30/04/2019 - I fondi rustici (e i beni pubblici) vanno affidati con gara.
I fondi rustici (e i beni pubblici) vanno affidati con gara.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Delibera n. 272 del 3 aprile 2019 (Fascicolo n. 5446/2017) interviene, in relazione all’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, sull’affitto di fondi rustici da parte di un’Amministrazione locale, a seguito di un esposto con il quale venivano segnalate alcune presunte anomalie gestionali[1].
L’Amministrazione (nel 1981) divenuta in possesso di numerosi fondi rustici, di un disciolto Ente ospedaliero, provvedeva a regolarizzare (nel 1985) la conduzione (risalente nel tempo) da parte di alcuni imprenditori agricoli: provvedeva con atto consiliare all’adozione di schemi contrattuali di affitto e alla loro sottoscrizione, inserendo i soggetti – conduttori di fatto – individuati dalla ricognizione operata dai tecnici del Comune.
Nel 2004, con atto giuntale, ritenendo i contratti rinnovati tacitamente in applicazione dell’art. 4 della legge 3 maggio 1982, n. 203, recante «Norme sui contratti agrari» il Comune autorizzava la stipula dei contratti di affitto con quelli che risultavano essere conduttori dei terreni, con decorrenza 11 novembre 2001 e scadenza 10 novembre 2016.
Il Comune proprietario, di altri fondi rustici, riscuoteva i ruoli relativamente alle annate agrarie per il pagamento dei canoni di affitto, e rinnovava i contratti di locazione per i conduttori dei fondi dell’ex Ente ospedaliero per 15 anni, con decorrenza novembre 2016 e scadenza novembre 2031, ritenendo che, in assenza di disdetta, i contratti di affitto fossero tacitamente rinnovati per ulteriori 15 anni, ai sensi dell’art. 4 della cit. legge n. 203/1982.
Stessa sorte per i contratti di locazione degli altri fondi rustici, in applicazione della medesima legge, così come per gli aggiornamenti dei canoni: si tratta di “contratti attivi” in quanto è prevista un’entrata per l’erario.
Fatta questa premessa in fatto, l’ANAC definisce i contratti agrari che sono accordi che hanno ad oggetto lo sfruttamento della terra, in particolare il godimento e l’utilizzo dei fondi rustici e di tutti i beni connessi all’agricoltura: l’affitto di fondo rustico costituisce una species dei contratti agrari.
In base alla legge 203/1982 i contratti di affitto a coltivatore diretto tra soggetti privati sono connotati dalle seguenti peculiari caratteristiche:
- hanno una durata minima di 15 anni (art. 1);
- si rinnovano tacitamente ogni 15 anni, in quanto l’art. 4 così dispone: «in mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato per il periodo minimo, rispettivamente, di quindici anni per l’affitto ordinario e di sei anni per l’affitto particellare, e così di seguito. La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento»;
- a certe condizioni è possibile il subentro degli eredi mortis causa dell’affittuario, in quanto l’art. 49 prevede che «in caso di morte dell’affittuario… il contratto si scioglie alla fine dell’annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore a titolo principale, come previsto dal primo comma»;
- sono liberi nella forma, in quanto l’art. 41 prevede che «i contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi e hanno effetto anche riguardo ai terzi»;
- in caso di nuovo affitto vi è il diritto di prelazione da parte del precedente conduttore (art. 4 bis).
Le norme cit., ammette l’ANAC, devono essere adattate alla disciplina applicabile alla P.A., dove è richiesta la forma scritta ad substantiam, anche quando agisce iure privatorum.
È noto che nei rapporti con la P.A. la manifestazione del consenso si perfeziona con la sottoscrizione del contratto, essendo la forma scritta garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, sia nell’interesse del cittadino che della stessa Pubblica Amministrazione.
Infatti, non possono assumere rilievo comportamenti taciti o manifestazioni di volontà altrimenti date, in quanto la volontà di obbligarsi della Pubblica Amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam al fine precipuo di consentire i controlli cui l’azione amministrativa è sempre soggetta nonché il pieno esplicarsi dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa[2].
La fattispecie contrattuale di affitto di fondo rustico, posseduto da parte di una pubblica amministrazione, deve essere assegnato con procedura aperta (c.d. ad evidenza pubblica):
- l’art. 3 del r.d. n. 2240/1923 (Nuove disposizioni sull’Amministrazione del Patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) prevede che «i contratti dai quali derivi un’entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che per particolari ragioni, delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casi da determinare con il regolamento, l’amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione ovvero nei casi di necessità alla trattativa privata»;
- l’art. 37, comma 1 del regolamento di Contabilità Generale dello Stato (r.d. n. 827/1924) stabilisce che «Tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti» (art. 37 co. 1).
