti - Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
Il caso riguarda il ricorso da parte dell'avvocato di un dipendente di un ente locale che si era visto negare il rimborso delle spese legali, nonostante l'assoluzione piena, avvenuta nel procedimento penale che lo aveva visto imputato. La Corte di appello adita dall'avvocato, con intervento adesivo del dipendente, ha rifiutato il rimborso delle spese legali richieste dal legale, che aveva assistito il dipendente nel procedimento penale, rilevando che l'avvocato non era legittimato ad agire nei confronti dell'ente locale dal momento che egli era stato nominato dal dipendente incriminato, quale proprio difensore, senza l'accordo dello stesso ente, che, anzi, si era costituito parte civile contro di lui. Ha ritenuto, inoltre, la Corte di appello infondato il motivo del dipendente, secondo cui non si era in presenza di un conflitto di interessi in considerazione della sua assoluzione, in quanto il conflitto andava verificato sin dall'inizio e non poteva essere successivamente sanato dall'assoluzione.
Ricorre in Cassazione l'avvocato del dipendente censurando la sentenza del giudice di appello per aver individuato la sussistenza del conflitto di interessi ex ante e che la scelta del legale debba obbligatoriamente cadere su un professionista scelto di "comune gradimento" con l'ente locale, in violazione del regolamento dell'ente che ha statuito sia che la valutazione del conflitto di interessi vada effettuata ex post, ossia solo una volta concluso il procedimento penale, sia che "il dipendente può anche scegliere un legale di sua esclusiva fiducia, in sostituzione di quelli di cui agli elenchi", realizzandosi così la "Assistenza indiretta degli oneri legali".
Le precisazioni e la conferma del diniego della Cassazione
L'indirizzo consolidato del giudice di legittimità, cui la Corte intende aderire, è quello secondo cui l'obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell'onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma l'assunzione diretta degli oneri di difesa sin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento (Cass. civ. 13 marzo 2009, n. 6227). Detto obbligo, inoltre, è subordinato all'esistenza di ulteriori condizioni perché l'assunzione diretta della difesa del dipendente è imposta all'ente locale solo nei casi in cui, non essendo ipotizzabile un conflitto di interessi, attraverso la difesa del dipendente incolpato, il datore di lavoro pubblico agisca anche "a tutela dei propri diritti ed interessi" (tal senso Cass. civ. 31 ottobre 2017 n. 25976). Pertanto, come nel caso di specie, se l'accusa era quella di aver commesso un reato che vedeva l'ente locale come parte offesa (e, quindi, in oggettiva situazione di conflitto di interessi), il diritto al rimborso non sorgeva affatto e non già sorgeva solo nel momento in cui il dipendente fosse stato, in ipotesi assolto dall'accusa" (Cass. civ. S.U. 4 giugno 2007, n. 13048)» (Cass. civ. 11 luglio 2018, n. 18256).
In conclusione, il rimborso da parte della pubblica amministrazione delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente sottoposto a processo non può essere riconosciuto allorquando questa, come nel caso in esame, si sia costituita parte civile nei confronti del dipendente, indipendentemente da ogni valutazione attinente l'esito del procedimento penale (Cass. civ. 10 marzo 2011, n. 5718). Pertanto, il ricorso va rigettato con relativa condanna alle spese del giudizio di legittimità per la parte soccombente.