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11/04/2019 - Sul concetto di completamento funzionale ai fini del condono edilizio

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

Sul concetto di completamento funzionale ai fini del condono edilizio

di Giuseppe Cassano - Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics

Osserva in sentenza l'adito Consiglio di Stato - intervenuto sul sempre attuale tema dell'abusivismo edilizio - come sia costante insegnamento della giurisprudenza quello secondo cui un immobile può essere condonato quando di esso sia possibile di individuare le caratteristiche tipologiche.

Invero, ai sensi dell'art. 39, comma 1, L. n. 724 del 1994 il condono edilizio è consentito per le opere abusive che «risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993».

Il concetto di ultimazione è specificato nell'art. 31 (i cui principi debbono ritenersi valevoli anche per la disciplina dei condoni successivi) L. n. 47 del 1985, laddove si precisa che «ai fini delle disposizioni di cui al comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, esse siano state completate funzionalmente».

La norma opera un distinguo tra nuovi edifici residenziali, per i quali si richiede l'esecuzione del rustico e il completamento della copertura, ed opere interne di edifici già esistenti per le quali si richiede il completamento funzionale.

Deve dunque interrogarsi sulla portata del concetto di completamento funzionale.

In generale, lo stesso deve riferirsi alla realizzazione di un intervento di cui sia possibile riconoscere le caratteristiche tipologiche, in quanto siano presenti gli aspetti essenziali che ne individuano la funzione e ne consentono l'utilizzo.

Più precisamente, tale concetto serve ad identificare il momento in cui il manufatto ha acquisito caratteristiche oggettivamente ed univocamente idonee alla nuova destinazione, anche se gli interventi di finitura non risultano ancora completati (Cons. di Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 393).

Orbene, ai fini della concessione del condono edilizio, ricade poi in capo al proprietario (o al responsabile dell'abuso) l'onere di provare la data di ultimazione delle opere edilizie, dal momento che solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto e che, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell'Amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria.

Si veda, sul punto, la sentenza Cons. di Stato, Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3834 secondo cui la dichiarazione sostitutiva di notorietà dell'intervenuta ultimazione delle opere edilizie entro la data utile per poter beneficiare del condono «non preclude ... all'Amministrazione, in sede di esame della stessa, la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse.

Quindi, il richiedente la sanatoria, a fronte di elementi di prova a disposizione dell'Amministrazione che attestino il contrario, è gravato dall'onere di provare, attraverso ulteriori elementi, quali fotografie aeree, fatture, sopralluoghi e così via, l'effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio».

Invero, come anticipato, nelle controversie in materia edilizia grava sul privato e non sull'Amministrazione richiedente l'onere della prova in ordine all'ultimazione delle opere abusive in data utile per fruire del condono (Cons. di Stato, Sez. IV, 23 gennaio 2013, n. 414).

Ciò si giustifica non solo in base al disposto dell'art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 104 del 2010 (spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti) ma anche in considerazione che su tale circostanza (in ordine all'ultimazione dei lavori) l'interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine all'epoca di realizzazione dell'abuso.

Al contrario, l'amministrazione non è, normalmente, in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul punto.

Il procedimento condonistico, dunque, nasce su istanza di parte e tanto, per concorde giurisprudenza amministrativa, esclude l'obbligo di inviare la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7L. n. 241 del 1990 (Cons. di Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4631Cons. di Stato, Sez. V, 14 giugno 2013, n. 3315).

Si vedano ancora i seguenti arresti della giurisprudenza:

«- l'art. 31, comma 2, L. n. 47 del 1985 prevede due criteri alternativi per la verifica del requisito dell'ultimazione, rilevante ai fini del rilascio del condono: si tratta del criterio "strutturale", che vale nei casi di nuova costruzione e del criterio "funzionale", che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti oppure di manufatti con destinazione diversa da quella residenziale;

- quanto al criterio strutturale del completamento del rustico, per edifici "ultimati", si intendono quelli completi almeno al "rustico", espressione con la quale si intende un'opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (cfr., fra le tante, Cons. di Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 130);

- la nozione di completamento funzionale implica invece uno stato di avanzamento nella realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione; in altri termini l'organismo edilizio, non soltanto deve aver assunto una sua forma stabile nella consistenza planivolumetrica (come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione "al rustico", ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno), ma anche una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d'uso» (Cons. di Stato, Sez. VI, 20 febbraio 2019, n. 1190);

- «Ai fini del condono, per edifici "ultimati", si intendono quelli completi almeno al "rustico". Costituisce principio pacifico che per edificio al rustico si intende un'opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tampognature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (cfr., fra le tante, Cons. di Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 130).

Ma come sono necessarie le tompagnature esterne, a maggior ragione diventa essenziale l'esistenza di una copertura che ha, dal punto di vista della sagoma e del volume, la funzione di definire le dimensioni dell'intervento realizzato e, dal punto di vista costruttivo, lo scopo di rendere conto della compiutezza della realizzazione stessa. In tal senso vanno lette le affermazioni che evidenziano come la copertura debba essere in materiale non precario ed idoneo ad una rifinitura finale con interventi minimi (da ultimo, Cons. di Stato, Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4287, dove si evidenzia la sufficienza di una copertura in muratura, stabilmente infissa al corpo verticale e costituita con materiale non precario e soltanto non rifinita con tegole o simili, ossia realizzata in maniera tale "da permettere la precisa individuazione del volume da condonare, escludendosi ogni possibilità di far luogo a successive modifiche o ampliamenti")» (Cons. di Stato, Sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6841);

- «ai sensi dell'art. 35L. n. 47 del 1985, il silenzio assenso previsto in tema di condono edilizio non si forma solo in virtù dell'inutile decorso del termine prefissato per la pronuncia espressa dell'amministrazione comunale e dell'adempimento degli oneri documentali ed economici necessari per l'accoglimento della domanda, ma occorre, altresì, la prova della ricorrenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi ai quali è subordinata l'ammissibilità del condono, tra i quali rientra, dal punto di vista oggettivo per il condono del 2003, il fatto che l'immobile ad uso residenziale risulti ultimato, ossia completato al rustico, entro il 31 marzo 2003. Ne deriva che il titolo abilitativo tacito può formarsi per effetto del silenzio assenso soltanto ove la domanda sia conforme al relativo modello legale e, quindi, sia in grado di comprovare che ricorrano tutte le condizioni previste per il suo accoglimento, inclusa la tempestiva ultimazione dell'opera abusiva, impedendo in radice la mancanza di talune di queste che possa avviarsi (e concludersi) il procedimento di sanatoria» (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 6350).

Cons. di Stato, Sez. IV, 15 novembre 2018-1 aprile 2019, n. 2112

Art. 31L. 28 febbraio 1985, n. 47 (G.U. 2 marzo 1985, n. 53, S.O.)

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