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27/08/2019 - Ricorsi pendenti, si paga tutto  

tratto da Italia Oggi Sette - 26 Agosto 2019

Ricorsi pendenti, si paga tutto  

di SERGIO TROVATO - Italia Oggi Sette - 26 Agosto 2019
La riscossione frazionata di imposte e tasse in caso di impugnazione dell' avviso di accertamento si applica solo nei casi in cui la legge la prevede espressamente. Il recupero parziale del tributo accertato, in attesa della sentenza di primo grado, qualora il contribuente abbia contestato l' atto impositivo, vale solo per alcuni tributi erariali e non si estende a imposte e tasse amministrate dagli enti locali. Pertanto, in caso di accertamenti non ancora divenuti definitivi, in pendenza dei ricorsi innanzi alle commissioni tributarie, è consentito all' ente impositore provvedere alla riscossione integrale della pretesa tributaria.
Il contribuente non può invocare la norma processuale che prevede la riscossione frazionata del tributo nelle more del giudizio, in quanto la stessa esplica i propri effetti solo per le somme dovute dopo l' emanazione della sentenza di primo grado. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 20457 del 30 luglio 2019. Per i giudici di legittimità, l' articolo 68 del decreto legislativo 546/1992, riguardante il pagamento dei tributi in pendenza del processo, fa riferimento ai soli casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo. Pertanto, «si applica soltanto a quelle imposte per cui le singole leggi prevedono tale forma di riscossione frazionata». La deroga prevista dalla norma ha un carattere di specialità.
Per esempio, in materia di imposte dirette, l' articolo 15 del dpr 602/1973, che disciplina l' iscrizione nei ruoli in base a accertamenti non definitivi, consente «la riscossione del tributo nella fase amministrativa». L' articolo 68, invece, «regola la riscossione frazionata del tributo nella fase relativa alla pendenza del processo tributario». Ecco perché, come evidenziato nella pronuncia in esame, questa regola non vale in tema di riscossione di dazi e diritti doganali. Qualora il contribuente abbia impugnato l' avviso di rettifica, come nel caso di specie, e non sia stata ancora emanata la sentenza di primo grado, non è precluso all' amministrazione finanziaria di «iscrivere a ruolo gli interi importi dovuti». Lo stesso trattamento la legge riserva alla riscossione dei tributi locali in pendenza del processo. Quindi, il citato articolo 68 «nel prevedere una diversa modulazione dell' ammontare del tributo dovuto in relazione alla progressione dei gradi di giudizio, trova applicazione nella fase post decisum e non in quella ante decisum».
La riscossione integrale. Anche la giurisprudenza di merito è in linea con la tesi della Cassazione. La commissione tributaria regionale di Palermo (sentenza 2345/2017) ha affermato che non si estende ai tributi locali la riscossione frazionata in caso di impugnazione dell' avviso di accertamento. La disciplina prevista per i tributi erariali che limita la riscossione nella misura massima di un terzo del dovuto non vale per imposte e tasse amministrate dagli enti locali. Pertanto, in caso di accertamenti non ancora divenuti definitivi, in pendenza dei ricorsi innanzi alle commissioni tributarie, è consentito all' ente impositore di provvedere al recupero integrale della pretesa tributaria, e non soltanto nel limite di un terzo. Il contribuente non può invocare la norma processuale sopra indicata che «prevede la riscossione frazionata del tributo solo per le somme determinate a seguito di una sentenza tributaria di merito». Dunque, i comuni possono riscuotere totalmente l' Ici, l' Imu, la Tasi e gli altri tributi locali, poiché il titolo derivante dall' atto di accertamento è esecutivo per l' intero ammontare. A differenza dei tributi erariali, non sussiste alcuna graduazione della riscossione dell' imposta dovuta. Le amministrazioni locali hanno la facoltà di sospendere in via amministrativa l' esecutività degli atti impugnati.
Altra possibilità offerta ai ricorrenti è quella di richiedere, se esistono i presupposti (fumus boni iuris e periculum in mora), al giudice la sospensione degli atti impositivi. L' articolo 68 dispone la provvisoria esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie, graduando la riscossione dell' imposta in relazione al grado di giudizio e all' esito della controversia. Mentre per i tributi locali siamo di fronte a una totale esecutività ex lege dell' atto impositivo, che obbliga il contribuente a un esborso immediato già nelle more del giudizio di primo grado. La diversità di trattamento non opera invece per le sanzioni tributarie, in base a quanto stabilito dall' articolo 19 del decreto legislativo 472/1997. Anche quelle irrogate dagli enti locali sono soggette alle regole fissate dall' articolo 68 e, quindi, alla riscossione frazionata in pendenza del processo. La sospensione del pagamento. Come è stato già posto in rilievo, le amministrazioni pubbliche possono sospendere gli effetti dell' atto impugnato, al fine di evitare al contribuente un esborso immediato delle somme accertate, se sussiste un dubbio sulla sua legittimità. Gli avvisi di accertamento riguardanti tasse e imposte possono essere sospesi, in autotutela, dall' amministrazione.
La Cassazione, con la sentenza 13367 del 17 maggio 2019, ha però precisato che la delibera con cui la giunta comunale dispone la sospensione degli effetti degli atti tributari è limitata al pagamento del tributo. Ciò vale sia per gli atti tributari emanati dagli enti locali sia per quelli emanati dagli altri enti impositori. L' articolo 2-quater del dl 564/1994 prevede che regioni, province e comuni sono tenuti a individuare l' organo competente ad annullare o revocare, in sede riesame, gli atti illegittimi o infondati. All' organo competente è attribuito anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell' atto che appaia illegittimo o infondato, essendo tale potere ricompreso nel più ampio potere di autotutela. La stessa facoltà è riconosciuta alle Agenzie fiscali. Il provvedimento di sospensione amministrativa, secondo la Cassazione, non comporta la sospensione del termine per ricorrere (60 giorni), che è perentorio. Non può essere sospeso il termine di decadenza. Il ricorso proposto oltre il termine di 60 giorni va dichiarato tardivo e inammissibile.
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