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06/02/2019 - "Quota 100" e pensioni anticipate, rischio esodo per il lavoro pubblico

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

"Quota 100" e pensioni anticipate, rischio esodo per il lavoro pubblico

di Amedeo Di Filippo - Dirigente comunale

La "pensione quota 100"

L'art. 14D.L. n. 4 del 2019 introduce, sebbene in via sperimentale per il triennio 2019-2021, la possibilità per gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, alle forme esclusive e sostitutive e alla gestione separata di "conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni".

Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione, gli iscritti a due o più gestioni previdenziali hanno facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall'INPS. La pensione però non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

L'istituto costituisce dunque una nuova fattispecie di conseguimento del trattamento pensionistico, in alternativa alla pensione di vecchiaia (per la quale attualmente il requisito è di 67 anni) e alle ipotesi già vigenti per le quali l'ordinamento riconosca il diritto alla pensione anticipata, tra le quali quelle disciplinate dagli artt. 1516 e 17 dello stesso D.L. n. 4 del 2019.

Queste le decorrenze: coloro i quali hanno maturato i requisiti al 31 dicembre 2018 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° aprile 2019; coloro che li hanno maturati dal 1° gennaio 2019 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi.

L'assetto cambia per i dipendenti pubblici: chi di loro matura i requisiti entro la data di entrata in vigore del decreto (29 gennaio 2019) consegue il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° agosto 2019; chi li matura dal giorno successivo lo consegue trascorsi sei mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi e comunque non prima del 1° agosto 2019; la domanda di collocamento a riposo deve essere presentata all'amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi.

Per il personale del comparto scuola ed AFAM restano le specifiche disposizioni di cui all'art. 59, comma 9, L. n. 449 del 1997 ma ha la possibilità, entro il 28 febbraio 2019, di presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall'inizio rispettivamente dell'anno scolastico o accademico.

I requisiti posti per il nuovo istituto non possono essere considerati ai fini dell'applicazione ai lavoratori degli accordi cosiddetti di "isopensione" di cui all'art. 4, commi da 1 a 7-ter, L. n. 92 del 2012, ovvero degli istituti di assegno straordinario previsti dai fondi di solidarietà bilaterali. E' inoltre escluso dall'applicazione del nuovo istituto il personale militare delle Forze armate, delle Forze di polizia, di polizia penitenziaria e della Guardia di finanza e il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Pensioni anticipate

L'art. 15 opera una revisione della disciplina sui requisiti e sui termini di decorrenza della pensione anticipata rispetto al conseguimento dell'età anagrafica per il trattamento di vecchiaia. Prevede in particolare la conferma del requisito operante nel periodo 2016-2018, ossia un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, e introducono un termine dilatorio di decorrenza del trattamento.

Si prevede infatti che quest'ultimo venga corrisposto a partire dal quarto mese successivo a quello di maturazione del requisito (anziché dal primo mese successivo). In parziale deroga, i soggetti che abbiano maturato il requisito in esame nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del decreto hanno diritto al trattamento a decorrere dal 1° aprile 2019. Per cui non trova applicazione il progressivo adeguamento secondo la disciplina relativa agli elevamenti di determinati requisiti pensionistici in base agli incrementi della speranza di vita.

L'art. 16 conserva la c.d. "opzione donna", introdotta dall'art. 1, comma 9, L. n. 243 del 2004, con la possibilità per le lavoratrici dipendenti che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età o 58 anni per le autonome di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione è stata esercitata in maniera consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. n. 201 del 2011 (la riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione.

Il comma 1 dell'art. 16 ora dispone che il diritto al trattamento pensionistico anticipato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo venga riconosciuto, nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2018 un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome). I requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita.

A tale trattamento si applicano le disposizioni di cui all'art. 12D.L. n. 78 del 2010, che ha disposto una decorrenza (finestra) per il pensionamento pari a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome.

L'art. 17 abroga gli incrementi dell'età pensionabile per effetto dell'aumento della speranza di vita per i lavoratori precoci. L'art. 18proroga a tutto il 2019 la sperimentazione della c.d. "ape sociale", introdotta dall'art. 1commi da 179 a 186L. n. 232 del 2016, che consiste in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

Contributi, riscatti e massimali

L'art. 19 introduce il comma 10-bis all'art. 3L. n. 335 del 1995 e dispone la non applicazione fino al 31 dicembre 2021 dei termini di prescrizione contributiva riferiti agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria per i rapporti di lavoro subordinato con le amministrazioni pubbliche afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014.