- l’art. 4 del d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) ad oggi prevede che «l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica».
L’inserimento in forma esplicita della locuzione “contratti attivi” tra quelli esclusi dall’ambito di applicazione del Codice nell’art. 4 del d.l.gs. n. 50/2016 è avvenuto ad opera dal “decreto correttivo” al Codice dei contratti (il d.lgs. n. 56/2017), secondo le indicazioni fornite anche dal Consiglio di Stato[3] che riteneva pacifica l’applicazione – anche per questo genere di contratti – i principi del Codice di trasparenza, pubblicità ed imparzialità nell’individuazione del contraente: affidamento tramite gara con una reale ed effettiva concorrenza, nel rispetto dei principi generali che governano l’azione amministrativa (ex art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241)[4].
A questo punto, l’Autorità richiama i pronunciamenti in tema di concessioni su beni pubblici economicamente contendibili (vedi, ad es. l’assegnazione di spazi pubblicitari)[5], che possono essere affidati a privati solo all’esito di una procedura comparativa ad evidenza pubblica[6].
In presenza di attribuzione di vantaggi economici a privati è sempre richiesta una procedura trasparente, con criteri di assegnazione prestabiliti, e all’esito di una comparazione tra più soggetti potenzialmente interessati all’utilizzo del bene[7].
Stabilito in via normativa che anche i contratti attivi devono seguire i principi del Codice dei contratti pubblici questo fatto oggettivo comporta che anche i contratti agrari devono seguire le regole della gara per l’individuazione del contraente.
Per le situazioni di sanatoria di fatto degli affidamenti originari e per i rinnovi taciti degli stessi, l’ANAC giunge – dall’analisi delle norme di riferimento e degli atti deliberativi – a stabilire l’assenza di un dovere di regolarizzazione e rinnovo; anzi perviene alla conclusione che l’operato posto in essere dall’Amministrazione (rinnovi espressi e taciti ripetuti, anche con effetti retroattivi) sia stato effettuato in modo improprio, senza l’adozione di un provvedimento espresso: tale condotta non è legittima quando parte del contratto sia una Pubblica Amministrazione (nel caso di specie un ente locale) in quanto la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata in forma scritta.
Ciò posto, si perviene alla conclusione che anche questo genere di contratti di affitto di fondi rustici deve sottostare all’applicabilità dei principi di trasparenza, pubblicità e concorrenza, in quanto è prevista un’entrata per la Pubblica Amministrazione derivante dalla corresponsione del canone di affitto del fondo, quindi riconducibile nell’ambito dei “contratti attivi” della P.A., i quali sono assoggettati alla normativa speciale ed ai principi generali di cui alla normativa sulla contabilità di Stato e del Codice dei contratti pubblici.
Le giustificazioni dell’Amministrazione locale non sono risultate persuasive e solutorie, anche se fondate su “utili” ragioni:
- di conseguire un utile, per il principio di economicità della gestione;
- di rispondere alle indicazioni concordate con le organizzazioni sindacali agricole;
- a concludere contenziosi giudiziari pendenti;
- la regolarità dei versamenti;
- le migliorie apportate ai terreni;
- il coinvolgimento di tutti gli operatori agricoli.
Alla luce della ricostruzione in diritto, la Delibera ANAC n. 272 del 3 aprile 2019 conferma il rilievo per cui anche nel caso di affitto di fondo rustico la Pubblica Amministrazione deve rispettare i principi generali di pubblicità, trasparenza, tutela della concorrenza e parità di trattamento, statuiti dall’art. 4 del d.lgs. 50/2016 per tutti i “contratti attivi” esclusi dall’ambito di applicazione integrale del Codice dei contratti pubblici.
È inevitabile e di solare evidenza la riscontrata anomalia costituita dalla sottoscrizione dei contratti di affitto di fondo rustico con soggetti individuati in forma diretta o presa d’atto, senza previa indizione di una procedura di selezione tra i potenziali contraenti, che avrebbe garantito il rispetto dei principi generali di pubblicità, trasparenza, tutela della concorrenza e parità di trattamento, secondo i parametri comunitari dell’evidenza pubblica conosciuta come concorrenza[8].