02/02/2019 - Il trattamento previdenziale dei compensi delle avvocature interne secondo il MEF e l'INPS
Il trattamento previdenziale dei compensi delle avvocature interne secondo il MEF e l'INPS
di Vincenzo Giannotti - Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
I contenuti dell'emendamento
Tra gli emendamenti presentati dal relatore, al Decreto Semplificazioni, vi è anche una norma che conferma l'esclusione da copertura previdenziale dei compensi, per le spese a carico delle parti soccombenti, percepiti dagli avvocati dello Stato, chiarendo che si tratta di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Tale interpretazione autentica, conferirebbe un effetto retroattivo tale da scongiurare la messa in mora da parte dell'INPS sul versamento, mai avvenuto, dei contributi previdenziali (gestione separata). Tale indicazione sarebbe sovrapponibile ai compensi percepiti dalle avvocature pubbliche in generale, ivi compresi i compensi degli avvocati interni degli enti locali, dove le somme sono da sempre state considerate salario accessorio e come tale assoggettate a contribuzione previdenziale. Tale norma, pertanto, avrebbe un effetto diretto anche per gli enti locali provvisti di avvocati interni.
La questione controversa
Nella relazione illustrativa e tecnica, all'emendamento del relatore, si precisa come i compensi percepiti dalle Avvocature dello Stato, per le cause vittoriose con riaddebito delle spese alla controparte, non siano mai stati assoggettati a contribuzione previdenziale, in quanto considerati redditi assimilati a quelli del lavoro dipendente come riconosciuto del Ministero dell'Economia (parere 20 gennaio 1998). L'art. 50 del TUIR, al comma 1 lett. b), stabilisce che sono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente "Le indennità ed i compensi percepiti a carico dei terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato". Secondo il Ministero dell'Economia gli indici che la suindicata disposizione richiede sono sostanzialmente due: a) i compensi devono essere "percepiti a carico dei terzi dai prestatori di lavoro dipendente" e b) "per incarichi svolti in relazione a tale qualità". Pertanto, i compensi professionali degli avvocati e procuratori dello Stato sono anzitutto "a carico dei terzi", in quanto l'Avvocatura generale dello Stato e le Avvocature distrettuali, nel corrispondere gli emolumenti in questione, "svolgono una funzione di mero tramite limitandosi a curarne l'esazione nei confronti delle controparti". Inoltre, si tratta di onorari che "derivano dall'esito dell'attività giudiziale svolta piuttosto che dalla prestazione sottostante al rapporto di lavoro". Da ciò la loro natura di redditi "assimilati" a quelli di lavoro dipendente e, come tale, tali compensi sono da escludere dalla base contributiva sia ai fini pensionistici che del TFS (o TFR).
Di contrario avviso l'INPS che, con la Circ. 16 gennaio 2014, n. 6, ha considerato tali compensi assoggettabili alla contribuzione pensionistica, con mancato versamento da parte dello Stato della contribuzione alla gestione separata con una aliquota contributiva attualmente pari al 24% del reddito percepito.
L'emendamento avrebbe offerto a tal fine una interpretazione autentica alla disposizione legislativa considerando i compensi percepiti dagli avvocati pubblici quali redditi assimilati a quelli del lavoro dipendente, in caso di vittoria della causa con spese poste a carico delle controparti per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia o transazione e la cui esazione viene curata dalla stessa Avvocatura. Queste conclusioni sono valide anche per tutte le avvocature pubbliche i cui principi sono sovrapponibili.
Le conseguenze per gli avvocati degli enti locali
Si ricorda come da sempre la Ragioneria Generale dello Stato e la stessa ARAN, avessero indicato due diversi trattamenti dei compensi degli avvocati degli enti locali discendenti da vittoria delle cause trattate. Il primo trattamento, rinviava alla vittoria della causa con spese poste a carico della controparte soccombente. In questo caso i compensi avrebbero dovuto essere tenuti fuori dal fondo del salario accessorio e, quindi, non soggetti al limite di crescita (art. 9, comma 2-bis, D.L. n. 78 del 2010, successivamente art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75 del 2017). In caso, invece, di compensazione delle spese di causa gli enti avrebbero dovuto inserire i compensi all'interno del fondo del salario accessorio (e come tale soggetti al limite degli incrementi del fondo). Pur avendo indicato tale differenza, nulla veniva precisato in merito al trattamento previdenziale che, nel primo caso, avrebbe fatto rientrare i compensi tra quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente, mentre nel secondo caso tali compensi, rientrando nel salario accessorio (pur soggetto al limite di crescita), avrebbe avuto copertura previdenziale piena in quanto parte del salario accessorio. Né gli enti locali hanno mai seguito le indicazioni dell'INPS, in caso di compensi posti a carico della parte soccombente, operando la trattenuta del 24% da versare alla gestione separata. La ricostruzione operata appare quindi innovativa e conferma una metodologia mai seguita dagli enti locali.
Conclusioni
L'emendamento proposto lascia ancora il dubbio circa la corretta procedura da seguire. Svolgendo ora l'analisi sul trattamento previdenziale riservato agli avvocati pubblici, gli enti locali hanno da sempre considerato tali redditi quale parte essenziale del salario accessorio, con la sola particolarità di scorporare i contributi previdenziali e assistenziali dai compensi a carico dell'ente ponendoli a carico degli stessi avvocati. Se, invece, dovesse essere seguita la linea del MEF i compensi corrisposti agli avvocati sarebbero più elevati non dovendo scorporare i contributi previdenziali ed assistenziali, ma privi di copertura previdenziale e di TFR, mentre se si seguisse la linea dell'INPS aumenterebbero i compensi, pari alla differenza tra l'aliquota attualmente applicata sul salario accessorio e quella prevista dalla gestione separata, ma si avrebbe una minore copertura previdenziale auto liquidata dal dipendente cui si aggiunge un minore impatto sul TFR in sede di liquidazione dello stesso.