L'art. 20 introduce in via sperimentale, sempre per il triennio 2019-2021, la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi, i periodi, precedenti la data di entrata in vigore del decreto, non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria né soggetti ad alcun obbligo contributivo. Tale opportunità è riconosciuta agli iscritti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione, con la possibilità di riscattare i periodi antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto compresi tra la data del primo e quella dell'ultimo contributo comunque accreditato, non soggetti a obbligo contributivo e che non siano già coperti da contribuzione, comunque versata e accreditata, presso forme di previdenza obbligatoria.

La facoltà di riscatto è esercitata a domanda dell'assicurato o dei suoi superstiti o dei suoi parenti ed affini entro il secondo grado e l'onere è determinato in base ai criteri validi per il riscatto di periodi nell'ambito del sistema contributivo. L'onere così determinato è detraibile dall'imposta lorda nella misura del 50% con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento e in quelli successivi.

Il versamento dell'onere può essere effettuato ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in massimo 60 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a euro 30, senza applicazione di interessi per la rateizzazione. La rateizzazione dell'onere non può essere concessa nei casi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per la immediata liquidazione della pensione diretta o indiretta o nel caso in cui gli stessi siano determinanti per l'accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari; qualora ciò avvenga nel corso della dilazione già concessa, la somma ancora dovuta sarà versata in unica soluzione.

Il comma 6 modifica la disciplina del riscatto dei corsi di studio universitari, relativamente a periodi da valutare con il sistema contributivo. Si prevede che, nel caso in cui la domanda sia presentata entro il compimento del quarantacinquesimo anno di età, l'onere del riscatto sia costituito dal versamento di un contributo pari, per ogni anno da riscattare, al livello minimo imponibile annuo moltiplicato per l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda.

L'art. 21 introduce la possibilità, per i dipendenti pubblici che prestino servizio in settori in cui non siano attive forme di previdenza complementare compartecipate dal datore di lavoro, di escludere l'applicazione del limite massimo di imponibile contributivo e di base di calcolo del trattamento pensionistico.

Detto limite, pari nel 2018 a 101.427 euro, concerne i lavoratori a cui si applichi il sistema di calcolo contributivo integrale (cioè lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e soggetti che abbiano optato per il sistema contributivo integrale). La possibilità di deroga concerne esclusivamente i dipendenti pubblici - contrattualizzati o in regime di diritto pubblico - privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, a condizione che non sia attiva, per il relativo settore lavorativo, una forma di previdenza complementare compartecipata dal datore.

La domanda deve essere proposta entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto o dalla data di superamento del massimale contributivo oppure dalla data di assunzione.

Trattamento di fine servizio

Le disposizioni sulla liquidazione dell'indennità di fine servizio hanno fatto molto discutere durante la fase di gestazione del decreto-legge. Il risultato è condensato all'art. 23, che riconosce ai dipendenti pubblici a cui viene liquidata la pensione quota 100 l'indennità di fine servizio comunque denominata al momento in cui tale diritto maturerebbe a seguito del raggiungimento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico.

Purtuttavia, sulla base di apposite certificazioni rilasciate dall'INPS, i dipendenti possono presentare richiesta di finanziamento di una somma pari all'importo dell'indennità maturata alle banche o agli intermediari finanziari che aderiscono a un apposito accordo quadro. L'Istituto di previdenza trattiene l'importo per il rimborso del finanziamento e dei relativi interessi.

Il finanziamento è garantito dalla cessione, automatica e nel limite dell'importo finanziato, senza alcuna formalità, "pro solvendo", dei crediti derivanti dal trattamento di fine servizio maturato, che il soggetto pensionando vanta nei confronti dell'INPS. Viene a tal fine istituito nello stato di previsione del MEF uno specifico Fondo di garanzia per l'accesso ai finanziamenti con una dotazione iniziale pari a 50 milioni di euro per l'anno 2019.

Il finanziamento, che è esente dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo e da ogni altra imposta indiretta e altro tributo o diritto, è pari a 30.000 euro ovvero all'importo spettante nel caso in cui l'indennità di fine servizio sia di importo inferiore.

L'art. 24 riduce l'imposta sul reddito delle persone fisiche sull'indennità di fine servizio, in misura crescente rispetto al tempo trascorso fra la stessa (o, in caso di cessazione anteriore al 1° gennaio 2019, fra tale data) e la corresponsione della relativa indennità. Tale riduzione si applica sull'imponibile dell'indennità non superiore a 50 mila euro.

Capo II, D.L. 28 gennaio 2019, n. 4 (G.U. 28 gennaio 2019, n. 23)

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